Chi ha detto che in attesa dobbiamo rinunciare a tutto? Certo, all’alcol. Ma non al sapore! E, soprattutto in estate, nessuno ci vieta di gustarci un buon cocktail analcolico con ghiaccio, ombrellino e cannuccia, in riva al mare o in terrazza in città.
Il bello dei cocktail analcolici (o “virgin”) è che possiamo preparali con gli ingredienti più disparati, a base di frutta ed erbe. Ricordiamoci solo una cosa: laviamole molto, molto bene prima di preparare il nostro cocktail, con del bicarbonato di sodio e acqua fresca.
Ecco quindi la nostra selezione di 6 cocktail analcolici da bere come alternativa ai più classici, senza rinunciare al gusto ma, anzi, scoprendo sapori incredibili.
Ormai è diventato proprio il classico dell’estate, grazie all’abbinata tra lime e menta, che lo rendono freschissimo. Il mojito possiamo prepararlo però anche in versione analcolica: basta mischiare in un bicchiere alto 20ml di succo di lime (o di limone), 2 cucchiaini di zucchero di canna integrale e qualche foglia di menta (molto ben lavata). Schiacciamo con un pestello, quindi aggiungiamo del ghiaccio tritato, della lemonsoda e dell’acqua tonica.
Semplicità a volte è la parola d’ordine: come questo cocktail analcolico assolutamente gustoso che tuttavia è semplicissimo da realizzare. In un bicchiere inseriamo qualche foglia di menta lavata e dello zucchero di canna, schiacciamo bene con un pestello quindi mescoliamo del succo di arancia bio con poca acqua tonica. Serviamo guarnendo con delle foglioline di menta aggiuntive e un paio di cubetti di ghiaccio.
È il nostro preferito: mescoliamo in uno shaker (o se non lo abbiamo direttamente nel bicchiere) 4 parti di succo di mirtillo, 1 parte di succo di lime, 1 parte di aranciata, 1 cucchiaino di zucchero di canna integrale e un goccio di acqua tonica. Decoriamo con dei mirtilli freschi!
Un po’ più autunnale è questo spritz che al posto del vino e degli alcolici sfrutta il gusto del succo di arancia e dei chicchi di melograno.
Prendiamo una manciata di chicchi di melograno e frulliamola in un mixer insieme a un cucchiaino di zucchero di canna integrale. Trasferiamo il composto in un bicchiere e aggiungiamo 100 ml circa di acqua tonica, del succo di arancia e qualche cubetto di ghiaccio.
Dopo aver sbucciato e tagliato 1 ananas a tocchetti, mettiamolo in un frullatore con il succo di 3 lime, quello di un’arancia e un pezzetto di zenzero sbucciato. Frulliamo tutto quindi versiamo in una brocca lasciando colare da un colino. Aggiungiamo un po’ di acqua tonica et voilà!
Dopo aver estratto il succo di qualche carota, possiamo preparare un cocktail delizioso, arancione e corposo. Noi solitamente lo prepariamo in una brocca e non nel bicchiere, in modo da averne per tutta sera!
Nella brocca versiamo il nostro centrifugato di carota (circa metà della capienza) e aggiungiamo due bicchieri di acqua gasata, il succo di mezza arancia e qualche cubetto di ghiaccio. Se vogliamo renderlo ancora più fresco, lasciamo a macerare nel drink anche qualche fogliolina di menta. Serviamo con una fetta di arancia!
Giulia Mandrino
Anno 2018: torna di moda il costume intero in stile anni ’90, quel “one piece” che ha fatto sognare intere generazioni di fronte ad una serie tv come Baywatch. È un’ottima notizia anche per noi mamme perché il costume intero è adattissimo per nascondere sempre qualche smagliatura di troppo, o quel ventre oramai lontano parente di quando avevamo 20 anni. Va però aggiunto che non abbiamo un solo costume one piece, ma che esistono diversi modelli di questo tipo. Poi sono facili da trovare, dato che basta visitare siti di abbigliamento come yoox.com, i quali propongono diversi modelli di costumi interi di tutte le fantasie e per tutti i gusti. Adesso, invece, scopriremo insieme quali sono i modelli più in voga per questa estate 2018.
Classico e sgambato: sono questi i due modelli principali nell’universo dei costumi one piece. In realtà entrambi sono di carattere vintage e rientrano nella medesima tradizione, ma le caratteristiche estetiche cambiano eccome. A partire dal costume intero sgambato: un modello pensato soprattutto per valorizzare lo stacco delle gambe, e per proporre una spiccata sensualità comunque sobria (grazie al “vedo-non vedo”). Inoltre, per adeguarsi ai dettami vintage degli anni ’80 e ’90, il costume sgambato presenta anche una scollatura sul petto non esagerata, e la schiena completamente a nudo. Il modello classico, invece, è molto più “contenuto”: la scollatura viene ridotta, e viene ovviamente occultata la sezione dei fianchi altrimenti scoperta. È un modello che assicura stile e confort: diciamo che si tratta del costume usato spesso dalle donne che adorano fare degli sport acquatici.
È possibile trovare tantissime alternative anche in quanto a fantasie, ma quali sono quelle che andranno più di moda questa estate? La prima è anch’essa un grande classico: si parla della fantasia a fiori, connotata dalla presenza di una marea di varianti diverse, dalle margherite ai ranuncoli. I colori diventano molto più accesi nelle varianti a tema frutta, specialmente se si parla della frutta tropicale. Bisogna però fare attenzione alle dimensioni delle trame: potrebbero mettere in luce certi aspetti del fisico, e questo potrebbe essere un bene o un male. Infine, la fantasia arcobaleno: in questo caso si parla delle classicissime bande verticali, dalle diverse tinte. Il multi-color è un trend che risale agli anni ’50 e che oggi torna più che mai di tendenza: sono diverse le collezioni prestigiose che hanno scelto di includere pure questo modello di costume intero. Anche le star dimostrano di apprezzarlo, dato che le pagine dei rotocalchi sono già piene di esempi.
Vi parliamo spesso delle STEM, le materie scientifiche declinate in maniera finalmente innovativa, e cioè intese non più solo per maschi ma anche per tutte quelle bambine e ragazze che amano la scienza e la tecnologia e che vogliono farsi strada nel settore.
La parità di genere la stiamo piano piano conquistando, e possiamo farlo anche spronando le nostre bambine a seguire i loro sogni scientifici, quando ne hanno. Perché se gli ingegneri, gli astronauti e gli scienziati sono sempre stati uomini, nell’immaginario comune, oggi non è più così, ed esistono libri ed eventi bellissimi per sostenere le bambine e insegnare loro le basi divertendosi in un ambiente favoloso.
Il prossimo martedì 5 giugno a Milano sarà ospite Reshma Saujani, per la rassegna Meet The Guru organizzata presso il Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia Leonardo da Vinci (in via San Vittore 21). Perché ci interessa? Perché è la fondatrice di Girls Who Code, una organizzazione no profit che si occupa di educazione digitale per le ragazze.
Durante questo evento (che avrà luogo alle 19.30 presso il Museo, previa iscrizione a questo indirizzo) Reshma Saujani esporrà al pubblico tutte le opportunità che due materie scientifiche come il digitale e il coding possono offrire a tutte le giovani donne, capendo così l’utilità di avvicinare le bambine alle materie scientifiche fin da piccole, se questo è il loro desiderio, senza limitarle perché “sono femmine”.
Il progetto Girls Who Code nasce dalla sua esperienza personale: Reshma è nata negli Stati Uniti da genitori esuli indiani e si è laureata all’Università dell’Illinois, specializzata alla Kennedy School of Government di Harvard e alla School of Law di Yale.
Nel 2010 è stata la prima donna indiana a correre per il Congresso degli USA, e durante la sua campagna elettorale ha visitato centinaia di scuole del Paese. Cosa ha notato? Le pochissime bambine ai corsi di computer science e tecnologia. Accanto a questo, ha constatato che sono sempre di più i genitori che le chiedevano più corsi di coding ed educazione digitale per le proprie figlie. E da lì è venuta l’idea, che ha visto la luce nel 2012.
“Dopo soli sei anni di lavoro, abbiamo raggiunto un punto critico. Siamo sulla buona strada per raggiungere la parità di genere nel settore tecnologico entro il 2027. - scrive Saujani in una lettera aperta pubblica sul sito di Girls Who Code - Donne e ragazze in tutto il paese si stanno unendo per correggere squilibri di potere secolari fondati su genere, etnia, preferenze sessuali e altro ancora. Girls Who Code è orgogliosa di far parte di questo movimento, e ancora più orgogliosa perché le nostre ragazze - tutte con storie, abilità e provenienze diverse - lo stanno guidando”.
L’incontro è quindi un’opportunità fantastica per tutti i genitori e gli educatori che vogliono scoprire come avvicinare le bambine a queste materie, stimolandole e offrendo così loro un futuro migliore.
Se vi interessa il tema, poi, vi consigliamo vivamente i libri recentemente pubblicati dalla casa editrice Il Castoro in Italia, dedicati proprio alle Girls Who Code, le ragazze che imparano il coding. La collana si intitola esattamente come il progetto di Reshma Saujani: "Girls Who Code. Impara il coding e cambia il mondo”.
Vi troviamo non solo un libro-manuale pratico di introduzione alla materia di Rashma Saujani, e cioè al linguaggio di programmazione, ma anche una serie di narrativa che presenta alle bambine le storie avvincenti di ragazze che, come loro, si appassionano di STEM e vivono magnifiche avventure.
I titoli che possiamo già trovare (dato che la collana è proprio nuova nuova) sono "Girls Who Code. Un’amicizia in codice" e "Girls Who Code. Una gara da vincere" di Stacia Deutsch (usciranno a inizio giugno).
Giulia Mandrino
Ormai ne fanno di così invisibili che non è più un problema. Ma, soprattutto, ormai sono così tanti i bimbi che lo portano che fortunatamente non è più considerato da “sfigati” o secchioni: l’apparecchio per i denti, quando necessario, è uno strumento davvero utile e importante, che permette di prevenire e sistemare i difetti della masticazione e lo scorretto allineamento dei denti fin dall’età pediatrica.
Meglio intervenire subito, quindi, piuttosto che rischiare che il bambino si porti dietro problemi anche gravi fino all’adolescenza o all’età adulta, con il pericolo che la situazione si complichi.
Ma vediamo insieme quando è giusto mettere l’apparecchio, quando è necessario e a chi rivolgersi per andare sul sicuro.
L’apparecchio per i denti spesso è considerato uno strumento per correggere la dentizione semplicemente da un punto di visto estetico. Be’, non è così. Certo, la componente estetica non manca, ma ciò che un apparecchio corregge è la masticazione, l’occlusione e l’allineamento dei denti, elementi fondamentali sia per l’igiene orale (che migliora), sia per la postura, sia per il corretto sviluppo della bocca.
La prima visita odontoiatrica e ortodontistica solitamente è consigliata attorno ai 3 anni di età, in modo da valutare la situazione generale e per prevenire sin da subito i problemi più comuni, come le carie, le malaocclusioni e le abitudini viziate dei bambini (il ciuccio, il succhiamento del pollice e la deglutizione atipica).
I bambini a quest’età hanno ancora i denti da latte, ma attraverso la visita il medico può già capire se tutto procede abbastanza bene oppure se la bocca del bambino mostra già segni problematici, come una posizione errata dei denti, una scorretta chiusura mandibolare o altre situazioni. Situazioni assolutamente normali, che non devono preoccupare i genitori: la prevenzione è necessaria, e sarà utilissima nel caso in cui il dentista debba pian piano intervenire sulla dentizione del bambino.
Osservando la bocca del bambino, il dentista capirà se c’è qualche problema, come ad esempio un problema di malaocclusione, e deciderà, in base a vari fattori, se sia il caso o meno di mettere l’apparecchio. E, in caso affermativo, deciderà quale tipo di apparecchio utilizzare. Ce ne sono infatti di vari tipi: quelli per chiudere fessure tra i denti, per regolare la posizione di mandibola e mascella, per raddrizzare la dentatura, per allargare il palato…
I fattori che faranno decidere al dentista se consigliare o meno l’apparecchio per bambini sono svariati. Si va dall’età del bambino e al suo sviluppo alle implicazioni future dell’intervento, dalla familiarità con il problema (spesso anche i genitori hanno sofferto della stessa patologia) alla caratteristica e gravità dello stesso…
Spesso i problemi sono leggeri, e il dentista consiglia ai genitori l’apparecchio senza forzare la mano: si tratta infatti, a volte, di un problema solo estetico. In certi casi, però, l’apparecchio ai denti è necessario, poiché i problemi ai denti del bambino potrebbero rappresentare un problema più grave in futuro. Ad esempio, l’apparecchio ai denti è necessario e “obbligatorio” quando la non linearità dei denti preclude o intralcia la masticazione o la deglutizione, quando il difetto provoca mal di testa o mal di schiena, quando influisce sulla postura, quando rendono difficoltosa la pronuncia di alcune lettere…
A partire dai 6 e 7 anni, quindi, nei casi più gravi è utile intervenire subito, per bloccare il problema alla radice ed evitare complicazioni o degenerazioni durante la fase dello sviluppo, periodo superato il quale diventerebbe davvero difficile (e molto più costoso!) intervenire.
In tutto questo il nostro consiglio è quello di trovare un dentista davvero capace che sappia trattare con i bambini, che si interessi molto alla prevenzione e che sappia consigliare in maniera professionale e oculata l’utilizzo dell’apparecchio per i bambini.
Noi con i nostri bimbi ci siamo sempre affidate alla dottoressa Micol Zanirato, odontoiatra con specializzazione in ortognatodonzia che pratica a Milano (in via Cesare Battisti 19), in uno studio specializzato da 30 anni ortodonzia (trattamento delle malocclusioni di adulti e bambini) e pedodonzia (e cioè nello specifico nei trattamenti per bambini).
Nel suo studio i bambini sono sempre bene accolti, messi a proprio agio, e fin dalle prime visite la dottoressa li coinvolge in divertenti giochi per insegnare loro la corretta igiene orale, a lavarsi i denti e a conoscere la propria bocca.
Ma anche le mamme sono trattate con riguardo e coinvolte in prima persona nella prevenzione: non tutti lo sanno, ma la gravidanza, ad esempio, è un periodo molto delicato anche per i nostri denti e per la nostra salute orale. Le alterazioni ormonali, infatti, unitamente all’abbassamento delle difese immunitarie, possono causare danni anche gravi, e durante i nove mesi, quindi, è sempre consigliata qualche visita!
Ecco i suoi contatti:
Telefono: 02 55185769
Cellulare e Whatsapp: 366 1923802
Email: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
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Il plumcake è una delle torte più classiche (e facili!) che possiamo preparare. A distinguerlo dalle altre non è solo la forma (sembra un pane in cassetta!) ma anche la morbidezza. Possiamo farlo classico, senza nulla, oppure impreziosirlo con della frutta di stagione, in questo caso le fragole!
I totopos sono quelle che noi solitamente chiamiamo tortillas. Ma la tortillas in Messico e in Spagna è un'altra cosa! Le classiche patatine di farina di mais in forma triangolare, infatti, sono chiamate proprio Totopos. E noi le amiamo moltissimo, sia quando invitiamo amici a cena per guardare un film o chiacchierare sul divano sia come contorno sfizioso (ma solo una volta ogni tanto, dato che sono fritti!). Con cosa li accompagniamo? Con guacamole o hummus!
Secondo i dati Nielsen il settore delle alternative vegetali ha registrato nel 2016 un incremento del 10%, per un valore complessivo di circa 220 milioni di euro. La crescita è dovuta soprattutto all’utilizzo di prodotti simili allo yogurt e alle bevande vegetali, tra le quali le bevande di soia sono le più vendute. Inoltre, un terzo delle famiglie italiane (contro un quarto del 2014 [3]) ha acquistato almeno una volta un prodotto a base vegetale. Il volume annuale medio è salito a 13 kg (+9%), mostrando più di 400 mila nuovi consumatori.
Il mercato delle bevande vegetali non subisce crisi e, anzi, è in continua crescita; nel 2016 si è registrato un aumento a doppia cifra. Non sono più solo i vegani o gli intolleranti a consumarle, ma anche chi le sceglie perché le ritiene migliori da un punto di vista salutistico. La bevanda a base di soia resta la più venduta, ma il consumo di bevande a base di riso, avena, mandorla e nocciola è in aumento esponenziale.
Le bevande vegetali sono un alimento a livello nutrizionale valido, purché si scelgano le versioni al naturale o con ridotto contenuto di zuccheri aggiunti. L’aggiunta di zuccheri o aromi è una pratica comune e utilizzata per rendere più gustosi questi prodotti. Il loro sapore particolare difficilmente incontra il gusto di chi generalmente consuma latte vaccino o non è abituato a sapori inusuali e per questo prima di scegliere quale marchio acquistare è costretto a provare moltissimi prodotti. Ciò che spesso infatti impedisce ai consumatori di consumare regolarmente questo tipo di bevande è la scarsa conoscenza del sapore. È difficile capire se una determinata bevanda vegetale possa piacere o se il proprio palato possa adattarsi a sapori inconsueti, specie se paragonati al latte vaccino. Spesso serve essere “addestrati” a percepire sapori nuovi per potersi avvicinare a questi prodotti.
I negozi specializzati, ma anche la GDO oggi offrono una gamma molto elevata, che varia per tipologia di prodotto, etichette, sapore e prezzo. In che modo il consumatore può destreggiarsi tra tutti i prodotti in commercio per scegliere quello migliore per le proprie esigenze? É difficile correlare il sapore con l’etichetta nutrizionale e sapere quale prodotto sarà piacevole al proprio gusto oltre che salutare.
Per questa ragione Wikonsumer.org ha deciso di analizzare e valutare sapore ed etichetta delle bevande vegetali più diffuse nella GDO e nei negozi specializzati. La community di esperti di alimentazione ha valutato l’etichetta e i consumatori hanno assaggiato i prodotti in commercio e li hanno “descritti” e valutati. I marchi oggetto del test sono stati: Valsoia, Alpro, Granarolo, Bene.sì Coop, Provamel, Allinor, Isolabio, The Bridge, Fattoria della Mandorla e Valdibella. I prodotti selezionati sono stati: Valsoia - Gusto Morbido; Alpro - Soya Original; Provamel - Soya Omega; Allinor - Soya Drink; Granarolo - Bevanda di Riso; Isolabio - Rice Natural; The Bridge - Rice Drink Calcio; Bene.sì Coop - Bevanda Biologica di Riso; Granarolo - Bevanda alla mandorla; Fattoria della Mandorla – Mandolat; Fattoria della Mandorla - Mandolat Integrale; Valdibella - Latte di mandorla al naturale.
I consumatori hanno partecipato ad un vero e proprio consumer test in cui hanno effettuato un’analisi sensoriale:
1. valutando le caratteristiche sensoriali delle bevande
2. indicando le loro preferenze
I consumatori sotto la guida degli esperti, con una metodologia scientifica, hanno imparato a descrivere le caratteristiche gustative. Il consumer test è uno strumento molto utile e attendibile già utilizzato nel mondo dell’industria alimentare per individuare le caratteristiche gustative che vengono percepite da chi acquisterà il prodotto e se queste sono gradite oppure no.
La community di esperti indipendenti ha invece valutato l’etichetta delle bevande, ovvero gli ingredienti e la composizione nutrizionale.
Con le valutazioni di gusto e di etichetta a confronto, il prodotto può essere valutato nella sua totalità perché si tiene anche conto del reale sapore e non di quello che ci si può aspettare semplicemente leggendo l’etichetta.
Gli esperti hanno spiegato ai consumatori cos’è il consumer test e come si sarebbe svolta la prova. Ogni consumatore è stato chiamato ad assaggiare cinque diverse bevande vegetali selezionate tra soia, riso e mandorla per un totale di 470 assaggi effettuati. L’identità del campione è rimasta sconosciuta fino alla fine del test, grazie ad un sistema di codificazione e randomizzazione che ha reso il test affidabile e sicuro per il consumatore. Nessun test di assaggio era uguale ad un altro e nessuno possedeva gli stessi codici identificativi per lo stesso prodotto. In questo modo ciascuno degli assaggi effettuati è risultato indipendente, attendibile e il test statisticamente robusto.
Le bevande sono state quindi ordinate da ogni consumatore a seconda del proprio gusto personale da quella più gradevole a quella meno gradevole. In aggiunta, per ciascun campione, son state definite delle caratteristiche gustative positive, negative o indifferenti. Dopo questa fase di assaggio i risultati sono stati discussi e confrontati con gli esperti di Wikonsumer.org, per dare la possibilità al consumatore di modificare e migliorare le proprie valutazioni.
Solo alla consegna del test ognuno ha potuto conoscere quali prodotti aveva assaggiato, leggere la relativa etichetta e confrontare la classifica etichetta con la personale classifica gustativa.
Nella maggior parte dei casi, le due classifiche si sono rivelate differenti, perché il gusto non sempre combacia con qualità nutrizionale.
I risultati del consumer test e le votazioni dell’etichetta, esposti nella tabella che segue, sono state utilizzate per stilare una classifica complessiva, in cui a gusto ed etichetta è stato attribuito lo stesso peso. I risultati confluiranno poi nelle classifiche del latte di soia e del latte di mandorla di Wikonsumer.org.
Per quanto riguarda l’etichetta, la valutazione è stata effettuata sulla base di alcune importanti caratteristiche: quantità e grado di raffinazione della materia prima, contenuto in zuccheri aggiunti, sale, fibre, grassi, l’origine italiana, la presenza di OGM, eventuali certificazioni biologiche. Anche l’aspetto economico, e dunque il prezzo, è stato considerato.
Tabella 1: Classifica e principali descrittori delle bevande vegetali oggetto di consumer test effettuato da Wikonsumer.org
Il risultato più evidente è che i prodotti con voto più alto in etichetta non sono quelli più apprezzati dal punto di vista gustativo. Se ci si sofferma a metà classifica, però, molte bevande come quella di riso The Bridge - Rice Drink Calcio, Bene.sì Coop-bevanda biologica di riso e Isolabio - Rice Natural e quella di mandorla Fattoria della Mandorla -Mandolat hanno votazioni intermedie sia nella classifica di gusto, che in quella di etichetta. Ciò significa che, laddove un consumatore volesse trovare un compromesso tra gusto ed etichetta, può farlo.
L’analisi sensoriale può sembrare un’attività semplice, ma in realtà è più complicato di quanto si pensi. La soggettività individuale la fa da padrone e laddove alcuni consumatori indicano come positivo l’attributo “dolce”, “amaro” o “vaniglia” per altri è invece negativo. Alcuni consumatori sono stati in grado di percepire caratteristiche gustative che la maggior parte della gente non avverte o non si aspetta da una bevanda vegetale, come “salato”, “fungo” o cartone. La soggettività individuale fa da padrone e anche un prodotto come il latte vegetale, può suscitare le sensazioni gustative più disparate. Perché non provi anche tu?
L'orzo è uno tra i nostri cereali preferiti, e il suo posto in classifica lo deve al suo gusto delicato ma riconoscibile e alla consistenza, che permette di utilizzarlo in ricette calde o fredde a seconda della stagione. In primavera ci piace utilizzarlo nelle nostre insalate fredde di cereali, ma è buonissimo anche per le ultime minestre e per gli orzotti con le verdure di stagione! Ecco dunque una selezione di ricette con l'orzo per questa primavera.
Scegliete i pomodorini ciliegino più rossi che trovate: saranno perfetti con l'orzo. Mettiamolo a bollire secondo i tempi indicati, quindi prepariamo il sughetto. In una padella antiaderente versiamo un filo d'olio con uno spicchio d'aglio e facciamo cuocere 200 grammi di pomodorini ciliegino tagliati a metà. Lasciamoli ammorbidire a fuoco medio, quindi schiacciamoli con un cucchiaio di legno. Due minuti prima di scolare l'orzo uniamo al sughetto 100 grammi di code di gambero sgusciate, scoliamo l'orzo e facciamolo saltare in padella insieme al sugo. Serviamo ben caldo.
Sempre a base di pomodorini è questo orzotto delizioso, che è perfetto sia caldo che freddo e che si prepara in un attimo. Qui trovate la nostra ricetta.
Prendiamo il nostro orzo e cuociamolo in acqua bollente per 15 minuti, quindi scoliamolo (non deve arrivare a fine cottura). In una padella, intanto, mettiamo a rosolare una cipolla rossa tagliata fine con dell'olio, e una volta dorata buttiamo in padella anche l'orzo scolato. Uniamo anche uno o due cucchiai di curry (a seconda del gusto più o meno deciso che desideriamo) e lasciamo finire di cuocere l'orzo (aggiungendo, se necessario, un goccio di acqua). Una ricetta deliziosa, perfetta come contorno al posto del classico riso basmati.
Con l'orzo bollito (magari avanzato dalla sera prima, non condito) possiamo preparare una colazione deliziosa, proprio come un porridge d'avena. Riempiamo mezza tazza di orzo, quindi aggiungiamo due o tre cucchiai di latte di mandorla e scaldiamo in microonde. Mescoliamo bene, spolveriamo con della cannella e dolcifichiamo con del miele. Aggiungiamo quindi una mela a pezzetti (oppure dei frutti rossi) e iniziamo alla grande la giornata!
(foto: https://it.pinterest.com/pin/343188434098343131/)
Il tarassaco è un'erba tipicamente primaverile, nota per il suo sapore amarognolo e per le sue qualità. Possiamo usarla per le ultime zuppe serali: in una pentola mettiamo a rosolare in un filo d'olio della cipolla tagliata fine, quindi versiamo due litri di brodo vegetale. Mettiamo a scaldare all'interno anche il tarassaco pulito, due patate tagliate a cubetti e l'orzo, lasciando che cuocia molto bene e non rimanga al dente.
Una ricetta mediorientale che ci piace moltissimo: dopo aver bollito dell'orzo, teniamolo da parte e lasciamolo raffreddare. In una padella mettiamo a rosolare con dell'olio una cipolla rossa tagliata fine e una zucchina tagliata a rondelle, fino che saranno cotte. Aggiungiamo in padella anche l'orzo, un vasetto di fagioli borlotti precotti e qualche foglia di menta tritata, e, se vogliamo, grattuggiamo un pezzettino di zenzero. Mescoliamo molto bene, condiamo con un filo di salsa di soia e serviamo.
Giulia Mandrino
Solitamente le nostre recensioni riguardano libri per bambini. Ma non appena abbiamo visto questo libro uscire nelle librerie abbiamo pensato a tutti gli adolescenti che potrebbero leggerlo e ci si è aperto il cuore. Già dal titolo fa sorridere, ma leggendolo pagina dopo pagina ci si accorge che dovrebbe essere un vademecum per tutti, non solo per i ragazzi che stanno scoprendo la loro sessualità e non sanno come esternare il loro essere intimoriti dal giudizio.
Perché “Questo libro è gay” di Juno Dawson parla essenzialmente di una cosa, in fondo: dell’uguaglianza di tutte le relazioni e dell’uguaglianza di tutti gli orientamenti sessuali.
“Questo libro è gay” (edito da Sonda) parte con due presupposti: chiarisce bene il fatto che esistano uomini che amano gli uomini, che amano le donne, che si sentono donne, donne che amano gli uomini, che amano le donne, che si sentono uomini, che si sentono uomini che amano uomini e via dicendo. Perché lo chiarisce subito? Per dire a chiare lettere: tutti amiamo, e tutti amiamo in maniera diversa, ed è questo a renderci tutti uguali.
Il secondo presupposto parte dal lavoro dell’autrice inglese, che ha insegnato per anni educazione civica nelle scuole. Nella sua esperienza, non ha mai visto né sentito di scuole o istituti che offrissero, all’interno delle lezioni di educazione sessuale, una parte dedicata al sesso gay.
Sapendo che per un/una adolescente l’identità sessuale è qualcosa di spaventoso, Juno Dawson ha deciso di scrivere questo bellissimo “manuale” (per tutti! Mica solo per chi è gay!) per dare finalmente una risposta a tutte le domande che gli/le frullano in testa, per fare capire che la “normalità” non esiste e che sentirsi “diversi” non è un problema. Perché come dice lei, “tutto comincia dalle domande”, e sa che chi leggerà questo libro ha le sue ragioni: perché è gay, perché ancora non ha capito nulla, perché è curioso “di sapere cosa facciamo tra le lenzuola”. O semplicemente perché SI FA DOMANDE, perché si interessa al mondo.
Il libro è super scorrevole e parla di questioni delicate e profonde con semplicità, con parole semplici e una divisione in capitoli e paragrafi molto utile. Porta testimonianze dirette di persone transessuali, gay, lesbiche, queer… Porta dati scientifici. Porta spiegazioni.
E poi porta gli stereotipi, per capire che non servono a niente perché sono assolutamente ridicoli e menzogneri (“Le donne gay hanno tutte i capelli corti, gli uomini gay fanno tutti gli assistenti di volo o i parrucchieri”), pur facendo parecchio ridere.
Il libro è lunghetto, ed è bello per questo. Perché non si limita alle solite lezioncine ma entra nel dettaglio di tutto: dell’omofobia e del bullismo, del “chi paga la cena?”, della pena di morte in alcuni paesi, delle religioni e del pensiero rispetto all’omosessualità…
Tutto questo è utile a tutti, ma ci sono sezioni utili soprattutto ai ragazzi gay, che trovano così in questo libro un conforto, un aiuto e un alleato preziosissimo (ma sono leggibili da tutti, perché, come dicevamo, questo libro è per chi si fa domande, in maniera super positiva!). Perché si parla di come fare coming out, di come viverlo serenamente, di come trovare luoghi sicuri, di come “rimorchiare” (con una ironia delicatissima, che serve sempre per darsi forza!), della verginità.
Infine, parla del sesso gay. Lo fa anche qui con la giusta dose di ironia, un’ironia che serve come condimento per parlare apertamente di un discorso così delicato e importante come questo. Perché, infatti, l’educazione sessuale etero è normale, raccomandata e supportata mentre per il sesso gay non c’è nulla? Ci aspettiamo che i ragazzi eterosessuali siano preparati al meglio, che conoscano il sesso sicuro, che si comportino a modo e che non si sentano costretti (per citare alcuni obiettivi). E per i ragazzi omosessuali o transessuali? Chi gli spiega cosa? Nessuno. Perché il sesso gay è diverso dal sesso etero e non ci scappiamo. E a noi pare una cosa stupidissima che non venga spiegato nulla (e non solo ai gay, ma anche agli eterosessuali: ci ripetiamo, ma è giusto farsi domande e conoscere il mondo!).
Parlando così di stereotipi, malattie sessualmente trasmissibili, appuntamenti, coming out, sesso e tutto (ma veramente tutto!) ciò che ruota attorno al mondo LGBTQ, Juno Dawson scoperchia una scatola tenuta troppo tempo chiusa, con la speranza che tutto ciò che è considerato “diverso” possa essere finalmente considerato “normale”. Perché alla fine la diffidenza e la paura sono date dalla non conoscenza. Ecco perché questo libro non è utile solamente ai ragazzi gay o trans, ma a tutti noi!
Sara Polotti
La dermatite è una condizione che può colpire anche gli adulti, ma che tende a manifestarsi soprattutto nei bambini. Le forme di dermatite più diffuse, nei bimbi, sono quella seborroica e la dermatite da pannolino: due versioni che possono causare diversi problemi al neonato per via dei loro sintomi altamente fastidiosi. Di cosa si tratta? In sintesi, la dermatite è una forma di infiammazione generica della pelle, che può provocare effetti molto diversi in base alla tipologia. Vediamo dunque di scoprire quali sono i sintomi della dermatite seborroica e da pannolino nei neonati, e come combatterle entrambe.
Come si manifestano queste due patologie infiammatorie della pelle, quando colpiscono un bimbo? I sintomi della dermatite seborroica, sono i seguenti: intanto la comparsa di un eritema piuttosto diffuso e acceso, seguito dalla formazione di squame e croste giallastre. Nei neonati fino a sei mesi può verificarsi sotto forma di crosta lattea, mentre nel restante dei casi si manifesta soprattutto sul viso, sull’arcata delle sopracciglia e sul cuoio capelluto. Alle volte, la dermatite seborroica può comparire anche nella zona inguinale e sul collo. Quali sono, invece, i sintomi della dermatite da pannolino? Questa forma di infiammazione della pelle si manifesta tramite la comparsa di zone arrossate dagli eritemi, insieme ad un gonfiore della cute. In questo caso si parla comunque di una forma di dermatite transitoria, dovuta al contatto e allo sfregamento con i pannolini sporchi: di riflesso, colpisce zone come il sedere e le parti intime.
In entrambi i casi è possibile fare ricorso ad una buona crema per dermatite come questa, ovvero una delle soluzioni più immediate e sicure per trattare questa condizione cutanea. Per quanto riguarda gli altri trattamenti, si comincia dalla dermatite seborroica: qui la crema è l’unica soluzione realmente percorribile, in quanto ha lo scopo di ammorbidire le scaglie grazie alla sua azione emolliente. Nel caso della dermatite da pannolino, invece, basta detergere le zone affette dall’infiammazione: si consiglia di cambiare spesso i pannolini, e di evitare di stringerli in modo eccessivo.
La dermatite da pannolino è causata dal contatto della pelle con le feci e le urine contenute nei pannolini sporchi: dunque l’infiammazione è dovuta al contatto continuo con gli agenti irritanti che si trovano in queste situazioni. Viceversa, è molto complicato risalire alle cause responsabili della dermatite seborroica: ancora oggi sono diversi gli esperti che si interrogano su questa non comune crescita cellulare della pelle. In certi casi, però, questa forma di dermatite potrebbe essere un’avvisaglia di altre patologie, come ad esempio la psoriasi o una forma atopica dell’infiammazione. Ecco perché si consiglia sempre di rivolgersi ad un bravo dermatologo.