Il metodo pedagogico ideato da Maria Montessori è ormai conosciuto, apprezzato e utilizzato da molte scuole, ma soprattutto da molti genitori, che anche a casa applicano le semplice direttive del metodo montessoriano.


Questo metodo su tutto vuole spingere i bambini a raggiungere l’indipendenza, spronandoli con semplici strumenti a provare a fare da soli. Tra le attività? Apparecchiare, lavare i piatti, cucire, cucinare, stendere, vestirsi, allacciarsi le scarpe…

Quella che vi proponiamo oggi rientra quindi nel solco delle faccende di casa insegnate fin da piccoli (proprio per acquisire indipendenza e manualità), ma che ricalca anche un’altra attività, con un risvolto altrettanto importante: l’uso delle forbici, che implica la conoscenza del senso del pericolo, senso che svilupperanno a fatica se tendiamo a proteggerli troppo. Meglio insegnare presto ad utilizzare strumenti affilati, pesanti o in qualche modo un po’ pericolosi! Proprio come il ferro da stiro!

Imparare a usare il ferro da stiro, un’attività montessoriana: come insegnare ai bambini a stirare, per lasciare che acquisiscano indipendenza, manualità e un sano senso del pericolo

Innanzitutto, prendiamo uno di quei ferri da stiro da viaggio, più piccoli di quelli che utilizziamo normalmente e soprattutto senza caldaia (perché in quel caso dovremmo fare davvero molta, moltissima attenzione, con il vapore che scotta e le temperature altissime: a quello ci si può arrivare pian piano).

Teniamo quindi la temperatura ad un livello medio. Metterlo al minimo non servirà, perché, come potete immaginare, le pieghe non spariscono, e quindi è inutilmente faticoso.

Sistemiamoci quindi su un tavolo ad un’altezza tale che il bambino ci starà tranquillamente comodo, raggiungendo, in piedi, la superficie. Proprio ad un’altezza simile a quella che ci troviamo noi quando stiriamo. Possiamo utilizzare una tavola per stirare di quelle senza gambe, da appoggiare, appunto, al tavolo. Se non ne abbiamo una, basterà sistemare sulla superficie un tessuto morbido e spesso e sopra questo una pezza abbastanza ampia in cotone, che farà da base. Altra soluzione è semplicemente abbassare l’asse da stiro al livello più basso (ma non tutte si abbassano così in profondità).

Sistemato tutto, prendiamo qualche bella pezza quadrata o rettangolare, che sia ben stropicciata, in modo da rendere il tutto più divertente, ma soprattutto reale!

Pian piano insegniamo ai bimbi come si tiene in mano il ferro da stiro, come lo si fa scorrere sui tessuti, dove tenere le mani per non scottarsi, come girare i tessuti, come piegare i panni e tutti i passaggi necessari per stirare al meglio. Passiamo poi anche alla spruzzatura del vapore, una volta acquisita la manualità base. Prima con un semplice spruzzino per l’acqua (che diverte molto i bambini!) e poi con la valvola integrata nel ferro.

Dopo aver provato con le pezze, possiamo passare ai panni. Inizialmente la cosa più semplice saranno le magliette. Bene anche i tovaglioli, i fazzoletti e tutto ciò che non richiede particolare precisione. A quella ci si arriverà pian piano, e i bimbi diventeranno dei professionisti della piega!

Giulia Mandrino 

La falegnameria didattica di Gino Chadod

Mercoledì, 13 Settembre 2017 13:26

I lavori manuali per bambini sono importantissimi. Non solo perché li aiutano a sviluppare la loro manualità, ma anche per il divertimento, per il gioco e per il fascino che hanno su di loro. Imparare fin da piccoli, con la giusta guida, a fare tutti quei lavori “adulti” come stirare, tagliare, cucire (e chi più ne ha più ne metta) è un elemento importante per la loro crescita.

E qual è il lavoro manuale per eccellenza? Esatto, la falegnameria. Quella che vi presentiamo oggi è quindi un gioiellino delle attività per bambini. Grazie a Gino Chadod, infatti, è nata la falegnameria didattica, laboratorio per avvicinare concretamente i bambini, in maniera seria ma divertente, a questo lavoro artigianale ormai di nicchia ma sempre pilastro della nostra vita.

La falegnameria didattica di Gino Chadod: il bello della lavorazione del legno è finalmente anche per bambini

Di laboratori per bimbi ce ne sono moltissimi. Dal cucito al giardinaggio, dalla cucina a disegno. E poi ci sono le fattorie didattiche, per avvicinarsi al lavoro in mezzo alla natura. E il legno dove lo lasciamo? Lavorare il legno è un’arte bellissima, precisa, che dà soddisfazioni immense a chi la pratica: pensate quindi alla gioia di un bambino nel prendere in mano scalpelli, trapani, seghetti, morse, pinze, martelli e tutto ciò che occorre per trasformare un pezzo grezzo di legno in un oggetto, un marchingegno, un mobile o un suppellettile. Dal nulla si crea qualcosa: un concetto strano, per i bambini, affascinante e coinvolgente.

Come dicevamo, di laboratori di falegnameria ce ne sono davvero pochi, e nelle scuole questa materia così diffusa nel secolo scorso ormai è scomparsa. Fanno eccezione, naturalmente, le scuole Waldorf che seguono la didattica steineriana, nelle quali la falegnameria è inserita nei programmi.

Gino Chadod, falegname da sempre, porta dalla Valle d’Aosta questa arte ai bambini. Lo trovate alla fattoria didattica "I Campi"  (via Campi,1 Vernasca, PC - cell. 340 25 19 246), e basta una prenotazione via mail (a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.) per partecipare ai suoi laboratori, che durano circa 3 ore (per singoli o per gruppi). Lo trovate anche in varie fiere, agli eventi, in varie fattorie didattiche o luoghi selezionati (come in luglio e agosto, quando tiene un laboratorio per turisti a Prè St. Didier -AO), nelle scuole e, soprattutto, lo trovate a Milano per progetti temporanei, che potete scoprire sul suo sito internet.

Il bello di questo laboratorio didattico di falegnameria è che nel corso degli anni Gino ha raccolto una strumentazione pazzesca creando un ambiente unico, artigianale e genuino, nel quale i bambini si possono sbizzarrire e nel quale restano meravigliosamente affascinati.

Gino li guida alla scoperta del legno, insegnando con maestria (e con strumenti e progetti pensati proprio per i bambini, in tutta sicurezza e con un metodo didattico su misura) a intagliare, tagliare, costruire, segare, limare, piallare e via dicendo.

Attraverso i suoi insegnamenti i bambini possono concretamente costruire (singolarmente o in gruppo, a seconda del laboratorio) un oggetto in legno, imparando tutte le fasi di lavorazione, acquisendo manualità, scoprendo il bello del costruire e acquisendo anche fiducia nelle proprie capacità.

La progettazione, la creatività e la manualità si fondono così in questa attività, che oltre ad essere interessante e divertente inizia i bambini a concetti quali l’importanza dell’artigianato, della territorialità, degli elementi offerti dalla natura, della sostenibilità e del rispetto delle materie prime e delle abilità dell’uomo.

Giulia Mandrino

Esiste anche la versione "grande distribuzione": parliamo di quei panini soffici, ma pieni di conservanti, farciti con gocce di cioccolato. Se anche voi e i vostri bambini li amate, perché non provate la versione sana fatta in casa? Non servono doti da pasticciere e il risultato è incredibile. Basta poi tenerlo in un sacchetto di carta per farlo durare un paio di giorni.

Pane dolce con gocce di cioccolato: la ricetta per il pane perfetto a colazione con il tè, il succo o il caffè 

 

Perfetti per la colazione (ma anche per lo spuntino pomeridiano!), i waffle sono sempre una buona idea. Soprattutto se provate nuove versioni, come questa al cacao, che piace ancora di più a tutta la famiglia.

Waffle al cioccolato: la ricetta per waffle diversi dal solito a partire dal cacao

 

Mare profumo di mare

Martedì, 12 Settembre 2017 13:09

 

31 Agosto 2017. Le mie ferie sono ufficialmente quasi finite. Ci godiamo l'ultimo sole della Sardegna, le ultime giornate che scorrono lente e pigre.

Quest'anno abbiamo fatto davvero tantissimo mare, e sapete perchè? Perchè finalmente anche il mio nanetto riesce a stare in spiaggia senza rischiare la morte ogni tre minuti. Non si butta in acqua lasciandosi affogare. Non mangia i granelli di sabbia come se fossero m&m's. Non scappa ovunque con addosso un cartello con scritto “rapitemi” e soprattutto gioca. Oh si! Finalmente gioca...o guarda un giornaletto. E io dopo anni e anni dalla prima gravidanza, ce l'ho fatta a rilassarmi, prendere il sole e finire la settimana enigmistica. E vi posso garantire che riuscire, con due figli, a leggere in spiaggia e a fare il Bartezzaghi...son soddisfazioni! Ci sono stati addirittura dei momenti, udite udite, in cui in spiaggia mi sono annoiata. La commozione lo so...asciugate le lacrime...mi state invidiando e odiando, ma me ne farò una ragione ;-)

E nei miei meravigliosi momenti di noia, indovinate che ho fatto? Dormito sul lettino? No, troppo banale. Ciondolato sullo sgabello del bar sorseggiando un mojito? No, mi spiace, sono astemia. Mi sono dedicata per una volta ad uno sport nazionale spesso praticato da molti, ma abbastanza discusso...lo so, non andrebbe fatto, ma che posso farci è stato più forte di me. Io nei momenti di noia...mi sono vergognosamente e palesemente fatta i cavoli di tutti i miei vicini di ombrellone. Ecco l'ho detto. Occhiale da sole strategico, sguardo vago, giornale sotto mano per non destare sospetti e via, ne ho viste che ne ho viste. Coppiette pomicione (che invidia), ragazze con appresso solo asciugamano e crema solare (doppia invidia), famiglie di 978 componenti più chiassose dei centri commerciali di sabato, e soprattutto...mamme! Si! Ad attirare la mia attenzione erano soprattutto le altre mamme...forse perchè essendo mamma anch'io, non potevo fare a meno di notare e osservare i loro comportamenti. E mi perdevo talmente tanto a curiosare che ogni tanto mio marito mi chiedeva se avessi pagato almeno il canone...simpatico lui! E di mamme in spiaggia, ce ne sono davvero tante. 

C'è la mamma chic...oh si, lei arriva tutta in tiro, con la borsa abbinata al copricostume. Al seguito ha sempre bambini biondi e con gli occhi azzurri, una piccola borsa frigo Gucci, zero ombrellone perchè la tintarella delle maldive oramai li ha resi super resistenti ai proletari raggi uv del sole sardo e un'abbronzatura perfetta e dorata. La mamma chic si muove sulla sabbia come sospesa...io quando cammino sulla sabbia ho la stessa goffaggine e lentezza di un bradipo con una scopa nel didietro. Per ogni passo avanti, due li faccio indietro cercando di non cadere e di non attirare l'attenzione. Se devo risalire dalla riva con Samuele in braccio poi...vi lascio immaginare la scena. Sembra mi abbiano sparato nel sedere una di quelle freccette per addormentare gli elefanti. Mi trascino fino all'ombrellone con un'andatura barcollante, come se il mojito di cui sopra lo avessi bevuto per davvero e quando arrivo lancio mio figlio, e mi accascio sull'asciugamano inerme. Una scena pietosa. Ma la mamma chic, lei no. Lei esce dall'acqua come una sirena, bikini taglia 40, raccoglie i capelli sulla nuca (mentre io li raccolgo solo dal lavandino) e torna al suo ombrellone sculettando. I figli ovviamente sono già seduti composti e reclamano per merenda frutta fresca e latte di cocco. I miei invece urlano “ a ma, datte un po 'na mossa e dacce la pizza bianca!”. E io sorrido, cercando di scacciare dalla mia mente che si, sono sarda e ho due bambini che mi parlano in romano...che mi dicono ahò! E che quando cresceranno e saranno adolescenti mi urleranno i morti, anzi li mejo morti, ogni due minuti. 

Poi in spiaggia, c'è la mamma ansiosa. Si, quella che arriva col tir perchè nonsisamaiconibimbi. Quella che appena si sistema, mette in fila i figli e inizia a riempirli di crema solare protezione 2mila, che sembra mastice, non crema, e che quando hai finito di spalmarla hai perso la sensibilità alle mani. E sti ragazzini li vedi, bianchi come mozzarelle, con addosso pure la maglietta anti raggi uv di decathlon, che io giuro solo a guardarli me sento male, me viene la rosolia! E lei, mamma ansia, li raduna tutti all'ombra, non sia mai dovessero assorbire un pochetto de vitamina D, e inizia già a sudare al pensiero che tra breve dovranno entrare in acqua! Gonfia ciambelle, braccioli, giubbini. Attrezza la scialuppa di salvataggio, da la mancia al bagnino affinchè abbia un occhio di riguardo e cautamente, lentamente, li fa entrare...prima i mignoli, poi le caviglie, e verso sera, piano piano un bagnetto di 33 secondi. E nel mentre, i miei di figli, sono dentro l'acqua da talmente tanto tempo che hanno le mani aggrinzite e le labbra viola come i cadaveri. Madre degenere...

E infine, in spiaggia, c'è lei. Quella che io ho definito la madre “sticazzi”. Quella che arriva in spiaggia a mezzogiorno e mezzo, quando la maggior parte delle persone sane di mente va via. Quella che ha al suo seguito un numero indefinito di bambini e nipoti, e che passando raccatta pure quelli degli altri ombrelloni, che je frega. Se li porta appresso in fila indiana, e cammina per chilometri fino quando non trova il posto che dice lei. Piazza l'ombrellone, lo stuolo di ragazzini si spoglia e tira tutto per aria e lei inizia a urlare “ma nemmeno la crema ve siete messi...vabbè sti cazzi!”. Il primo sticazzi. Si mette seduta, raccatta la roba alla bene meglio, borbotta e fruga nella borsa “uh me so scordata l'acqua...mo che je do...vabbè sticazzi! Berranno a cena...” E così tutta la giornata, un susseguirsi di sticazzi che le consentono di stare attaccata allo smartphone per tutto il tempo, nonostante i 28 ragazzini che orbitano attorno al suo ombrellone. Lei si che campa serena.

E poi in spiaggia ci sono io, che fino allo scorso anno ero peggio della mamma ansia, molto peggio. Ma che quest'anno ho tenuto un profilo basso ed essenziale. Minimalista oserei aggiungere. Crema solare solo per evitare il reparto grandi ustionati, in acqua fino che non iniziavano a battere i denti (ho scoperto che a un certo punto i bambini escono dall'acqua da soli, senza doverli chiamare. Basta solo aspettare che abbiano fame o che inizino a perdere la sensibilità agli arti), merende variabili da “mangia la banana che sennò non cresci “ a “sticazzi magnate sta merendina, fa come te pare, se poi resti nano non dare la colpa al DNA sardo” e all'ombra se davano segni di evidente cedimento, o iniziavano a non riconoscere i familiari. La madre dell'anno direte voi! Forse no, anzi quasi certamente. Ma sicuramente ci siamo goduti le vacanze senza troppe paranoie (mio marito avrà da ridire, ma stacce, per adesso va bene così e fattelo bastare) e ci siamo goduti i bimbi. Io in modo particolare me li sono goduti come non accadeva da troppo tempo. Immersi nell'acqua meravigliosa della mia terra, con le loro braccia attorno al collo e il sole che scaldava le nostre teste.

L'essenziale.

Cinzia Derosas

www.pazzamentemamma.com

https://www.facebook.com/PazzamenteMamma-625010254346819/ 

10 bellissimi ponti da visitare con i bambini

Martedì, 12 Settembre 2017 12:55

Vai in città, vai in montagna, vai al mare: i ponti ci sono dovunque ci sia un corso d’acqua. E spesso sono bellissimi, con le loro architetture uniche e il fascino delle costruzioni secolari che ancora ammaliano e stupiscono.

L’Italia ne è piena, e se queste architetture vi seducono, sappiate che ce ne sono davvero moltissime imperdibili. Proprio come queste dieci, da Nord a Sud, da attraversare dopo aver visitato le campagne, le montagne o le città circostanti.

10 bellissimi ponti da visitare con i bambini: i 10 ponti italiani più affascinanti da Nord a Sud, per una giornata a cavallo tra fiumi, mari e laghi

Dolceacqua, Imperia

Accoccolato tra le alture, ecco il ponte romanico di Dolceacqua, nella splendida Imperia, che affascinò nel diciannovesimo secolo anche il pittore impressionista Claude Monet (che lo inserì in ben quattro opere). Da qui è possibile intraprendere una bella passeggiata attorno alla cittadina, nell’entroterra ligure.

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Ponte delle Torri, Spoleto

Questo ponte non è solo un ponte: è anche un acquedotto romano, epoca alla quale risale questa architettura. Si trova tra il colle Sant’Elia e il Monteluco, e si chiama così un po’ per la struttura che ricorda delle torri, un po’ per le due costruzioni che si trovano ai lati: la Rocca Albornoziana e il Fortilizio dei Mulini, che serviva per vigilare il ponte.

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(http://www.comunespoleto.gov.it/)

Ponte di Bevagna, Perugia

Bevagna, in Umbria, era già stata insignita del titolo di Comune Gioiello d’Italia. Una visita è d’obbligo, quindi, tanto per il fascino della cittadina (ricca di siti romani, come le terme e il tempio) quanto per la bellezza del suo ponte, sotto al quale si può ammirare un antico lavatoio.

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(http://www.bikeinumbria.it/strada/it/itinerari/facili/itinerario05.htm)

Ponte di Groppello d’Adda

Semplice, senza fronzoli, ma assolutamente affascinante: il ponte di Groppello d’Adda, sul fiume Martesana, è affiancato da una grandissima ruota ad otto pale del diciassettesimo secolo, che serviva per alzare il livello del fiume. Da qui possiamo superare il ponte e fare una capatina all’ecomuseo Adda di Leonardo da Vinci.

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(http://www.cancelloedarnonenews.it/buon-sabato-con-ponte-di-groppello-dadda-lombardia/)

Ponte del Diavolo, Lanzo Torinese

È del 1378, ma sembra molto più antico e intriso di fascino fantasy: il ponte del Diavolo collega Lanzo Torinese con le altre valli della provincia ed è completamente in pietra (e infatti è anche detto “ponte del roch”, pietra, in piemontese). È un ponte a schiena d’asino, quindi quello che ricalca l’immaginario dei bambini, ed è molto bello anche per il fatto di sovrastare la Stura, che ha scavato una stretta gola a precipizio.

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(https://it.wikipedia.org/wiki/Ponte_del_Diavolo_(Lanzo_Torinese))

Ponte dei Saraceni, Sicilia

Anche questo in pietra, risale al periodo romano ma fu ricostruito nel dodicesimo secolo e in realtà non è saraceno, ma probabilmente Normanno. Collega Adrano (Catania) con Centuripe (Enna) e si trova presso il passo del Pecoraro.

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(http://turismo.provincia.ct.it/itinerari/galleria-fotografica/natura/default.aspx?detail=1847)

Ponte Coperto, Pavia

Sul Ticino, a Pavia, ecco un Ponte Vecchio che in realtà non è quello di Firenze. La sua particolarità sta nel fatto di essere coperto da una struttura in legno, pietra e mattoni e di presentare sul percorso una piccola cappella religiosa. Fu costruito nel quattordicesimo secolo, ma la versione che vediamo è in realtà quella del 1949, anno nel quale fu fedelmente ricostruito.

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(https://it.wikipedia.org/wiki/Ponte_Coperto_di_Pavia)

Ponte Vecchio, Bassano del Grappa

Altro Ponte Vecchio, di nuovo non di Firenze: quello di Bassano del Grappa, in provincia di Vicenza, detto anche Ponte degli Alpini. È davvero bellissimo, con la sua struttura in legno progettata nel 1209 e ricostruita nel 1569 da nientemeno che Andrea Palladio.

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(https://it.wikipedia.org/wiki/Ponte_Vecchio_(Bassano_del_Grappa))

Ponte della Maddalena, Lucca

Anche questo, come quello di Lanzo Torinese, è detto Ponte del Diavolo, ed è uno tra i più famosi d’Italia. Si trova vicino a Borgo a Mozzano, in provincia di Lucca, e attraversa il Serchio. Perché si chiama Ponte del Diavolo? Perché la leggenda narra che il muratore costruttore fece un patto con il demonio per ultimare i lavori in tempo, ma con l’aiuto del parroco riuscì a raggirare il diavolo, facendolo infuriare e scappare.

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Ponte di Fermignano, Pesaro e Urbino

Il Ponte di Fermignano (in provincia di Pesaro e Urbino) attraversa il fiume Metauro e ha un’origine romana. Si trova esattamente nel centro storico di Fermignano e accanto ad esso svetta una bellissima torre difensiva nello stesso stile.

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(http://rete.comuni-italiani.it/foto/2012/158884)

 Giulia Mandrino

(Photo credit: Facebook)

Fateci caso: quando andiamo a prendere i nostri bimbi a scuola o all’asilo, non capita di rado che, entrando, abbiamo la sensazione di essere circondati da un’aria pesante, densa, insalubre. Questo perché, per quanto gli insegnanti si sforzino di aprire le finestre per fare girare l’aria, l’aria viziata è quasi inevitabile, in questi ambienti nei quali almeno una ventina di bambini stanno chiusi dalla mattina fino al pomeriggio.

Come sempre il consiglio migliore è naturalmente quello di scegliere scuole che prediligano l’insegnamento all’aperto, con vari momenti della giornata dedicati al gioco e alla didattica fuori dalle aule (non solo per i risvolti salutari, ma anche per quelli educativi).

E se queste scuole facessero fare anche il pisolino all’esterno, cosa ne direste? Anche in inverno. Anche con la pioggerella leggera. Beh, c’è una scuola materna, in Australia, che lo scorso anno ha deciso di provarci. Ed è andata davvero molto bene.

L’esempio dell’asilo che porta il sonnellino all’aperto: in Australia, la scuola materna che porta i bimbi a dormire fuori, anche in inverno, per prevenire i malanni stagionali

Esatto: nel titolo diciamo “per prevenire i malanni stagionali”. E non è un ossimoro l’associazione "dormire al freddo/ammalarsi meno". Anzi. È lo stesso discorso della salubrità del fare giocare i bambini all’esterno anche quando fa freddo, o quello dei bambini sporchi che a quanto pare sono davvero più sani. Semplicemente, siamo abituati ad un altro stile di vita, che ci porta a pensare che più ci copriamo e più stiamo al caldo e più non ci ammaleremo. Non è così.

In Scandinavia e in Islanda lo sanno bene, da molto più tempo di noi. Dormire al freddo, ben coperti, fa molto bene al sistema immunitario, e basta fare una passeggiata nelle loro città per vedere come applicano bene questa regola: fuori dai locali è zeppo di carrozzine con i bimbi che se ne dormono tranquilli, mentre i genitori bighellonano nei bar o fanno compere.

Sulla falsa riga di queste esperienze nordiche, un direttore d’asilo dall’altra parte del mondo, in Australia, ha fatto suo il motto “non esiste cattivo tempo, solo cattivo abbigliamento” e ha deciso di provare a portare i bambini fuori per proteggerli dai malanni di stagione.

Per circa 11 settimane Ken Scott Hamilton ha così portato i bimbi tra i due e i cinque anni della sua scuola (la Little Learners Early Develompment and Education Centre di White Gum Valley) a dormire di fuori, anche quando cadeva una leggera pioggia (con il permesso dei genitori: l’asilo dava naturalmente la possibilità di scegliere se farli uscire o se lasciarli in classe). Ben coperti e vestiti a dovere e seguendo qualche regola (ad esempio, non li si portava fuori se c’era il 40% di probabilità di pioggia o meno di 16 gradi, e in estate si evita di dormire all’aperto se la temperatura supera i 30 gradi), hanno portato le brandine fuori dalla scuola materna (ma anche semplici teli, perché i bimbi possono scegliere dove dormire!) ed è lì che i bimbi hanno fatto il loro sonnellino pomeridiano.

Il direttore ha fatto sapere che è arrivato a questa iniziativa dopo essersi documentato sui malanni stagionali che affliggono sempre di più i bambini durante l’inverno. La conclusione era semplice: dormire all’interno insieme a tanti altri bambini non è salutare, ma, anzi, influisce negativamente sulla salute dei bimbi, che respirano aria viziata e densa di germi e batteri. Al contrario, dormire all’esterno significa respirare aria pulita, pura, fresca e preziosa perché stimola il sistema immunitario.

Dopo una prova di 11 settimane il direttore si è accorto che meno dell’1% dei bambini è rimasto a casa per malattia; un fenomeno incredibile, se pensiamo che parliamo di una scuola materna.

Bambini felicissimi, ma soprattutto più sani. E genitori estasiati. Ecco perché Ken Scott Hamilton vorrebbe implementare il programma portandolo in diversi asili. Un’iniziativa che sarebbe da supportare in tutto il mondo.

 Giulia Mandrino

Si chiama Hydrotour, ed è tra le visite più affascinanti che ci possano essere. Per gli adulti, ma soprattutto per i bambini. Già, perché a Riva del Garda è presente una delle centrali idroelettriche più interattive d’Italia, e una visita è d’obbligo per scoprire come dall’acqua si possa ricavare un’energia pulita e vivissima!

Il viaggio a Riva del Garda, alla scoperta dell’energia pulita: a Riva del Garda ecco l’Hydrotour, la visita guidata nella centrale idroelettrica più bella d’Italia

Tra i metodi per produrre energia pulita non ci sono solo il solare e l’eolico. Esistono anche le centrali idroelettriche, che trasformano l’energia dell’acqua in energia elettrica per le nostre case a partire dalla massa d’acqua in movimento.

Se siete passati da Riva del Garda non avrete potuto fare a meno di ammirare la centrale idroelettrica che svetta sulle pendici sopra la città. È davvero bellissima, grazie al fatto che a progettarla fu all’inizio del Novecento Giancarlo Maroni, l’architetto di Gabriele D’Annunzio, colui che già progettò il Vittoriale degli Italiani a Gardone Riviera (e anche lì una visita è consigliatissima!).

Questo gioiello di architettura e di ingegneria (che si trova in via Giacomo Cis 13), come dicevamo, svetta sulle rive del lago di Garda e la bella notizia è che è possibile programmare una visita guidata per scoprire direttamente e concretamente (anche attraverso vari elementi interattivi!) come qui l’energia dell’acqua venga trasformata in elettricità. Possiamo scegliere la visita individuale (con biglietti a 15 euro l’intero e 8 il ridotto, con possibilità di tariffe speciali per le famiglie), quella in gruppo (con un costo di 10 euro a persona a fronte di un gruppo di almeno 20 persone) o quella per le scuole (5 euro a studente con un minimo di 18 partecipanti) (http://www.hydrotourdolomiti.it/content/it/riva-del-garda). Tutte e tre sono davvero incredibili e imperdibili.

La visita dura circa due ore, durante le quali i bambini (e noi adulti!) possono girare per la centrale accompagnati da esperti che mostrano loro come le leggi della scienza e della fisica studiate sui libri di scuola abbiano un’applicazione concreta, che possono vedere con i loro occhi.

Il percorso della visita è estremamente interattivo e didattico, e per questo ci piace molto. Vedendo direttamente con i loro occhi queste meraviglie dell’ingegneria i bambini non solo comprendono l’importanza delle energie rinnovabili e non solo capiscono come l’energia dalla natura arriva alle nostre case, ma soprattutto imparano meglio. Meglio che sui libri di scuola, meglio che attraverso lo studio a memoria e gli esercizi. Questo perché toccare con mano (in questo caso nemmeno metaforicamente) l’argomento fa sì che i concetti rimangano bene impressi.

Il bello, poi, non sono solo le spiegazioni, ma anche il contesto e l’ambiente. I macchinari giganteschi, i cunicoli, i caschetti indossati e l’atmosfera da scienziati pazzi affascinano incredibilmente i bambini, che spesso, qui, anche se solo per un attimo (ma c’è chi rimane sulla propria strada anche da grande!) decidono che in futuro la scienza sarà il loro mestiere!

Per prenotare le visite si rimanda all’ufficio booking, al numero 0461/032486, attivo tutti i giorni dalle 9:00 alle 17:00.

Giulia Mandrino

Le bolle dell’autocontrollo per i bambini

Lunedì, 11 Settembre 2017 13:46

L’autocontrollo è un aspetto della vita innato, ma che se non viene coltivato rischia di svanire. I bambini sono capaci, insomma, a controllarsi, a misurarsi e a capire quando non superare i limiti. Ma non sanno di esserlo.

Ci sono molti metodi per insegnare questo autocontrollo, e su tutti troviamo certamente il dialogo con il bambino (che deve essere sempre spronato a parlare ad alta voce dei propri sentimenti e delle proprie emozioni, per capirle e gestirle meglio). Ma se vogliamo provare a giocare per capire meglio di cosa parliamo e per farlo capire ai bambini, ecco un’attività divertente e riflessiva.

Un metodo per insegnare l’autocontrollo ai bambini: attraverso le bolle di sapone insegniamo ai bambini che è possibile controllare i propri impulsi e le proprie emozioni

Questo giochino apparentemente innocuo e divertente ma dai risvolti importanti e profondi può essere eseguito quando volete, anche in una situazione di disagio, quando, ad esempio, il vostro bimbo sembra aver intrapreso la strada dell’esplosione di emozioni senza motivo o quando una classe è sempre irrequieta e non ricettiva.

Ai bambini piace molto, in primo luogo perché contempla l’utilizzo di qualcosa che amano (le bolle di sapone) e in secondo luogo perché per loro è una sfida.

Innanzitutto, prendiamo la boccetta con le bolle di sapone, oppure prepariamole in casa, versando il liquido in un vecchio contenitore con l’apposito aggeggio per soffiare le bolle. Noi togliamo le etichette, e incolliamo al loro posto questa (che potete salvare e stampare!):

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Fatto questo, è ora di iniziare il gioco.

Facciamo sedere i bambini e cerchiamo di creare una situazione di calma e concentrazione, spiegando poi l’attività: i bimbi dovranno stare fermissimi, anche mentre noi soffieremo le bolle. La regola è: non scoppiarle, non toccarle e non sfiorarle! Insomma, dovranno stare molto, molto fermi.

In primo luogo si lamenteranno, perché avranno super voglia di scoppiare quelle bolle! Ma basterà trasformare il gioco con questa frase: “Le bolle di sapone dovranno cadere sul pavimento senza che voi le abbiate toccate. Secondo me siete proprio capaci di stare fermi e di non scoppiarle!”.

Una delle prime reazioni? Rispondere alla sfida dicendovi che sì, sono capacissimi di resistere, di stare fermi e di non scoppiarle! E in effetti molto probabilmente non lo faranno, e staranno buonissimi e immobili per vincere il gioco.

Una volta terminata questa semplice attività sarà quindi ora di dialogare, come sempre. Dopo essersi complimentati per la loro bravura, basterà fare notare che sono stati in grado di controllarsi, di fermarsi nel momento in cui gli era stato chiesto di farlo e di non rompere una regola imposta.

Basterà poi dirgli questo segreto: quando saranno sopraffatti dalle emozioni, quando non riusciranno a fermarsi, quando si sentiranno euforici e sarà impossibile smettere di giocare, di urlare, di piangere o di correre, sarà sufficiente ripensare a quanto gli era riuscito facile il gioco delle bolle dell’autocontrollo!

Insomma: tutti siamo in grado di autocontrollarci. Basta esserne consapevoli e sapere quando e come mettere in pratica il nostro autocontrollo.

Giulia Mandrino 

Come creare una busy board per i bambini

Lunedì, 11 Settembre 2017 08:40

Photo credit: Flickr

“Busy board”: letteralmente, una “bacheca indaffarata”. Una bacheca per tenersi occupati. Una piccola parete per divertirsi.

Le busy board, semplicemente, sono delle bacheche (un po' come le sensory wall montessoriane) zeppe di elementi affascinanti per i bambini, di oggetti da toccare, da usare, da esplorare e da curiosare, creando storie, giochi e attività. Le busy board sono uno stimolo efficace e interessantissimo, e ci vuole davvero poco per realizzarle: solo un po’ di fantasia, manualità e oggetti di recupero che invece che essere gettati nel cassonetto possono trovare una nuova vita per i nostri bimbi.

Come creare una busy board per i bambini: come realizzare una bacheca per giocare e tenersi occupati, esplorando e curiosando gli oggetti quotidiani in maniera nuova

Noi genitori siamo sempre giustamente impegnati a trovare giocattoli belli, educativi e curiosi, che sappiano anche (male non fa!) tenere indaffarati, concentrati e occupati i nostri bambini. La buona notizia è che non c’è bisogno di entrare in un superstore di giocattoli per trovare qualcosa di questo genere. Tutto ciò che ci occorre è proprio davanti al nostro naso.

Ciò che dobbiamo procurarci sono semplicemente una bacheca in legno (anche di recupero: basta andare da un falegname e chiedere uno scarto di produzione), delle viti, un avvitatore e tutto ciò che abbiamo in casa e che non utilizziamo più. Ad esempio?

- Un vecchio telefono (ormai chi li usa più, con i cellulari che li hanno sostituiti?).

- Dei lucchetti

- Dei porta rotoli di carta igienica

- Delle maniglie

- Una calcolatrice malandata

- Dei piedini con rotelle

- Degli specchietti

- Vecchi interruttori

- Palline antistress

- Ciondoli (da inserire, per esempio, in una maniglia prima di fissarla alla bacheca, creando così dei manubri divertenti)

- Rotelle di vecchi mobili

- Vecchie tastiere di vecchi computer

- Lampadine a led

- Elastici per tapparelle (con la loro carrucola, per imparare anche ad usarle!)

Non c’è una regola. Semplicemente, selezioniamo ciò che troviamo in casa e che riteniamo sicuro, interessante e divertente per i bambini.

Dopodiché, prendiamo la nostra bacheca in legno e aiutandoci con le viti e l’avvitatore e un po’ di fantasia e manualità appendiamoci tutto.

Il risultato è sempre strepitoso, e mai uguale. Guardate ad esempio questa, con la carta igienica, le luci e anche una vecchia teglia utilizzata come base per appiccicare le calamite.

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(Huffington Post)

Qui, invece, troviamo anche delle zip, ottime perché stimolano la manualità (e queste sono davvero semplici da applicare, perché basta della colla liquida abbastanza forte).

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(Laughing Kids Learn)

Lo stesso discorso vale per i bottoni e i nastri, un’attività per i bambini divertente ma allo stesso tempo educativa e propedeutica alla manualità.

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(LM Shunk)

Se siamo super manuali, ecco una busy board davvero bellissima, solida e curiosa per i bambini, che ci permette di applicare molti più oggetti, triplicando quindi divertimento e concentrazione.

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(Pinterest)

Non diamo quindi limite alla fantasia e ogni volta che scoviamo in casa un vecchio oggetto senza più vita teniamolo da parte per completare la nostra busy board! Un’attività sostenibile, educativa, divertente e rilassante (per noi genitori che per un attimo possiamo dimenticarci dei bambini concentrati a studiare a fondo il loro nuovo gioco preferito!).

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(Etsy)

Giulia Mandrino

Sara

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Cecilia

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