La voglia di divertirsi e il relax totale, certo, ma anche qualche strumento che ci aiuti: ecco cosa portare in vacanza con i bambini. Perché quando le ferie sono organizzate e ordinate e quando con noi portiamo accessori che ci facilitano la vita, la vacanza si fa ancora più bella (e sicura).
Ecco quindi una selezione di strumenti e accessori imprescindibili per una vacanza in famiglia al top.
Innanzitutto, la crema solare, che abbia un fattore di protezione 50+ e che sia fatta apposta per i bambini. Perché? Perché sono fatte apposta per loro e per i loro movimenti, in modo da avere protezione anche in acqua e in modo da spalmare la crema in maniera comoda e veloce (ad esempio con la confezione spray).
Non dimentichiamo poi, se andiamo in automobile (o se la noleggiamo sul luogo), i dispositivi anti abbandono, fondamentali per la sicurezza dei bambini anche in vacanza.
Molto comodi, poi, sono le fasce portabebè o i marsupi portabebè, soprattutto se prevediamo di camminare, di fare escursioni e di spostarci molto a piedi mentre siamo nel luogo di villeggiatura. Rispetto al passeggino, infatti, sono molto meno ingombranti e più maneggevoli.
Utilissimo è poi un phon per bambini, soprattutto se andiamo in vacanza in montagna con i neonati: meglio non lasciare mai la testa bagnata per troppo tempo, rischiando otiti e malanni. Scegliamone quindi uno da viaggio, piccolo e compatto.
Altro consiglio è, con i bambini in fase di svezzamento, il thermos porta pappe. In questo modo potremo preparare i pasti al mattino, conservandoli caldi fino a sera ovunque andiamo. Stesso discorso per il biberon autoriscaldante, che ci toglie il problema del dover trovare qualcuno che ci riscaldi le bevande e il latte.
Per quanto riguarda l’igiene del bambino, portiamo con noi un piccolo beauty che contenga tutto il necessario: le salviette igienizzanti, la crema per il cambio, i pannolini e un gel detergente delicato.
Per i bambini che stanno passando la fase dello spannolinamento, bello e utile è il vasino biodoegradabile, da portare con sé ovunque si vada, in spiaggia o in montagna. Si tratta di un sacchetto di cartone dotato di sacchetto interno biodegradabile assorbente che, aperto, ricorda la forma del wc e che quando usato cattura anche gli odori. Pratico e leggero, ci sta nello zaino o in borsa.
Infine, portate con voi tante mussole, soprattutto con i neonati. Serviranno per asciugarli, per coprirli, per coprire la testa contro il sole, per avvolgerli, per pulirli… Le mussole sono uno strumento versatile e comodissimo in moltissime occasioni!
Dove trovare tutto questo? Nelle migliori farmacie, come Farmacia Igea (https://www.farmaciaigea.com/6-mamma-e-bimbi), sul cui sito internet possiamo non solo acquistare farmaci e strumenti igienici, ma anche giocattoli, peluche e tutto ciò di cui abbiamo bisogno per trascorrere le ferie con i bambini in sicurezza, comodità e relax.
Non solo il classico, semplice e intramontabile contorno delle manine che diventa base per altri disegni: le mani sono uno strumento favoloso non solo per disegnare (letteralmente!), ma per fare, creare, immaginare e realizzare moltissimi progetti d’arte!
Che il gioco con le mani abbia dunque inizio.
Il contorno delle mani diventa facilmente un volatile o un tacchino! Come? Semplicemente così.
https://cocopipi.com/2020/04/easy-drawing-youll-want-to-try-right-away/
In generale, le mani si prestano a diventare moltissimi animali, che possiamo poi organizzare in un alfabeto da appendere alle pareti.
https://www.thebestideasforkids.com/handprint-alphabet/
Questa tecnica serve invece per creare un disegno astratto che piace molto ai bambini, che potranno provare gli accostamenti di colori e colorare negli spazi (ma senza regole!).
http://www.pinkstripeysocks.com/2016/06/family-watercolor-hand-print-kid-art.html
Per gli amanti della pop art di Andy Warhol, un lavoretto-gioco per creare con le mani della famiglia un quadro in stile Marilyn. Prendiamo quattro fogli A5 colorati e accostiamoli creando un rettangolo, quindi ritagliamo da quattro fogli rosa (o dei colori che vogliamo) le nostre mani scontornate. Incolliamole nei quattro riquadri, quindi imprimiamo le impronte dei nostri palmi dipingendole con della tempera!
https://www.redtedart.com/handprint-pop-art-activity-andy-warhol/
Qui le mani servono per giocare, sentire e creare delle foglie autunnali sensoriali. Prendiamo un sacchetto ermetico e riempiamolo di colori a tempera (due o tre, caldi e autunnali come il rosso, il giallo, il marrone e l’arancione). Chiudiamolo ermeticamente e incolliamolo ad un foglio bianco. Sopra, incolliamo invece un foglio nero al centro del quale avremo ritagliato la forma di una foglia. I bambini “spalmeranno” i colori, ottenendo così il colore delle foglie.
https://kidscraftroom.com/mess-free-sensory-autumn-leaf-painting/
Per i bambini più grandi, anche alle elementari, ecco un trucco favoloso per disegnare le proprie mani in 3D, con un effetto strabiliante semplicemente usando dei pennarelli e un foglio di carta. E le proprie mani, naturalmente!
https://thewhoot.com/whoot-news/crafty-corner/3d-hand-art
Infine, ecco il lavoretto della mano di Fatima in ceramica che trovate qui, una bellissima creazione che può diventare regalo, ornamento o suppellettile!
Base perfetta per le nostre ricette vegan e per i nostri pasti veloci, il tofu ha un sapore basico che si presta a molte variazioni. Avete mai provarto ad aromatizzarlo? Il tofu aromatizzato è semplicemente il classico tofu lasciato marinare nei nostri ingredienti preferiti per qualche ora, ottenendo così un panetto (o dei cubetti) più saporiti da usare come contorno o come base per altre ricette.
In questo caso la ricetta è quella del tofu aromatizzato alle erbe, un classico sano e gustoso.
Io adoro i pomodori ripieni. Era una ricetta che da piccola non sopportavo, mentre oggi ne mangerei quintali. Soprattutto quando li preparo secondo questa ricetta: al posto del classico ripieno con pane grattugiato, utilizzo la quinoa e alcuni tra i miei ingredienti preferiti, come i pinoli. Il risultato sono dei pomodori ripieni di quinoa vegan saporiti, sostanziosi e irresistibili.
“È proprio un bambino intelligente”. “Chissà se sarà intelligente…”. “L’importante è che sia intelligente”. Ok, siamo d’accordo. Ma intelligente in che senso? Non esiste, infatti, un’intelligenza univoca, ed è lampante: c’è chi è bravo con le lingue, chi con la matematica, chi con la grammatica, chi è un genio della matita e chi della scultura, e, ancora, chi riesce bene in tutti gli sport.
E no, non è una supposizione, ma una vera e propria teoria portata avanti da Howard Gardner, psicologo americano secondo cui la differenziazione delle intelligenze è il primo passo per valorizzare i bambini. Perché non c’è una sola intelligenza, ma esistono intelligenze multiple, divise per categorie e valorizzabili in maniera diversa.
Perché ci piace questa teoria? Perché non parla meramente di intelligenza, ma abbraccia anche l’idea che ogni bambino è diverso, che ogni essere umano è diverso, e che è bene riconoscere, valorizzare e stimolare le tendenze naturali di ogni bambino.
Howard Gardner è uno psicologo statunitense che ha teorizzato le intelligenze multiple, ovvero il concetto secondo cui l’intelligenza non sia un valore misurabile in senso assoluto, ma che esistano diverse intelligenze, multiple appunto, in cui ognuno si può riconoscere. In altre parole, ogni bambino e ogni adulto impara attraverso canali diversi, e non solo attraverso quelli consueti, in base all’approccio che più gli si confà.
Inizialmente, Gardner ha individuato sette tipi di intelligenza:
l’intelligenza logica: quella a cui solitamente ci si riferisce parlando di “intelligenza”, ovvero quella attraverso cui viene misurato il Q.I., che prevede una forte capacità a ragionare per deduzioni, per logica e per immaginazione.
l’intelligenza linguistico/verbale: quella che caratterizza le persone brave a scrivere, parlare, giocare con le parole, comunicare…
l’intelligenza visiva e spaziale: l’essere abili ad immaginare spazi e concetti anche senza averli davanti, e che riesce semplice a coloro che sanno muoversi tra forme, linee e colori.
l’intelligenza musicale: tipica delle persone a cui riesce facile leggere la musica, i timbri, le pause, i suoni, il modo di parlare degli altri…
l’intelligenza intrapersonale: tipica di coloro che sanno riconoscere a fondo le proprie emozioni e la propria persona e che sanno ragionare su di esse inserendole nel contesto.
l’intelligenza interpersonale: quella di coloro che sanno capire benissimo gli altri, e che quindi hanno anche capacità da leader.
l’intelligenza cinestetica: grazie alla quale si capisce e percepisce perfettamente il proprio corpo, e grazie alla quale si sviluppa una forte coordinazione.
Successivamente, dagli anni Novanta Gardner ha individuato ancora altri tipi di intelligenza:
L’intelligenza naturalistica: chi riconosce benissimo e sa classificare gli oggetti naturali.
L’intelligenza filosofico-esistenziale: tipica di chi abbraccia le questioni riguardo all’esistenza.
Infine, Gardner nel 2007 ha stilato una nuova lista di intelligenze multiple, che non completa le precedenti ma piuttosto le sostituisce, riassumendole:
intelligenza disciplinare
intelligenza sintetica
intelligenza creativa
intelligenza rispettosa
intelligenza etica
Un bambino, o un adulto, può in teoria rientrare in tutti e nove i profili. Tendenzialmente, tuttavia, si è caratterizzati da una propria intelligenza specifica o da un mix di intelligenze.
Questo significa soprattutto che ognuno ha un proprio metodo per imparare, e che a volte non servono le classiche lezioni frontali, l’imparare a leggere attraverso l’alfabeto o il seguire un concetto su un libro.
Ogni intelligenza, infatti, ha propri strumenti prediletti per imparare. Chi è cinestetico impara attraverso il corpo, la memoria muscolare e l’esperienza diretta, così come attraverso la sensorialità tattile; chi è linguistico/verbale non fa per niente fatica sui libri; chi possiede intelligenza musicale troverà la sua mente stimolata attraverso la musica, le canzoni, le lezioni con uno strumento; e così via…
In altre parole? Seguendo Gardner, dovremmo cominciare a puntare su una scuola che sia maggiormente attenta ai bisogni del singolo e che sappia costruire in maniera sartoriale i piani di studio in maniera empatica e - conseguentemente - più efficace.
Se volete approfondire, qui trovate il suo libro “Formae Mentis. Saggio sulla pluralità dell’intelligenza”.
Conoscete Headu? Headu è un’azienda italiana che produce giochi da tavolo, carte, giocattoli e libri per bambini divertenti e allo stesso tempo educativi. Sì, davvero divertenti e davvero educativi (un connubio possibile, credetemi!). Negli ultimi giorni è uscito un nuovo gioco di società davvero particolare, che ci piace perché unisce il divertimento e l’educazione all’insegnamento delle buone pratiche anti-virus, che tornano buone tanto durante questa pandemia mondiale quanto ogni altro giorno! I virus mica vanno in vacanza, dopotutto.
“Scaccia il virus” è un gioco di cooperazione per bambini dai cinque ai dieci anni, nel quale vengono coinvolte osservazione, memoria e strategia. Un gioco molto divertente, quindi, che coinvolge i bambini, ma che non li mette uno contro l’altro. Non si tratta, infatti, di un gioco da tavolo classico nel quale ognuno è contro gli altri: qui l’obiettivo è proteggere la comunità dalle carte virus!
Headu ha quindi ideato questo gioco che stimola i bambini al bene comune (bisogna tenere alla propria e alla altrui sicurezza) e a cooperare per un obiettivo comune. Allo stesso tempo, il gioco stimola la memoria visiva e il problem solving e sprona i giocatori a rispettare le regole. Sono quindi coinvolte (e quindi stimolate) diverse competenze, da quella personale a quella spaziale, da quella logico-matematica a quelle linguistica, cinestetica e naturalistica. Questa casa editrice, infatti, sviluppa tutti i suoi giochi basandosi sulla teoria delle intelligenze multiple di Howard Gardner.
Come si gioca? I giocatori vanno da uno a quattro e suppergiù l’attività dura una trentina di minuti. Si comincia ricomponendo il puzzle da dodici pezzi che si trova nella scatola e che rappresenta i comportamenti corretti per evitare il contagio. Prima regola, quindi, è ricordare questi comportamenti!
Si prendono quindi le carte gioco su cui sono riportati gli stessi comportamenti (per due volte ognuno) e di cominciano a muovere i pedoni. Per vincere la sfida contro il virus bisognerà scoprire le dieci coppie di carte uguali, evitando le carte virus che insidiano la partita! Se infatti ne vengono scoperte tre, la partita termina e i giocatori dovranno andare in quarantena. Per evitarlo, basterà ricordare la posizione delle coppie evitando i virus, collaborando e suggerendo agli altri i buoni comportamenti.
Un gioco semplice ma efficace, che diverte i bambini e che allo stesso tempo inculca dolcemente in loro le buone pratiche contro il contagio, da ricordare tanto in partita quanto fuori casa. E dove si compra? Qui, ad esempio, oppure nei migliori negozi di giocattoli.
Su Ansa è proprio il dg e socio fondatore di Headu Franco Lisciani a spiegare com’è nato questo gioco di società contro il covid: “L'idea è nata durante il lockdown, quando tutti lamentavano l'assenza di una comunicazione mirata per i bambini sul covid. Per questo insieme al team di ricerca e sviluppo, abbiamo ideato questo gioco cooperativo di osservazione, memoria e strategia, dedicato alle buone pratiche per limitare i contagi. L'obiettivo è insegnare in modo divertente a cooperare e a rispettare le regole, argomenti essenziali per sviluppare le intelligenze personali e il concetto di cittadinanza”.
Il dibattito è aperto solo da qualche anno, perché se ultimamente molte neo mamme preferiscono non usarla, un tempo era la prassi. Parliamo della pancera post-gravidanza, una fascia contenitiva da utilizzare dopo il parto per qualche tempo.
Ma a cosa serve? Ed è davvero utile? Oppure è meglio lasciare che i muscoli riprendano la loro forma più naturalmente?
Innanzitutto, è bene chiarire una cosa: non c’è niente di male nella pancia dopo il parto! Non c’è niente di male nella pancia in generale, certo, ma dopo il parto ancora di più. Perché è normale e naturale. Detto questo, è altrettanto normale ed è un diritto di tutte non sentirsi completamente a proprio agio. Soprattutto quando la gente non si fa gli affaracci propri e ad ogni uscita ci si sente rivolgere la fatidica domanda. Esatto, proprio quella: “Ah, ma sei già in attesa del secondo?!”.
Molte donne, quindi, preferiscono usare la pancera proprio in questo caso, ovvero per uscire di casa sentendosi maggiormente a proprio agio. E non c’è nulla di male.
Qui, tuttavia, parleremo della funzione pratica della pancera (o panciera), e non di quella prettamente estetica e di confort. In altre parole: la pancera serve? Fa male o fa bene?
La pancera post parto va utilizzata nei giorni e nelle settimane successive al parto, quando i muscoli addominali sono ancora distesi e l’addome è gonfio. È normale, è fisiologico, e dopo qualche tempo la pancia tornerà suppergiù quella di prima della gravidanza.
Se tuttavia ci troviamo di fronte ad un problema di diastasi addominale (ovvero al problema della pancia che non se ne va, con l’addome sempre più rilassato e gonfio), in quel caso il problema è maggiore e più serio, ed è meglio rivolgersi ad un medico (e di certo non ad una pancera). Qui un articolo dedicato alla diastasi addominale dopo il parto.
Tornando quindi alla pancera, questa è uno strumento che ricorda una fascia o una mutanda e che avvolge completamente l’addome e la schiena, fin sopra l’ombelico, svolgendo una funzione di contenimento e modellante. Spesso la troviamo a compressione mirata, elastica al punto giusto, in modo da svolgere la famosa azione rimodellante. E andrebbe usata solo per qualche ora durante la giornata, e mai durante la notte.
Se fino a qualche tempo fa le ostetriche la consigliavano senza battere ciglio, ora le scuole di pensiero sono due. La prima è quella classica, che consiglia ancora la pancera come strumento utilissimo nella transizione verso la pancia di prima. La seconda, invece, ne sminuisce i benefici.
Me vediamo nel dettaglio i pro e i contro. I benefici della pantera sono di certo la capacità di aiutare la mamma a tenere una postura corretta nel dopo parto; sostenere i muscoli addominali e lombari che in gravidanza si sono rilassati; togliere un po’ di fatica; e, come dicevamo, dare sicurezza alla mamma in senso estetico.
Gli svantaggi, invece, sono i seguenti: la pancera da portare dopo la gravidanza aumenterebbe per alcuni il rischio di prolasso uterino e rettale e l’incontinenza, a causa della pressione; ostacolerebbe, poi, il ritorno dei muscoli addominali alla loro forma precedente, poiché non lascerebbe loro la possibilità di lavorare; e infine aumenterebbe il problema della ritenzione idrica.
Visti i pro e i contro, quindi, sta ad ogni mamma decidere se utilizzare o meno la pancera-fascia addominale nel post parto. Il consiglio è quello di utilizzarla solo in caso di necessità, come ad esempio per alleviare i dolori del cesareo o per togliere un po’ di fatica quando eccessiva, oppure per uscire senza pensieri estetici se non ci sentiamo di mostrare l’addome rilassato. In ogni caso, meglio non utilizzarla per troppo tempo durante la giornata né per troppe settimane dopo il parto!
Questi consigli non servono a fare guarire le fastidiose irritazioni che colpiscono spessissimo il sedere dei bambini. Servono, piuttosto, ad evitarle del tutto, prevenendole ed eliminandole alla radice.
La cura della pelle dei bambini e l’igiene intima infantile sono infatti importanti e delicate: meglio metterci un po’ di attenzione in più se vogliamo evitare dolorosi rossori, bolle e dermatiti che non se ne vanno. Come? Seguendo queste regole, che vanno dai gesti che compiamo durante il cambio e i lavaggi fino alla scelta dei pannolini.
Prima regola: non utilizzare detergenti troppo aggressivi durante il cambio e durante il lavaggio delle parti intime dei bambini. Meglio puntare su qualcosa di naturale e delicato, che rispetti la naturale fisiologia della pelle dei bambini, che è già programmata naturalmente per difendersi da sola! Aggressività significa infatti eliminazione delle naturali difese immunitarie, cosa che è meglio evitare.
Seconda regola: evitare di utilizzare la pasta protettiva se non sono in corso irritazioni. La pasta protettiva, infatti, è utilissima nel caso di rossore e dermatiti, ma diventa controproducente se il sederino sta bene, poiché crea una barriera umida non molto salutare.
La terza regola riguarda i pannolini. La scelta deve ricadere su quelli più comodi per noi, ma soprattutto su quelli meno irritanti, e cioè quelli privi di lozioni e profumi (come ad esempio i pannolini Lillydoo - che in questo periodo troviamo anche con le nuove fantasie in edizione limitata Out of This World - che oltre ad essere privi di profumazioni e creme sono comodissimi perché acquistabili in un conveniente abbonamento). Le lozioni e i profumi aggiunti nel tessuto, infatti, sono piacevoli, certo, ma possono provocare inutili irritazioni, soprattutto sui sederini con la pelle più sensibile.
Quarta regola? La regola del MENO. Ovvero MENO lavaggi (lavare troppo le parti intime dei bambini toglie il naturale film lipidico protettivo!), MENO detergenti (solo in caso di pupù: con la pipì basta l’acqua corrente) e MENO asciugamani. Se possibile, lasciamo asciugare il sedere del bambino all’aria aperta; in inverno, invece, scegliamo panni in cotone non ruvidi, per evitare di provocare micro-taglietti fastidiosi e difficili.
Quinta regola è assicurarsi che il sedere sia molto ben asciutto prima di rimettere il pannolino, anche tra le pieghe. Se rimane, infatti, dell’umidità - anche minima! - il rischio è quello di creare un ambiente perfetto per i batteri, che ci sguazzeranno e si moltiplicheranno con piacere, provocando così i problemi cutanei tipici dei sederi dei bambini.
Infine, via libera al bagnetto con amido di riso puro, che sciolto nell’acqua lenisce, dà sollievo e ristabilisce la funzionalità della pelle e contrasta le irritazioni, i taglietti e tutte le fastidiose situazioni che potrebbero verificarsi.
Si può uscire, ci si può incontrare, ma il distanziamento sociale rimane ancora (e rimarrà per un po’) il primo strumento di prevenzione. Ecco perché dobbiamo cercare di fare attenzione. E se proprio non vogliamo vietare ai bambini di vedere i loro amichetti, possiamo far sì che i giochi in cui si impegnano siano almeno a prova di distanziamento sociale.
Ecco quindi alcune idee di gioco sicuro a prova di distanziamento sociale, per prevenire il coronavirus senza per questo chiudersi in casa. La regola principale? Che siano giochi e attività che consentano di stare ad un metro di distanza! Proprio come nei centri estivi che stanno via via riaprendo.
Il classico dei classici, non ha età e non passa mai di moda. Basta che i bambini si nascondano da soli e non in gruppo e il gioco (anti-covid!) è fatto.
Si chiama così, oppure “L’orologio di Pierino fa tic tac”, o ancora “Belle statuine”. Il concetto è lo stesso: un bambino “conta” e gli altri, distanziati, si avvicinano, congelandosi come statue quando il bambino che conta si gira verso di loro. Vince chi non si fa beccare a muoversi.
Tra i giochi da cortile che stanno scomparendo (qui il nostro articolo) c’è campana, da svolgere insieme ma uno alla volta, ognuno con il suo sassolino!
Tradizionale e forse dimenticata, ma sempre super divertente, è la corsa con i sacchi di iuta, da fare su un prato morbido!
Possiamo preparare prima delle corse ad ostacoli, con buche, piscinette, tronchi, pneumatici… I bambini dovranno correre uno alla volta, facendo il tempo migliore.
In questo caso, non a squadre ma individualmente.
Con ciò che abbiamo in casa possiamo organizzare un bowling: i birilli potranno essere delle bottiglie di plastica vuote (così le ricicliamo anche!), oppure delle scatole appoggiate verticalmente, e la palla potrà essere una qualsiasi palla leggera.
Una lavagna e tanta fantasia per scovare le parole più difficili da fare indovinare agli altri! Un esempio? A------------O. Cos’è? “Australopiteco”!
Un gioco in scatola dove ognuno tocca solo le sue pedine!
Perché solo in spiaggia? I racchettoni sono divertenti anche in giardino!
Nell’ultimo periodo, complice anche l’esperienza traumatica del covid-19, si legge e si sente palare molto di Outdoor Education.
Si tratta di un approccio educativo basato su una metodologia attiva che prevede la centralità dei bambini, in natura.
Si fa riferimento ad un processo di apprendimento libero e spontaneo, partendo dall’esplorazione, dalla libera scoperta dell’ambiente.
Il pensiero filosofico e pedagogico è quello di John Dewey e del suo principio del “Learning by Doing”, cioè “imparare facendo”.
La natura dona libertà, accetta i tempi di tutti e ci invita al rispetto.
Quante cose si possono fare e scoprire all’aperto?
Possiamo toccare, guadare, conoscere con l’olfatto, l’udito ed il gusto, vi sembra poco?
Avete provato mai a vivere queste esperienze insieme ai vostri figli?
I nostri sensi stimolati di continuo, ci permettono di vivere un’esperienza fortemente arricchente ed educativa.
L’outdoor education si pone nella direzione di portarci a riscoprire il valore del tempo e della lentezza con uno sguardo sereno e non giudicante.
Il bambino entra in contatto con la natura, si sofferma, osserva, sperimenta spontaneamente e così facendo esprime il proprio potenziale ed apprende.
Le attività outdoor possono essere più o meno strutturate, si va dalla danza sotto la pioggia all’orto in cassetta, dal gioco libero nel bosco alla creazione di mangiatoie per uccelli.
L’adulto, genitore o educatore, dove si colloca in questa esperienza?
Accanto.
È presente, ma non necessariamente interviene.
Mette a disposizione materiali, ma non necessariamente ne obbliga o mostra l’utilizzo.
Possiamo fidarci dei bambini e delle potenzialità della natura.
Allestite in giardino un angolo con cucina e tavolo in legno, che potete realizzare o far realizzare con pallet.
Mettete a disposizione mestoli e pentolame vero.
Siete pronti ad assaggiare tisane alle erbe, zuppe di fiori e torte di fango?
Attività molto amata dai bambini e di facile realizzazione.
Occorrente:
Una cassetta in plastica o legno
Un telo di contenimento
Una paletta
Annaffiatoio
Terriccio
Semi o bulbi
Facoltativo: pennarelli e cartellini per scrivere il tipo di seme o bulbo
Procedura:
Inserite il telo scelto, all’interno della cassetta, poi la terra e infine create lo spazio perpiantare i semi che ricoprirete con un sottile strato di terriccio.
Suggerimento: in base all’età dei bambini, proponete anche la lettura di semplici libri a tema e la creazione di un calendario per la cura delle piantine.
Procuratevi dei grossi fogli resistenti, forateli, applicate dei salvabuchi se necessario e appendeteli con dello spago ai rami degli alberi.
Fate attenzione a collocare i fogli in modo che siano ad altezza bambino.
Mettete a disposizione pennelli, tempere o colori naturali in vasetti di vetro o tavolozze (potete realizzare i colori naturali con lo yogurt e del colorante alimentare e le spezie).
Possibile aggunta: potete appendere ai rami anche foto di elementi naturali per proporre riproduzioni dal vero.
Raccogliete campioni di foglie, erbe e fiori.
Confrontate il materiale raccolto, osservando immagini precedentemente stampate o sfogliando dei libri.
Se i bambini sono in età scolare potete fare una ricerca più dettagliata e realizzare delle schede di classificazione.
E’ possibile realizzare il vostro erbario su un pannello di legno, fissando il materiale raccolto con dello spago e delle mollette oppure su un cartoncino resistente utilizzando dei fili di lana da intrecciare come un telaio.
Se preferite creare un libricino, fate seccare il vostro campione, tenendolo sotto dei pesi per almeno dieci giorni.
Mettete a disposizione dei bambini, materiale naturale di diverso tipo, le cosiddette “parti sciolte”: legnetti, trucioli, folgie, fiori, sassi e sassolini.
Vi consiglio di allestire lo spazio, disponendo i materiali su un grosso telo monocromatico sull’erba o su un tavolo.
Suggerimento: proponete i materiali suddivisi in categorie, magari in contenitori separate.
Buon divertimento!
Acanfora Giuseppina
Dott.ssa in scienze dell’educazione e della formazione, educatrice perinatale