Pranzo di Natale non significa dover per forza mangiare schifezze. Certo, possiamo sgarrare un po’ e approfittare dell’occasione per deliziarci il palato e mangiando un po’ di più rispetto al solito. Ma possiamo anche non rinunciare alla salute, senza per forza dover ripiegare su ricette noiose o insapori.
Ecco quindi una selezione di ricette che si prestano benissimo al pranzo di Natale, gustosissime e nutrienti, che tuttavia restano nel solco della cucina sana e naturale, per un cenone della Vigilia o un pranzo di Natale delizioso eppure ricchissimo di benessere.
Partiamo con la farinata, semplice e gustosissima, una ricetta tradizionale a base di ceci. Possiamo tagliarla a strisce o a fettine e servirla anche fredda (preparandola quindi in anticipo).
I crackers alla pizzaiola con l’essiccatore sono altrettanto comodi perché possiamo prepararli il giorno prima, e sono un ottimo antipasto.
Buonissima è anche la nostra focaccia integrale, da tagliare e da condividere al centro della tavola.
I biscotti salati e crema di robiola sono deliziosi: semplici, piccoli e sfiziosi, hanno un gusto particolare e irresistibile.
Infine un nostro classico il pinzimonio con hummus. Tagliamo tante verdure a strisce e presentiamole con uno degli humus che preferiamo, anche in base alle disponibilità della stagione.
Un classico: le lasagne. E se vogliamo essere un po’ più natural, basta preparare quelle al ragù di seitan: un sapore ricco che ricorda quello della tradizione, senza tuttavia tirare in ballo la carne.
In alternativa, sempre in tema di lasagne vegetariane, ecco quelle alla norma, a base di melanzane e ricotta.
Se vogliamo un piatto più semplice ma comunque d’effetto, ecco la pasta con mandorle e pomodorini confit. I pomodorini confit hanno una cottura abbastanza lunga, ma possiamo cuocerli mentre prepariamo gli altri piatti.
A Natale un altro classico primo è il risotto. Quello che vi proponiamo è il nostro risotto mirtilli e robiola, pazzesco con il suo sapore corposo ma reso un po’ acidulo dalla frutta.
Per scaldare la pancia degli spinaci un ricetta nordica classicissima: i canederli agli spinaci, con un brodo saporito e caloroso.
Altro piatto caldissimo è la zuppa di porri con pane fatto in casa. Buonissima anche quella di farro, che scalda i cuori durante le feste.
La torta salata ai carciofi senza formaggio piacerà a tutti e sarà gradita anche da chi non ama o non tollera i latticini.
Ecco poi le polpette di lenticchie alla siciliana, per utilizzare i legumi tanto cari alle feste natalizie!
Anche il salmone solitamente è un must del Natale. Le nostre polpette di salmone e broccoli sono un’ottima soluzione per proporlo in alternativa alle solite tartine con il burro.
Ottime anche le sfogliette veg di biete, con pinoli e uvetta.
Deliziosi poi sono gli asparagi al forno gratinati, un contorno vegetariano saporito e caldo, reso sfizioso dalla gratinatura.
Altro contorno delizioso, che piace a tutti (soprattutto ai bambini!) sono le chips di farina di ceci, più leggere delle solite patatine fritte e ancora più saporite.
Per terminare con il botto il pranzo di Natale vi proponiamo il nostro tiramisù bianco alla ricotta, per portare in tavola un’alternativa nuova al classico tiramisù.
Per i più golosi, ecco invece il nostro salame al cioccolato, nella nostra versione più leggera e sana senza burro.
Giulia Mandrino
Imitazione del mondo adulto attraverso la costruzione e il gioco di ruolo; stimolo della creatività, della logica e del problem solving; acquisizione dei concetti di colori, numeri, misure, grandezze e quantità; stimolo della progettazione pratica… I benefici dei mattoncini Lego sono innumerevoli, e noi non possiamo negare di essere da sempre delle fan di questi giocattoli.
Soprattutto sotto Natale i mattoncini Lego diventano uno dei regali intelligenti per antonomasia, quindi per questo martedì abbiamo deciso di fare una selezione delle migliori uscite Lego di quest’anno, quelle imperdibili, da fare trovare sotto l’albero ai nostri bambini!
Innanzitutto, partiamo con il dividere i mattoncini Lego nelle loro classiche categorie, che ci permettono di capire quali serie siano le più adatte in base ad ogni fascia d’età.
Per i bambini più piccoli la scelta perfetta è la linea Duplo, “i primi passi” nel mondo Lego (ottimi dai 2 ai 5 anni), con i pezzi più grandi rispetto ai classici, le linee più morbide e gli incastri più semplici. Per questo Natale Lego ha lanciato la “Grande piazza in città”: è bellissima, molto grande, e ci piace da matti perché oltre ai soliti dettagli deliziosi che affascinano anche noi grandi (come le baguette, la cassa o lo stetoscopio del dottore) s’inserisce perfettamente nel discorso che facevamo prima a livello educativo, e cioè l’imitazione della vita adulta che passa attraverso il gioco. I bambini qui si divertiranno non solo a costruire, ma anche a fare interagire i personaggi e a farli muovere nella loro piccola città.
Bellissimo anche il “Grande Luna Park”, con gli scivoli, il trenino, le giostre e i cavalli, il chiosco dei gelati e le gondole.
Per i bimbi che stanno crescendo (dai 5 agli 8 anni) consigliamo invece Lego Juniors, e nello specifico la “Gara finale Florida 500”, che gli appassionati del film Disney Pixar “Cars” certamente riconosceranno: le manine dei bambini potranno costruire in semplicità (perché sono più facili da costruire rispetto alle Lego classiche) la pista della gara con Saetta McQueen, Cruz Ramirez, Jackson Storm, Guido e Mack.
Si passa dunque alle avventure più amate dai bambini negli ultimi anni, e cioè le Lego Ninjago, che troviamo questo Natale ispirate proprio al film uscito nelle sale questo autunno. Lego “Ninjago Movie” farà rivivere ai bambini (dagli 8 ai 14 anni) le avventure dei ninja nell’estremo oriente. Due sono le scelte tra le novità: “Lego Ninjago Drago Mech Ninja verde” e il “Tempio delle Armi finali”, curato in ogni dettaglio e dal sapore decisamente esotico (e avventuroso come piace ai bambini).
Fighissima anche la serie dedicata a Star Wars: i ragazzi più grandi (dai 10 ai 16 anni, ma non solo: sappiate che vostro marito non sarà l’unico adulto ad avere voglia di comprarlo appena lo vedrà) potranno costruire con i mattoncini Lego BB-8, con la testa che gira e lo sportellino che si apre proprio come nel film. È composto da oltre 1100 pezzi: a noi piace moltissimo perché possiamo costruirlo insieme, in più serate, progettando in famiglia come fossimo ingegneri in un laboratorio. Alla fine potremo tenere il tenero droide sul suo piedistallo come oggetto decorativo. Oppure giocarci, anche noi genitori!
Giulia Mandrino
ALTRE IDEE PER REGALI INTELLIGENTI
Il telefono da polso per bambini
Le feste di Natale si prestano benissimo alle mini vacanze in terra tirolese (ma non solo le vacanze! Anche le fughe nei weekend invernali sono perfette): il Tirolo ci piace sempre moltissimo perché immerso nella natura e assolutamente family-friendly. Ovvero: i luoghi da visitare sono moltissimi e ci sono migliaia di attività da svolgere insieme ai bambini.
Non solo sciare, sia chiaro: sciare è bellissimo, ma ci sono percorsi, attività e posti assolutamente meravigliosi per una vacanza in famiglia perfetta, nella quale si divertiranno tutti e che resterà nel cuore e tra i ricordi per tutta la vita.
Partiamo dallo slittino: i bambini si divertono moltissimo, ma, ammettiamolo, anche noi lo amiamo da impazzire! Se siamo quindi in vacanza in Tirolo con la famiglia ne approfittiamo sempre, sfruttando gli oltre 750 chilometri di piste per slittino. Piste bellissime, curate e sicure, che presentano spesso illuminazione notturna (ad esempio la pista Bischofer Joch ad Alpbach e quella delle Lienzer Dolomiten di Leisach) e che permettono di provare avventure pazzesche! Alcune, poi, sono servite da piccoli impianti di risalita davvero comodi per tornare alla partenza senza stancarsi (come le piste di Schlossberg a Lienz o quella di Leckfeld a Sillian), e altre si trovano vicinissime a rifugi nei quali accoccolarsi quando siamo stanchi e infreddoliti.
Non mancano nemmeno i mercatini di Natale, che qui sono intrisi di magia fino al midollo e che spesso, grazie all’altitudine, sono imbiancati dalla neve. Quello di Innsbruck è molto famoso, ma deliziosi sono anche quelli di Hall (con i cantastorie e i pony da accarenzzare!), quello di Lienz (con tantissimi artigiani che mostrano come realizzano le loro opere) e quello di Kufstein, dove si può gustare la tipica pasta di pane avvolta su un bastoncino e abbrustolita.
Super affascinante è anche il castello di Ehrenberg di Reutte. Anzi: il “mondo dei castelli europei di Ehrenberg”. Qui possiamo trovare il medioevo ricostruito in ben 14 stanze ristrutturate, e i bambini potranno indossare le armature da cavaliere e intraprendere la “rally del cavaliere Ruggero”. È qui, inoltre, che tutti gli altri si può ammirare lo spettacolo cavalleresco più grande d’Europa, il “viaggio nel tempo” Zeitreise.
Anche i comprensori sciistici tuttavia offrono avventure e attività magnifiche, non solo dedicate allo sci. A Pillerseetal, ad esempio, troviamo, oltre alle piste perfette per le famiglie (perché dolci e pianeggianti) bellissime attrazioni per i bimbi, come le igloo giganti, il Bobo-Express (una mini montagna russa nella neve!) o le grandi navi pirata su cui giocare. Nel comprensorio Ski Juve Alpbachtal Wildschönau, invece, oltre al “prato delle favole” per imparare a sciare troviamo igloo, giochi con le funi, un park dove praticare lo snowkite (lo snowboard guidati da un aquilone) e una palestra completamente attrezzata per arrampicarsi e, allo stesso tempo, per giocare anche a bowling!
Infine a Galtür, nella valle del Paznaun, possiamo vivere un’altra avventura con i bambini, per fare conoscere loro la bellezza della neve (ma anche la sua pericolosità naturale). L’Alpinarium di Galtür è un infatti un museo che è stato costruito dopo la terribile valanga del 1999, e si erge proprio accanto ad un muro antivalanghe lungo 345 metri e alto 19 metri. Il muro è quindi parte integrante della mostra, che espone ai visitatori gli sforzi dell’uomo per adattarsi alla natura. Ci sono anche una parete per l’arrampicata indoor e un bar, per completare una giornata divertente ma educativa, davvero estremamente affascinante per la storia che porta con sé e per la bellezza grezza di questo elemento naturale affascinante e temibile, la neve.
Giulia Mandrino
Soprattutto durante i mesi freddi le piccole malattie stagionali si fanno sentire, e i bambini sembrano portare a casa da scuola e asilo ogni tipo di malanno. Essendo tuttavia simili tra loro, spesso le mamme non sanno riconoscere quando si tratta di un piccolo raffreddore (da curare semplicemente con pazienza e, eventualmente, qualche suffumigio per fluidificare il muco) o quando invece siamo di fronte ad un’influenza, da trattare secondo le disposizioni del pediatra.
Questo provoca a volte l’eccessiva cura. In altre parole, le mamme si ritrovano a dare medicinali inutili ai bambini. Ma basta fare caso ai semplici sintomi per capire se è un semplice raffreddore o un’influenza più importante!
Prendiamo quindi ogni sintomo, e capiamo come si presenta (e se si presenta) durante il raffreddore semplice o durante l’influenza.
È caratteristica durante il raffreddore, mentre con l’influenza può essere che non compaia. È il sintomo che ci fa colare il naso e che ci porta ad avere il fazzoletto sempre sotto il naso dei bambini, che hanno bisogno di liberarsi per respirare meglio.
Quando il bambino ha il raffreddore la febbre è rara e abbastanza leggera, sotto i 38 gradi (e se compare possiamo tranquillamente chiedere il parere del medico). Con l’influenza, invece, la febbre è tipica, e possiamo parlare di influenza quando questa supera la temperatura di 38 gradi.
Il dolore articolare compare quasi sempre con l’influenza ed è quindi uno dei sintomi che ci portano a capire che è in corso una malattia più corposa del raffreddore. Con il semplice raffreddore, infatti, i dolori articolari e muscolari sono rari, anche se in alcuni casi possono presentarsi.
La debolezza e il malessere corporeo in generale sono solitamente leggeri quando è in corso il raffreddore. Al contrario, quando stiamo covando l’influenza danno una forte sensazione di malessere, in maniera precoce (e cioè già dall’inizio dei sintomi).
Solitamente con il raffreddore non si presenta (a meno che, di solito, dopo qualche giorno, quando il raffreddore è forte e persistente e il soffiarsi il naso continua imperterrito). Con l’influenza invece può capitare più spesso che si presenti, anche con una forte intensità e provoca molto fastidio.
Sono davvero frequenti con l’influenza, quando si ha anche la febbre, mentre con il raffreddore sono abbastanza rari.
Questi due sintomi, che assoceremmo tipicamente all’influenza, non sono in realtà frequenti quando i bambini ne sono affetti. Sono più comuni (anzi, possiamo anche dirli caratteristici) con il raffreddore, essendo una sorta di “prolungamento” del malessere delle vie respiratorie.
Giulia Mandrino
Mamma Pret a Porter non è una testata medica e le informazioni fornite hanno scopo puramente informativo e sono di natura generale, esse non possono sostituire in alcun modo le prescrizioni di un medico o di un pediatra (ovvero un soggetto abilitato legalmente alla professione), o, nei casi specifici, di altri operatori sanitari (odontoiatri, infermieri, psicologi, farmacisti, fisioterapisti, ecc.) abilitati a norma di legge. Le nozioni sulle posologie, le procedure mediche e le descrizione dei prodotti presenti in questo sito hanno un fine illustrativo e non devono essere considerate come consiglio medico o legale
I 10 motivi per utilizzare i pannolini lavabili ve li avevamo già elencati: avete ancora qualche dubbio? Noi no, e siamo sempre alla ricerca di marchi speciali che producano prodotti perfetti per noi. Abbiamo quindi scoperto Teby, che unisce la sicurezza e il confort alla comodità. I loro pannolini lavabili si chiamano Culla di Teby, e ora ve li presentiamo.
I pannolini lavabili Culla di Teby nascono dall’idea di una mamma, e come tutte le idee che scaturiscono dalla mente delle mamme sono migliori di tutte le altre, poiché si basano sull’esperienza concreta e sulla volontà di rendere migliore ciò che utilizziamo ogni giorno con i nostri bambini. Valentina si è avvicinata al mondo dei pannolini lavabili quando è diventata mamma del suo bimbo e (come noi!) se ne è innamorata (per i mille motivi che dicevamo: l’ecologia, il risparmio, la sicurezza, la riduzione delle irritazioni, l’effettiva bellezza dei pannolini…), e si è lanciata nella ricerca dei prodotti migliori. Mancava sempre però qualcosa, e così ha deciso di provare a progettare il suo pannolino lavabile, quello perfetto, nato dalla sua esperienza e da quella delle altre mamme con cui si è confrontata.
Dopo un anno e mezzo di test è giunta così a produrre i suoi pannolini lavabili, interamente prodotti in Italia con l’aiuto di artigiani e professionisti coinvolti in tutta la produzione, per un prodotto sicuro, personale e studiato nei minimi dettagli.
Il pannolino Culla di Teby è nato così, ed è un pannolino lavabile davvero fantastico: è un pannolino composto da una mutandina in cotone soffice e da una culla (da qui il nome) traspirante e impermeabile, in un tessuto tecnico (Il Pul) con all’interno un assorbente lavabile o usa e getta.
Possiamo quindi inserire Culla di Teby nella categoria “pannolini lavabili ibridi”, perché (e qui sta parte della comodità) possiamo utilizzarlo come un pannolino lavabile “normale” oppure come un pannolino usa e getta (ma più ecologico, con meno rifiuti). E poi si trasforma in un costumino da bagno! Basterà scegliere l’inserto adatto.
Ecco quindi un pannolino comodo, performante, sicuro ed ecologico, che è possibile acquistare in varie taglie (con vestibilità dai 2,5 ai 20 chili), con una barriera antiperdita davvero sicura e una mutandina super soffice che dà sicurezza e comodità al bambino. Rispetto a tanti pannolini usa e getta e lavabili, questi di Teby sono pensati in maniera più specifica, con una forma studiata per adattarsi alla conformazione del corpo dei bebè e con una zona posteriore profonda e larga che abbraccia delicatamente ma benissimo il sederino. La parte che si appoggia alla pancia, poi, è più stretta e piatta, ma soffice, e non ostacola i movimenti, così come i girogamba che aderiscono perfettamente alle cosce permettendo di muoversi in libertà ma minimizzando allo stesso tempo le perdite laterali.
Come tutti i pannolini lavabili, poi, quelli Culla di Teby sono sicuri anche per quanto riguarda le irritazioni, poiché i tessuti, rispetto alla plastica dei pannolini usa e getta, sono molto più naturali, delicati e traspiranti.
Anche i bottoni sono studiati in questo senso: non vengono mai a contatto con la cute del bambino, che come sappiamo è molto delicata.
Per l’inverno, poi, c’è una collezione particolare, pensata apposta per i mesi più freddi: i tessuti scozzesi, la lana… Le mutandine contenitive Bio “Cozy Kilt” e "Scottish Winter", calde e avvogenti, sono realizzate in jersey morbido di cotone bio e lana vergine, e come tutte le mutandine Culla di Teby possono essere lavate in lavatrice (con il programma della lana a freddo).
I pannolini lavabili Culla di Teby ci sono piaciuti fin da subito: sicurezza, ecosostenibilità, comodità, versatilità… Noi non abbiamo più bisogno di altri motivi. Voi?
Giulia Mandrino
Ieri sono stata a vedere Wonder, il nuovo film con Julia Roberts, Owen Wilson e Jacob Tremblay tratto dal fantastico, omonimo romanzo di R.J. Palacio. Il film uscirà il 21 Dicembre nelle migliori sale ed è distrubuito da 01 Distribution. La trama forse la conoscete: è molto semplice, ma complessissima e super interessante nella sua semplicità, e parla di August, detto Auggie, un bambino di dieci anni nato con una deformazione del cranio e per questo “diverso” nell’aspetto a causa delle numerose operazioni subite. Dopo aver studiato per i primi anni della sua vita a casa, decide che è il momento di andare alle medie insieme ai compagni della sua età. Una svolta decisiva, che gli permetterà di vivere l’ambiente (a volte crudele) della scuola, portando ai suoi compagni insegnamenti immensi nella loro ordinarietà, preziosi e stimolanti per tutti noi.
Ognuno di noi nella vita ha degli elementi che lo contraddistinguono. Julia Roberts, che nel film interpreta la mamma del bambino protagonista, parlava delle rughe sul suo viso. Le rughe la segnano, e anche se alcuni possono ritenerle elementi negativi in realtà le rughe raccontano sempre una storia. Quelle sulla fronte le erano venute durante l’ultima operazione del bambino, altri segni sul volto erano riconducibili ad un altro momento particolare. Questi sono i segni visibili di ciò che siamo, dei passaggi inevitabili che abbiamo attraversato nella nostra vita. E poi ci sono i segni che abbiamo dentro. Quelli provocati dai momenti che ci hanno segnato e che ci hanno reso chi siamo. Ma ci sono anche alcune caratteristiche momentanee: stati d’animo, pensieri, tic nervosi… Questi sono riconducibili al momento attuale, a ciò che stiamo attraversando nella vita, che a volte ci rende suscettibili a particolari parole e a particolari eventi e che ci pone però di fronte a delle scelte. Un esempio? Per quanto mi riguarda il mio passato mi ha portata a scegliere di mettere in secondo piano la mia carriera dedicandomi (avendone la possibilità) ai miei bimbi. Per me sarebbe difficile non trascorrere tanto tempo con loro e non essere partecipe delle loro giornate e dei loro traguardi.
Tornando quindi al concetto di momentaneo e di presente, quando alla mattina ci svegliamo e incontriamo le persone (molte), e ci interfacciamo con loro, spesso si verificano tante incomprensioni, anche perché la relazione con l’altro non è mai scontata o immediata, soprattutto in una società come la nostra, complessa, ricca di stimoli e di avvenimenti. Cosa possiamo quindi fare noi per cambiare questa tendenza allo scontro?
Questo è un film che apre tantissime prospettive di lettura, tanto che per me è difficile scrivere una riflessione, perché ci sono così tante sfaccettature che ho dovuto per forza registrare dei memo vocali per cercare di raccoglierne alcune. È un film che si concentra sul concetto di interazione con l’altro, e ciò che ho amato davvero molto è il fatto che non è la classica storia triste che ti fa capire “quanto tu sia fortunato in questo momento, quanto non si debba perdere tempo, quanto si debba guardare il bicchiere mezzo pieno, che la vita sia imprevedibile…”. Non è un film dalla lacrima facile: è veramente complesso, ma allo stesso tempo gioioso. Le lacrime che si versano sono di felicità, e non per fatti straordinari ma per l’ordinarietà delle emozioni, causate dalle interazioni positive tra persone semplici. Interazioni basate su una parola che viene utilizzata poco, oggigiorno: “gentilezza”.
“Gentilezza” può assumere innumerevoli sfaccettature. Ma non deve partire mai dalla commiserazione. Lo si vede benissimo in Wonder: quando facciamo qualcosa perché “dobbiamo” essere gentili, perché dobbiamo accogliere l’altro, non è accoglienza e non è gentilezza. Non è positivo per l’altro ma nemmeno per noi stessi. Ma quando ci apriamo alle persone con un occhio di rispetto (perché la vita è complessa e ognuno di noi ha dentro una ricchezza di emozioni, capacità e talenti incredibili) credo che sia importantissimo cercare di aprirsi a tale interazione. Aprirci semplicemente quando ci troviamo davanti ad un’altra persona. Togliere le nostre categorie mentali, i nostri preconcetti, per lasciarci trasportare dall’altro. Aprirci a noi stessi e aprirci all’altro, facendoci vedere per quello che siamo.
Summer, una delle bambine protagoniste, una delle prime amiche di Auggie, dice: “Vengo da te perché ho voglia di un’amicizia vera”. Caspita, è davvero liberatoria come frase. Significa avere voglia di liberarsi dai preconcetti, di liberarsi punto e basta. E in effetti la cosa bella di questo film è Auggie, che da oggetto di commiserazione e peso per la classe diventa strumento di liberazione. Auggie, anche grazie alla sua liberazione fisica, riesce a liberare in qualche modo gli amici e i compagni e a renderli persone più felici, con loro stesse e con gli altri, insegnando, semplicemente essendo se stesso, non solo i valori per se stessi (un termine che spesso implica anche il concetto di “dovere”) ma la felicità che portano questi valori, il senso liberatorio della gentilezza e la libertà di poter essere se stessi, accogliendo anche l’altro con le sue caratteristiche.
I segni, soprattutto quelli più stigmatizzati dalla società, sono ciò che ci rende noi stessi. Sono loro a renderci i più belli, i più talentuosi, i più speciali. “Tutti avremmo diritto ad una standing ovation per ciò che siamo”, dicono ad un certo punto, ed è vero, perché siamo unici e perché è meraviglioso essere unici. Ed è bello sì essere accettati, ma anche essere aperti, vivendo e diffondendo sempre la gentilezza.
Qualche giorno fa parlavo con una mia amica. Notavamo come spesso, soprattutto in paese, l’ambiente sia giudicante. E questo fa male non solo alla persona giudicata, ma anche a chi giudica. Guardiamo a “Wonder”: non è Auggie chi soffre maggiormente. A soffrire più di tutti è il suo compagno di classe bullo. Alle spalle ha una famiglia difficile, chiusa, giudicante nei confronti degli altri. Una famiglia problematica, legata ad un’immagine di perfezione fittizia basata su castelli senza fondamenta che rivediamo anche in altre situazioni (come la famiglia di Miranda: lei ha un vuoto maggiore di quello di Auggie, con i genitori separati, la madre impegnata a non superare l’evento e il padre che la esclude dalla nuova vita).
Sono quindi tre le figure che mi hanno maggiormente colpito: Julian il bullo e la sua famiglia; l’amico Will; e la sorella di Auggie.
La famiglia di Julian, il bullo, fa davvero riflettere. Oltre ad essere giudicante interferisce nella maniera peggiore possibile con la vita del figlio. Il colloquio con il preside (un preside davvero illuminato) la dice lunga: lui cerca di fare capire a Julian la gravità delle sue azioni di bullismo contro Auggie, mentre i genitori tentano di infangare e portare via il bambino dalla scuola. Perché non accettano che il figlio bellissimo e ricchissimo possa essere sospeso.
Parliamo quindi dell’amichetto Will, che inizialmente si avvicina ad Auggie perché la madre e il preside lo spingono verso di lui (a causa della borsa di studio che gli ha permesso di frequentare quella scuola) per diventare suo amico e prendersi cura di lui. Ma l’insegnamento alla fine non sta in questo senso del dovere nei confronti di Auggie, del diverso: la compassione e il fare le cose forzatamente non porta mai da nessuna parte. Will capisce invece che vuole essere amico di Auggie non perché deve, ma perché è bello, perché, wow!, è liberatorio e non bisogna essere belli, bravi, furbi e intelligenti ma semplicemente se stessi, donandosi e prendendo ciò che le altre persone decidono di darci.
La terza figura che mi ha affascinato tantissimo è la sorella maggiore di Auggie. Sta completamente nell’ombra del fratello, perché i genitori erano focalizzati su questo bambino che aveva giustamente bisogno di loro. Soffre, ma con una maturità che molti adulti non avrebbero, consapevole che i suoi non avrebbero potuto affrontare anche i problemi da parte sua. Le sue lacrime commuovono, è una ragazza piena di amore, e ci mostra come a volte certe emozioni abbiano sfaccettature diverse da ciò che sembrano. E paradossalmente nella storia di questa famiglia chi ha sofferto tanto quanto Auggie e i genitori (se non maggiormente) è proprio lei, che non ha avuto l’amore e il tempo che meritava, e che non può contare su nessuno nemmeno quando ha realmente bisogno. Ma alla fine è proprio lei a dare un insegnamento pazzesco al fratello: “Tutto il mondo non gira attorno a te. Non sei l’unico al mondo ad avere problemi. Esci da questa spirale di autocommiserazione”.
Aprirci agli altri con gentilezza non per dovere ma per la gioia di aprirci e di mostrarci come siamo, e fare lo stesso con gli altri togliendo i preconcetti e gli aspetti giudicando, guardando e gioendo con gli altri per ciò che sono, è davvero il bello della vita. È la cosa più meravigliosa che possiamo fare.
Giulia Mandrino
Esatto. Ad un certo punto arriverà la difficilissima domanda da parte dei pargoli, che sentendo qua e là qualche conversazione tra adulti, i commenti di qualche compagno di classe maligno o semplicemente perché annusano qualcosa nell’aria, lanceranno la bomba inaspettatamente. No, non la domanda “Da dove vengono i bambini”.
“Mamma, ma Babbo Natale esiste?”. E lì le risposte sono importantissime, perché l’equilibrio tra li fare crollare il loro mondo di sogni e certezze e il non trattarli più da bambini piccoli è delicatissimo.
La “bugia” di Babbo Natale è importantissima per l’infanzia dei nostri bambini, e ve ne avevamo già parlato. Tuttavia è anche importante capire quando è il momento giusto per rivelare l’inganno: quando un bambino è troppo piccolo per saperlo? E quando è troppo grande per restarne ancora all’oscuro?
Prima di tutto, quindi, vi diamo qualche consiglio per sapere come comportarci quando la fatidica domanda arriva (anche perché solitamente arriva proprio durante le feste di Natale).
Innanzitutto, ogni genitore saprà valutare se un bambino è troppo piccolo per scoprire ancora la verità. Anche i bambini più piccini a volte se ne escono con la domanda. In quel caso l’approccio migliore è chiedere a loro cosa ne pensano. Qualcosa del tipo: "Mamma, ma Babbo Natale esiste?"; "Non saprei, secondo te?". Probabilmente, diranno che è non capiscono come possa un vecchietto portare i doni in tutto il mondo, o snoccioleranno i loro ragionamenti, ma solitamente si risolve tutto in un niente, poiché i bambini continuano tranquillamente a credere alla magia.
Tuttavia quando i bambini sono più grandicelli o quando, anche se piccoli, proprio non vogliono sentire ragioni (chiedendo con insistenza la verità) è giusto dirla, in maniera dolce e leggera. In quel caso, infatti, non è nemmeno salutare continuare a imporgli di credere: si romperebbe il legame di fiducia e i bambini si sentirebbero sottostimati.
A questo punto la domanda si sarà trasformata: non più "Ma Babbo Natale esiste?", ma qualcosa come "Dai, ditemelo che siete voi", oppure "Babbo Natale NON esiste, vero?". Una risposta valida in questi casi è molto semplice, e prevede non la delusione nello scoprire che i vostri figli l’hanno scoperto (“Che scatole, mi spiace tu l’abbia capito, ora non sarà più la stessa cosa”), ma la felicità della scoperta. Possiamo ad esempio dire: “Oddio, che bello! E l’hai capito da solo? Sono proprio orgogliosa. Beh, ora potremo essere più complici durante la notte di Natale e potrai aiutarci a preparare i regali sotto l’albero! È una notte magica anche per noi!”.
Una risposta che forse sembra strana, ma che evita ogni imbarazzo dei bambini e dei genitori e che evita ci sia quello strappo e quella sensazione da “stupidi” che i bambini possono provare in questo momento delicato della loro infanzia in cui scoprono che la magia e il sogno sono in effetti solo fantasie.
In alternativa, potete comunque trovare altri approcci. Ad esempio spiegare il significato di questa figura, che deriva da San Nicola (Santa Claus), un santo che si riteneva buono e miracoloso e la cui generosità ha ispirato tutte le persone buone che vogliono fare del bene agli altri, in questo caso ai bambini, portando i doni la notte di Natale. Quindi non sarà proprio l’anziano barbuto a portare i doni, ma tutte le persone che posano regali sotto l’albero sono guidate da lui, dal suo spirito, e quindi è come se fosse lui a portarli. Idem per le altre tradizioni, come Santa Lucia o la Befana (con i Re Magi che portarono i doni a Gesù).
A questo punto sarà bellissimo coinvolgere i bambini nel Natale in toto, anche nelle preparazioni segrete, soprattutto se in casa ci sono bambini più piccoli ancora all’oscuro, ma anche se non ce ne sono: preparare i regali all’insaputa degli altri, donare ai bambini in difficoltà, portare generosità e gioia a tutti facendo delle buone azioni tutti insieme…
Ora che sono grandi, quindi, ci si può concentrare sulla gioia di donare, e non solo di ricevere!
Giulia Mandrino
La scuola finlandese è tra le più all’avanguardia tra quelle di tutto il mondo. E non perché utilizzi metodi alieni o impossibili da comprendere, ma perché ha fatto di pochi e semplici pilastri la base sulla quale fondare l’educazione dei ragazzi, che stanno sempre al centro del discorso con i loro talenti, le loro capacità, le loro difficoltà e le loro esigenze.
Nello specifico vi avevamo già parlato di come funziona la scuola Finlandese. Ora vogliamo quindi provare a stilare una serie di semplici accorgimenti che la nostra scuola italiana, senza rivoluzionarsi in maniera radicale, potrebbe applicare per trasformarsi in una scuola più all’avanguardia e più efficace, più inclusiva e bambino-centrica, proprio come le scuole del Nord Europa.
A Torino una scuola senza voti (e senza zaino!) esiste già. Qui però non vogliamo suggerire di togliere del tutto il voto. Piuttosto, di tentare di ridimensionare l’importanza di questo, che spesso nella nostra scuola tende ad essere il metro di misurazione ritenuto più affidabile e importante, sul quale basare la valutazione del bambino in generale, e non solo delle sue capacità in una data materia. Insomma, spesso il voto definisce i ragazzi in quanto persone, influendo anche sulla autostima e sul rendimento effettivo.
Certo che il voto è importante, ma non è tutto. In Finlandia, ad esempio, fino ai 13 anni non vengono dati voti, e una volta che si inizia a valutare il lavoro attraverso essi, questi vengono calibrati in base ad ogni studente. Ovvero: il voto va in base alle capacità e in base al miglioramento, e non solo su una scala generica stilata per essere comune a tutti.
Più che le risposte standard degli insegnanti, la scuola finlandese punta sulle domande degli studenti: i ragazzi sono spronati ad esprimere i loro dubbi e le loro questioni, e gli insegnanti ascoltano. Soprattutto, prima di dare le risposte si cerca sempre di fare ragionare i ragazzi, in modo da dare loro la capacità di risolvere da soli i problemi, cercando le risposte concretamente e non lasciando che siano gli altri a darle.
Quello interno è curato e accogliente, con molte aule dedicate alle attività manuali (che qui vengono davvero eseguite, e non solo come laboratori extra). Quello esterno, d’altro canto, è altrettanto valorizzato, poiché il tempo passato all’aria aperta è importantissimo. Uscire dovrebbe essere la regola, e non l’eccezione, e le lezioni dovrebbero svolgersi fuori ogni qualvolta fosse possibile. In questo modo i ragazzi non solo imparerebbero concretamente; non solo acquisirebbero una apertura mentale più performante; ma prenderebbero finalmente confidenza anche con la sostenibilità e con l’ecologia.
L’ambiente esterno dovrebbe essere dunque vissuto maggiormente, in modo da essere percepito dagli studenti come luogo di cui fanno parte attivamente. Sostenibilità ed ecologia, ore passate all’aperto, una scuola che (anche architettonicamente!) stimoli ad uscire e ad interagire con il luogo, con l’ambiente esterno che faccia parte della struttura in maniera armonica e naturale: queste le semplicissime regole.
In Finlandia non esistono scuole private e non c’è divisione tra ceti sociali o tra ragazzi più dotati o meno dotati. Tutti vanno nella stessa scuola. In questo ambiente già di per sé super democratico e super inclusivo, anche i ragazzi con disabilità hanno il loro naturale spazio, perché vengono inclusi in tutte le attività. Hanno ambienti attrezzati per loro e classi speciali, ed educatori ad personam che propongono loro programmi personalizzati, ma lavorano anche moltissimo con gli altri studenti.
L’insegnamento di sostegno (che fin qui pare simile al nostro, con lezioni specifiche e personali e tempo passato con gli altri alunni nella classe “principale”) è tuttavia diversissimo da quello di tutti gli altri paesi del mondo, poiché gli insegnanti sono formati in modo da considerare le difficoltà solo come difficoltà di apprendimento, che possono evolvere, senza focalizzarsi sulle cause mediche. In questo modo tutti sono considerati unici e simili ai compagni: c’è chi ha più difficoltà in alcune materie, c’è chi fa fatica ad apprendere certi concetti, ma tutti potenzialmente possono migliorare.
Le classi, in Finlandia, non ci sono più (così come le materie, ma questo è un altro discorso): al posto loro vengono prediletti i gruppi di lavoro e di apprendimento. In questo modo ogni ragazzo può trovare il proprio posto, quello in cui sente di avere più bisogno in quel momento, approfondendo, recuperando e coltivando il suo talento.
Il talento, oltretutto, è un’altra cosa su cui, nella scuola italiana, si dovrebbe puntare molto più di quanto facciamo oggi, valorizzando ogni bambino per ciò che è e ciò che ha, non impuntandosi su ciò che non ha.
Come noi adulti davanti al computer o impegnati nel lavoro di ogni giorno, anche i bambini hanno bisogno di pause. Ancor più di noi! Il movimento è una loro prerogativa, e lo stare seduti è deleterio. Soprattutto quando certe scuole impongono anche l’intervallo chiusi in classe o seduti. Al contrario, dovremmo imparare, in Italia, a considerare il riposo e le pause parte integrante dell’apprendimento, aumentandole.
Ogni mezz’oretta, quindi, sarebbe ideale fare una piccola pausa, nella quale i bambini possano alzarsi, sgranchirsi le gambe e alzare la testa dai libri.
Oggigiorno sembra che ormai gli insegnanti non abbiano più, purtroppo, l’autorità di un tempo. O meglio: spesso i genitori non credono nelle loro valutazioni, o se la prendono con loro quando i figli combinano qualcosa.
Dovremmo invertire decisamente la rotta, e, come in Finlandia, considerarli con l’importanza che spetta loro. Sono figure preparate, sempre di più, competenti. Hanno frequentato l’università e fatto ore e ore di tirocini. Proprio come gli insegnanti finlandesi, che vengono considerati degni di fiducia tanto quanto i medici, gli psicologi, gli avvocati e i professionisti dei settori più rinomati.
Giulia Mandrino
Essendo a base di mele e spezie (cannella e cardamomo) è una bomba di salute: una composta di frutta speziata perfetta per merenda e colazione, da spalmare sulle fette di pane integrale tostato.
Con le nostre pentole in ceramica Zisha possiamo dedicarci alle ricette che più amiamo, come le zuppe, che attraverso la cottura lenta e uniforme diventano ancora più saporite e confortevoli, sane e gustose. Questa zuppa di farro è un must: in inverno ci piace prepararla per riscaldare le serate e per coccolarci con sapori che adoriamo. E non serve nemmeno troppo tempo: tra preparazione e cottura 30 minuti basteranno.
Per variare, poi, possiamo utilizzare al posto del farro il grano saraceno oppure l'orzo, e frullare le vedure se i bambini non amano vederle.