Questi che troverai qui sotto sono consigli utili soprattutto per le neomamme, ma che certamente saranno apprezzati e sfruttabili anche a chi è al secondo o terzo figlio. Naturalmente, si tratta di consigli per chi ha partorito o per chi ha adottato un neonato nei primi giorni di vita, e non alle famiglie che trascorrono la prima settimana con un bambino o una bambina già più grandicelli: in quel caso, i consigli possono essere diversi e ad hoc, anche se la stanchezza può essere comparata! I neonati e i bebè, infatti, hanno ritmi tutti loro che sconvologono moltissimo le giornate.

Ecco quindi qualche consiglio spassionato per godersi al meglio la prima settimana a casa con il bebè, suggerimenti utili per vivere al meglio un periodo stravolgente senza lasciarsi sopraffare.

Evita le faccende superflue

Quando arriva un bebè in casa, questa pare soccombere al caos! È vero, ma è anche vero che non sta a te preoccupartene. Quando torni dall'ospedale, è bene che ti concentri sul neonato che è entrato con te dalla porta, seguendo i suoi ritmi e cercando di godere a tua volta di questo periodo strano e unico.

Non preoccuparti quindi troppo della casa, accetta qualche aiuto esterno (se c'è) e rilassati per un attimo. Il tempo di trovare una nuova routine ci sarà, ma per ora è giusto che tu stia tranquilla, e che il bebè ti goda nella rilassatezza reciproca.

Dormi quando lui/lei dorme

Un consiglio che probabilmente avrai già sentito e che è estremamente valido: la privazione del sonno è problema comune con i neonati, perché hanno orari diversissimi dai nostri e cicli sonno veglia più corti e frequenti. Invece di cercare di dormire solo di notte, approfitta anche dei pisolini del bebè e riposati.

Svuota il freezer

Insieme al tuo compagno o alla tua compagna, adagiati per un po' sugli allori e questa settimana provate a fare il meno possibile. Un consiglio è quello di cucinare tutto ciò che avete preparato prima della nascita: lasagne vegetariane, melanzane alla parmigiana, vellutate, polpette... Congelando tutto, avrete pasti pronti e semplici - ma caldi e casalinghi! - per tutta la settimana.

Affidati ad un/una professionista dell'allattamento

Se stai pensando di allattare al seno, probabilmente in ospedale hai già cominciato a farlo, ma possono volerci giorni - se non settimane! - per trovare il giusto equilibrio e riuscire a farlo al meglio, senza dolore e con le giuste modalità. La prima settimana a casa può quindi essere l'occasione giusta per cominciare subito ad allattare bene, affidandoti a specialisti dei consultori locali o suggeriti dall'ospedale, che organizzano visite individuali o corsi in presenza a seconda di ciò che hai bisogno.

Chiedi aiuto senza timore

La nostra società addossa sulle spalle delle mamme un sacco di responsabilità e di aspettative onestamente inconcepibili. Non sei una supereroina e non sei un fallimento se trovi tutto difficile e faticoso: lo è! Non tenerti quindi tutto dentro ma chiedi aiuto sia fisicamente per le faccende, se ne hai bisogno, sia mentalmente. La tua vita è stata stravolta, gli ormoni sono scombussolati, e potresti adorare fin da subito la nuova quotidianità quanto odiarla. Nessuna madre è uguale ad un'altra, per quanto la cultura ci voglia fare credere che esistano una mamma perfetta e un modo di essere madri legittimo.

Determinati accorgimenti permettono non solo a se stessi ma anche alla propria famiglia di beneficiare di una tutela in grado di dare un sostegno persino quando le condizioni avverse mettono in serio pericolo l’incolumità dei componenti del nucleo in questione. Questa prevenzione, pur avendo molte varianti, tiene conto soprattutto di una situazione capace di colpire pesantemente quella che è, magari, la principale fonte di reddito di una famiglia portandola ad una situazione di disagio a dir poco sconfortante – se non addirittura nociva e deleteria su più fronti. Perciò, con una polizza vita mista si ha la chance di rimediare a ciò attingendo da un corrispettivo economico teso a fornire un aiuto concreto a chi ne ha bisogno in quel preciso momento.

I punti chiave di una polizza vita mista

Una polizza vita mista si focalizza su innumerevoli servizi e vantaggi perfetti per proteggere i propri cari qualora le cose inizino a girare per il verso sbagliato. Perciò, un’assicurazione sulla vita è quanto di meglio ci possa essere per quelle famiglie con figli o genitori anziani a carico o che hanno sottoscritto un mutuo per l’acquisto integrale dell’immobile in cui si risiede. Proteggere i familiari da una circostanza negativa può essere, a conti fatti, una scelta quasi obbligata per quei nuclei che possono contare, indiscutibilmente, su un’unica fonte di guadagno; in aggiunta a ciò, non vanno escluse quelle situazioni caratterizzate da entrate provenienti da diverse fonti ma che servono, per un motivo o per un altro, al sostentamento di genitori anziani o figli piccoli bisognosi di ogni sostegno possibile.

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Quindi, sottoscrivere un’assicurazione vita per il capofamiglia o per entrambi i coniugi può essere un’iniziativa oculata poiché, in caso di morte prematura, ci sarà sicuramente un aiuto economico in grado di dare il supporto necessario per affrontare determinate esigenze, primarie o secondarie che siano. 

Alcune alternative concrete per una polizza vita mista

Per quanto riguarda le varie alternative percorribili con una polizza vita mista, si può avere a che fare con un novero di scelte in grado di soddisfare ogni genere di eventualità. Se delle persone hanno contratto un grosso debito la cui estinzione richiede tempi estremamente lunghi, la copertura ideale è la temporanea caso morte, dove il capitale da assicurare e la durata del contratto si calcolano in base alla cifra da restituire all’istituto creditizio.

Per i lavoratori dipendenti, sebbene ci sia già nella maggior parte dei casi una polizza convenzionata con il proprio datore di lavoro, questa non garantisce capitali elevati e si allinea, essenzialmente, ad un novero di benefit aziendali. Quindi, visto e considerato che non rappresentano un sostegno finanziario adeguato, queste polizze non seguono gli eventuali cambi di lavoro o di professione del diretto interessato. Perciò, è opportuno valutare una soluzione ad hoc come una polizza vita aggiuntiva dotata di maggiori garanzie e rendite.

In merito alle casalinghe, si consiglia quasi sempre di tutelarsi con una polizza vita ad hoc. Questa considerazione poggia su un dato di fatto che non tutti enfatizzano come dovrebbero poiché in caso di dipartita di un componente familiare che si occupa delle faccende domestiche, verrebbe a mancare un riferimento prezioso per la crescita dell’intera famiglia. Quindi, al di là dell’aspetto retributivo, la centralità di queste attività va difesa e protetta con una copertura che eviti, così, altri interventi ben più onerosi. Per esempio, gli aiuti esterni o l’intervento di personale addetto alla pulizia degli ambienti e alla cura degli spazi domestici sono una sorta di investimento che una famiglia, nel pieno del suo dolore, risentirebbe in maniera esponenziale pregiudicando anche quella che dovrà essere la naturale prosecuzione della propria vita.

Una delle cose che si augura ai propri figli e alle proprie figlie è avere successo nella vita. La speranza è che, al di là degli aspetti economici, da adulti possano avere una vita soddisfacente e piena, facendo ciò che davvero desiderano ed essendo ciò chi sono davvero, nel profondo. Questi aspetti, infatti, sono una base importante per una vita felice, e la felicità è, credo concordiate, tra le fortune che auguriamo con più convinzione ai nostri bambini e bambine.

Avere successo nella vita richiede però impegno: le fortune arrivano, ma bisogna anche essere in grado di coglierle, riconoscendole e mettendole a frutto, mettendoci se stessi e impegnandosi davvero. Perché la vita è piena di sfide, e saperle affrontare è decisivo per un'esistenza serena, armoniosa e piena. Alcune competenze più di altre aiutano in questo: ma quali sono?

Secondo Harvard non contano i voti, ma le skill

A stilare una breve lista delle competenze più importanti per avere successo nella vita ci ha pensato il Center on the Developing Child di Harvard, la prestigiosa università statunitense. Gli studiosi e le studiose sono infatti convinti che il successo nella vita non dipenda tanto dai voti e dai raggiungimenti scolastici, ma soprattutto dal ventaglio di competenze che ognuno si costruisce durante l'infanzia, da poter sfruttare nel corso della vita adulta e mentre si cresce.

Si tratta, essenzialmente, di competenze funzionali ed esecutive, come le definiscono, ovvero competenze concrete che permettono di affrontare al meglio le situazioni più disparate della quotidianità, privata e lavorativa. Sviluppando queste skill, quindi, i bambini e le bambine possono avere delle possibilità in più per diventare adulti capaci di destreggiarsi tanto sul lavoro quanto nelle relazioni sociali.

La lista di competenze da trasmettere ai bambini e alle bambine

Ecco dunque le competenze a cui secondo i ricercatori di Harvard dovremmo allenare i nostri figli e le nostre figlie fin da piccoli, equipaggiandoli così per una vita di successi:

- Pianificazione, per avere bene in mente gli obiettivi ed essere capaci di stilare una strategia concreta

- Concentrazione, per sapere di volta in volta su cosa è meglio porre il proprio focus

- Autocontrollo, per conoscere meglio le proprie emozioni e viverle al meglio senza lasciarsi sopraffare nei momenti in cui sembra più difficile

- Consapevolezza, per riconoscere l'altro e se stessi rispettando tutti, ma avendo ben chiare anche le situazioni esterne

- Flessibilità, per sapersi adattare alle situazioni e alla vita, che è in costante mutamento.

Come trasmettere queste skill fin da piccoli

Come fare, quindi, per trasmettere questi valori e insegnare le competenze ai bambini e alle bambine fin da quanto sono piccoli? Secondo gli studiosi è infatti importante cominciare a fornire il giusto bagaglio di skill fin dalla prima infanzia, ovvero fra i 3 e i 5 anni, calcando la mano anche durante l'adolescenza e la prima età adulta (fra i 13 e i 26 anni). Sono infatti questi i periodi più delicati, "finestre" durante le quali gli insegnamenti possono davvero fare la differenza.

Prima di tutto con l'esempio. Ma, soprattutto, proponendo giochi e attività particolarmente stimolanti da questi punti di vista. 

Ad esempio: per quanto riguarda la concentrazione, possiamo insegnare il cucito e il ricamo.

Per insegnare il valore della pianificazione, possiamo impegnarci a giocare ai giochi di società con i bambini, in modo da stimolare sia la logica, sia la pianificazione. Possiamo poi creare delle tabelle di marcia per le faccende domestiche, per mostrare come la pianificazione sia utile per una vita ordinata, coordinata e serena, dove ognuno ha le proprie responsabilità.

L'autocontrollo? Quello lo si insegna ogni giorno, evitando di soffocare le emozioni dei bambini ma spronando a parlare di ciò che hanno dentro e delle sensazioni che percepiscono in determinate situazioni, provando a navigarle sempre meglio.

 

Chi pensa che gli inestetismi del viso come acne e punti neri riguardino solo le pelli più giovani si sbaglia. Anche le pelli più mature possono presentare queste imperfezioni, che con pazienza e attenzione possono essere facilmente prevenute. Di seguito verranno riportati dei consigli utili per evitare la formazione di inestetismi sul viso e suggerimenti validi per portare rimedio ai danni già presenti.

Consigli utili per combattere gli inestetismi del viso

Il primo passo da compiere per prevenire e combattere i brufoli senza lasciare cicatrici sulla pelle è sicuramente quello di evitare di spremere i brufoli, anche se la tentazione in caso di pus potrebbe essere molto forte. Questa abitudine, infatti, è comune in tantissime persone, ma se eseguita con mani sporche o strumenti non igienizzati può causare l’aggravarsi dell’infezione già in corso. Altro suggerimento è quello di optare per prodotti cosmetici delicati, utili non solo a idratare la pelle ma anche a purificarla.

Ottimi, ad esempio, i detergenti viso per pelle acneica nel caso di pelle impura. Se non si è esperti in materia è possibile richiedere l’aiuto di un dermatologo, in modo che la propria skincare sia studiata e personalizzata ad hoc. In base alla gravità degli inestetismi presenti in volto lo specialista potrebbe addirittura consigliare l’assunzione di integratori alimentari, non a caso la salute della pelle passa anche dalla tavola. Merendine, pizzette e fritti sono da evitare, esattamente come i cibi ad alto indice glicemico, poiché possibili incentivanti dei sintomi dell’acne.

Per l’eliminazione dei punti neri invece è altamente consigliato provvedere a costanti pulizie del viso possibilmente professionali, almeno ogni due mesi.

Giornalmente è opportuno inoltre utilizzare prodotti appositi, come esfolianti viso e cosmetici privi di silicone, nei cui inci non devono comparire i seguenti suffissi: -thicone, -xiloxane e -silanoil. Altra buona abitudine da seguire per aiutare la pelle a rimanere sempre sana e bella è quella di togliere accuratamente il trucco ogni sera, prima di andare a dormire, utilizzando latte detergente e tonico e mai le salviette umidificate.

Rimedi naturali anti-impurità

Prevenire o eliminare i punti neri è un ottimo modo non solo per curare l’aspetto della pelle ma anche per evitare che sfocino in infezioni, fino a creare casi di acne profonda.

Esistono dei metodi naturali per farlo, come ad esempio le maschere di argilla purificante (verde o bianca), facilmente reperibile in commercio sottoforma di polvere, da miscelare insieme al succo di limone e da lasciare agire sul viso per 15-20 minuti. In questo modo i comedoni verranno rimossi e molti altri saranno ammorbiditi in maniera tale da facilitarne la rimozione. Altra idea per eliminare buona parte dei punti neri su naso e viso è fare scrub a base di miele, zucchero di canna e limone, creando un composto da massaggiare per qualche minuto e da risciacquare delicatamente.

Ecco, quindi, che i consigli appena riportati sono perfetti per qualsiasi tipo di persona, da chi ha una pelle giovane ed elastica, fino a chi presenta un derma con qualche segno del tempo ma ugualmente bisognoso di essere purificato.

Non riguarda solo le puerpere, ma in realtà quando si parla di mastite ci si riferisce nella maggior parte dei casi proprio ad un disturbo dell'allattamento, dal momento che questo gesto aumenta il rischio: la mastite è infatti un'infezione acuta che riguarda il seno e che spesso compare nei primi mesi dell'allattamento. Riconoscerla è importante, così come è importante rivolgersi subito ad un medico.

Ecco quindi tutto ciò che c'è da sapere riguardo alla mastite, per capire quali siano i sintomi e intervenire tempestivamente. Anche perché, oltre ai rischi, la mastite è davvero fastidiosa e provoca dolore!

La mastite: cos'è?

La mastite (e in questo caso ci riferiamo alla mastite acuta puerperale) è un'infiammazione che colpisce la ghiandola mammaria e che si manifesta in varie forme, acute o croniche. Durante l'allattamento l'infezione è acuta (e non cronica) e insorge a causa delle sollecitazioni eccezionali che le mammelle subiscono durante il primo periodo (non essendo abituate). Tendenzialmente si manifesta in maniera monolaterale, ovvero prende solo una mammella, ma non è detto che non riguardi entrambi i seni.

Le cause sono diverse. In alcuni casi, l'infezione arriva da piccole lesioni e ragadi del capezzolo che favoriscono l'ingresso di germi e batteri nella mammella, tramite la suzione del neonato; in altri, il motivo è un ingorgo mammario, ovvero un blocco della mammella che non riesce a svuotarsi completamente a causa dell'ostruzione di alcuni dotti galattofori. In questo caso, a provocare l'infiammazione è il ristagno di latte con conseguenti batteri.

Anche la cattiva igiene può provocare la mastite, così come la semplice dilatazione dei dotti galattofori, che durante l'allattamento si allargano lasciando defluire il latte ma, al contempo, diventando "ingresso" per i batteri.

I sintomi della mastite

Quando ci si trova di fronte alla mastite i segnali sono particolarmente riconoscibili, perché provoca molto fastidio e dolore. Innanzitutto, quindi, la mastite si manifesta con dolore durante l'allattamento. Di solito la mastite, come detto, colpisce solo un seno, quindi quando il dolore è unilaterale è segno di possibile mastite.

Il seno, poi, si presenta visibilmente diverso, con una zona calda striata di rosso, che tende anche ad indurirsi.

In alcuni casi la mastite provoca febbre, anche sopra i 38,5 gradi.

Infine, potrebbe manifestarsi con sintomi che ricordano quelli dell'influenza, con dolori, acciacchi, febbre e stanchezza.

Mastite: cosa fare

La prima cosa è naturalmente contattare il proprio medico o la propria medica curante, che dopo un'attenta visita saprà definire se ci si trova di fronte alla mastite o ad altro. Anche la terapia sarà indicata dallo stesso medico o dall'ostetrica che ha in cura la puerpera.

Ci sono però anche alcuni metodi naturali per affidarsi per alleviare il fastidio della mastite, come ad esempio gli impacchi di argilla ventilata, disinfiammante. Sempre, però, da eseguire sotto consiglio del medico e in abbinamento alla terapia più adatta!

In generale, comunque, è sempre meglio prevenire che curare, e per questo motivo il consiglio è quello di rivolgersi ad un esperto o esperta dell'allattamento sin dai primi giori, in modo da imparare quali siano gli attacchi corretti e le abitudini più efficaci per la prevenzione della mastite, come le poppate regolari, gli svuotamenti manuali, l'igiene corretta e i tessuti migliori per il seno in questo periodo particolare.

 

Mamma Pret a Porter non è una testata medica e le informazioni fornite hanno scopo puramente informativo e sono di natura generale, esse non possono sostituire in alcun modo le prescrizioni di un medico o di un pediatra (ovvero un soggetto abilitato legalmente alla professione), o, nei casi specifici, di altri operatori sanitari (odontoiatri, infermieri, psicologi, farmacisti, fisioterapisti, ecc.) abilitati a norma di legge. Le nozioni sulle posologie, le procedure mediche e le descrizione dei prodotti presenti in questo sito hanno un fine illustrativo e non devono essere considerate come consiglio medico o legale.

Balbuzie: combattiamo gli stereotipi

Lunedì, 25 Ottobre 2021 08:29

Di balbuzie soffre circa l'1% della popolazione, eppure ancora adesso balbettare viene percepito come qualcosa di negativo, da stereotipare, ridicolizzare e deridere. Affrontare la balbuzie tuttavia è oggi possibile e chi ne soffre può trovare il proprio modo di comunicare, affidandosi a specialisti e centri dedicati (oppure no: non tutti affrontano il percorso di riabilitazione e come sempre tutto è lasciato alla sensibilità del soggetto!).

Il 22 ottobre di ogni anno si dedica la giornata alla divulgazione riguardo a questo tema: anche noi vogliamo dare il nostro contributo per combattere gli stereotipi legati alla balbuzie, spiegando bene di cosa si tratta e mostrando i metodi e i percorsi ai quali ci si può affidare sin dall'infanzia per gestire al meglio questo disturbo che putroppo è ancora motivo di discriminazione, tanto a scuola quanto in età adulta.

Cos'è la balbuzie

La balbuzie è un disturbo del linguaggio detto anche balbettamento, dislalia, disfemia o disartria funzionale: chi ne è affetto fatica ad articolare le parole e di conseguenza si esprime in maniera meno fluida e incappando spesso in ripetizioni di sillabe, con involontari allungamenti di parole, saltelli o interruzioni del flusso del discorso.

In generale si possono distinguere tre diversi tipi di balbuzie. Prima di tutto c'è quella evolutiva, che si manifesta nella prima infanzia; c'è poi quella neurogena, che compare in età adulta in seguito ad alterazioni cerebrali; e infine c'è quella psicogena, che fa la sua comparsa in seguito ad alterazioni della sfera psichica.

Non c'è naturalmente un motivo uguale ad un altro, quando parliamo di cause, ma la balbuzie può essere inquadrata come in un'incertezza ed esitazione nel linguaggio. Se il 99% delle persone, infatti, quando parla non pensa al modo in cui vengono pronunciate le parole, venendone attratta o distratta, la popolazione che soffre di balbuzie inciampa spesso nelle parole proprio perché si concentra in maniera diversa e più pregnante sul linguaggio. 

Allo stesso modo, non c'è una balbuzie uguale ad un'altra, ma si possono distinguere alcuni disturbi ricorrenti: la ripetizione di sillabe e suoni, i prolungamenti di certi suoni, le disritmie (interruzioni), blocchi, tensione fisica nella pronuncia, esitazioni...

I metodi per affrontare la balbuzie: la riabilitazione

Sono diversi i metodi riabilitativi per i bambini e le persone che vogliano affrontare il disturbo risolvendolo. Uno di questi si chiama Metodo MRM-S (Muscarà Rehabilitation Method for Stuttering). Si tratta di un metodo per il trattamento della balbuzie elaborato dal centro medico Vivavoce che non agisce direttamente sulla voce (e quindi sulla modifica dei suoni come escamotage ai blocchi alla base della balbuzie), ma sul controllo motorio di tutte le parti legate alla fonazione (lingua, labbra, diaframma), modificando permanentemente un comportamento attraverso la pratica e l'esperienza.

Esistono poi alcune associazioni, come l'Associazione Vivavoce, il cui obiettivo - oltre alla sensibilizzazione - è supportare alunni, genitori e docenti per capire meglio a cosa ci si trova di fronte, affrontando il disturbo attraverso percorsi di riabilitazione, di gestione dello stress derivante dalla balbuzie e addirittura prevenendolo.

Altra attività molto consigliata è poi il teatro: i corsi di recitazione e l'approccio al palcoscenico sono per molte persone balbuzienti un metodo validissimo per imparare a gestire meglio tanto la voce quanto lo stress e l'ansia che derivano dallo sforzo di parlare di fronte ad altri (non solo ad un pubblico ampio, ma anche con singoli interlocutori).

Balbuzienti noti

Balbuzienti famosi? Ce ne sono a decine e possono diventare un esempio e un'ispirazione per chi soffre di questo disturbo del linguaggio. A partire da Giulio Cesare fino ad arrivare a re Giorgio VI, padre di Elisabetta protagonista del film "Il discorso del re". Anche Paolo Bonolis è balbuziente, così come lo sono Joe Biden e Bruce Willis, Vinicio Marchioni ed Emily Blunt.

Rosa e vegana, ma anche gustosa e irresistibile: questa maionese di barbabietola è bellissima da vedere e questo ha due vantaggi. Vi fa fare un figurone con gli ospiti, ed è anche un buon modo per fare mangiare questo ortaggio benefico ai bambini e alle bambine. 

Come sempre, quella che vi propongo è una ricetta sfiziosa ma semplicissima da preparare, per proporre piatti diversi e healthy in famiglia spaziando tra gli ingredienti che la natura ci regala.

La maionese di barbabietola, rosa e deliziosa: la ricetta della maio veg rosa

 

La risposta alla domanda nel titolo è "no", ma non è così semplice. Facciamo un passo indietro.

Ricordate quel libro che parlava della frutta e della verdura per fare capire ai bambini che i frutti e gli ortaggi non nascono sugli scaffali del supermercato? Nasceva dal fatto che i bambini e le bambine d'oggi non passano abbastanza tempo nella natura da capire immediatamente che banane, noci, lattuga e mele arrivano dagli alberi e dalla terra.

Per lo stesso motivo, i bambini non sanno di stare mangiando degli animali nel momento in cui si trovano nel piatto della carne. Ma questa potrebbe essere una buona notizia se presa dal punto di vista della sostenibilità e dell'ecologia. Perché? Ecco lo studio che spiega meglio questa correlazione.

Carne e bambini: se sapessero che si tratta di animali, la mangerebbero? No, ma è una buona notizia per l'ambiente

Si tratta di una ricerca recentemente pubblicata sul Journal of Environmental PsichologyChildren are unsuspecting meat eaters: An opportunity to address climate change, ovvero I bambini mangiano la carne senza sospettare nulla: un'opportunità per affrontare il cambiamento climatico. Tutto parte da una considerazione, ovvero dal fatto che i bambini non sono attendibili quando si tratta di riconoscere l'origine del cibo che si trovano nel piatto. Non lo sanno fare con le verdure e tanto meno con la carne. Il 41% dei bambini e delle bambine intervistati (ragazzini statunitensi tra i 4 i 7 anni), ad esempio, è convinto che il bacon cresca su una pianta.

Quando è stato chiesto loro se gli animali fossero fonti di cibo appropriate, hanno risposto di no. Allo stesso modo, si sono detti contrari a mangiare polli, mucche e maiali.

Visti questi presupposti, le conseguenze sono due: i bambini e le bambine prima di tutto hanno bisogno di un'educazione alimentare più efficace. Non è giusto che non conoscano la provenienza del cibo che arriva in tavola. Ma allo stesso tempo per i ricercatori questa potrebbe rivelarsi un'opportunità per far fronte al cambiamento climatico in maniera positiva. Come mai?

Come ormai sappiamo, la dieta vegetariana è la più sostenibile. Mangiare carne causa un'impronta ambientale davvero molto pesante, a causa degli allevamenti intensivi e per colpa delle modalità di produzione.

Se i bambini conoscessero meglio le origini dei cibi (non solo della carne, ma anche degli alimenti a base di derivati animali) potremmo costruire una nuova consapevolezza e magari dare una spinta in più alla riduzione del consumo di carne e di derivati animali. 

Un po' come con il riciclo: la raccolta differenziata in Italia ha visto un'accellerazione quando è entrata nelle case di tutto il Paese attraverso la scuola, quando negli anni Novanta si cominciò a diffondere la cultura del riciclo. Tutto scaturì da una consapevolezza scientifica, ma furono i bambini a dare il boost, spingendo i genitori ad impegnarsi. E ora i millennial, quei bambini ormai cresciuti, sono i più dediti alla raccolta differenziata e i più consapevoli rispetto ai cambiamenti climatici.

Educare i bambini a riconoscere il consumo di carne come potenzialmente problematico (se non contenuto e se fondato solo sugli allevamenti intensivi) significa dare una nuova spinta, "obbligando" gli adulti ad impegnarsi a loro volta nel preferire cibi di origine vegetale.

Cavolini di Bruxelles: le ricette più gustose

Mercoledì, 20 Ottobre 2021 13:06

O li ami o li odi, anche perché lasciano in casa un aroma persistente! I cavoletti di Bruxelles sono una crocifera molto benefica (conoscete le crocifere?) e anche per questo si dovrebbero inserire nella propria dieta settimanale più spesso.

Anche perché a volte piacciono molto ai bambini, più dei classici broccoli: forse proprio grazie al loro nome e alla loro forma divertente!

I cavolini di Bruxeless sono dei cavoli in miniatura e le proprietà ricordano quindi quelle dei cavoli, dei broccoli, delle cime di rapa e delle verdure che tipicamente troviamo al mercato in autunno e inverno. Sono quindi ricchi di vitamina C, vitamina A, vitamina K e vitamine del gruppo B, ma anche di proteine, fibre e sali minerali.

Sono considerati anche un potente antiossidante grazie al sulforafano contenuto. 

Ma come cucinare i cavolini di Bruxelles? Quali sono le preparazioni dei cavoletti per renderli gustosi, teneri e mai noiosi?

Bolliti o al vapore

La ricetta più classica e semplice per gustare i cavolini di Bruxelles è prepararli bolliti: dopo aver rimosso la parte più dura (quella sul fondo della pallina) e le foglie più sporche, lavate i cavoletti e metteteli a bollire per circa 15-20 minuti, scolandoli a seconda del grado di morbidezza che preferite.

In alternativa, potete cuocerli anche al vapore: ci impiegheranno qualche minuto in più, ma la cottura sarà più dolce e delicata e si manterranno meglio le proprietà nutrizionali.

È possibile mangiare i cavoletti semplicemente con un po' di sale e un filo d'olio, oppure al naturale. Si tratta di un contorno sano, semplice e veloce.

Cavoletti croccanti

Qui troverete una ricetta davvero gustosa, per proporre i cavolini anche a chi pensa di non amarli. In forno diventeranno infatti croccanti estenamente, mantenendo il gusto della polpa interna, leggermente ammorbidita dal calore del forno.

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Parmigiana di cavolini

Invece della classica parmigiana di melanzane, possiamo provare la parmigiana di Cavoletti di Bruxelles: basta sbollentarli, scolarli bene e metterli nel forno con una spolverata di parmigiano in superficie, lasciandoli cuocere a 180 gradi per circa 20 minuti, controllando bene il grado di gratinatura.

In padella

I cavoletti di Bruxelles possono essere preparati anche in padella: dopo averli puliti, lavati e tagliati a metà, mettiamo a rosolare in un filo d'olio una cipolla rossa tagliata fine, quindi buttiamoli in padella. Lasciamoli insaporire, quindi aggiungiamo un goccio di brodo vegetale oppure di semplice acqua (ne basta un dito) lasciandoli cuocere in questa maniera per circa 15 minuti. Teniamo controllato il livello di acqua, mescolando bene quando s'è assorbita e lasciando abbrustolire leggermente i cavolini.

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Non demonizziamo la tecnologia: i nostri figli e le nostre figlie sono nativi digitali e fin dai primi anni di vita hanno a che fare con gli strumenti digitali che ogni giorno utilizziamo. E che sono una risorsa, se sfruttati nella giusta maniera. Anche perché è impossibile non lasciare che prendano familiarità con smartphone, tablet e computer, e non è nemmeno giusto tenerli lontani, rischiando che crescano fuori dal mondo.

Naturalmente però c’è un’età per tutto. E una misura. Anche perché passare troppo tempo davanti agli schermi non è deleterio solo a livello educativo, di concentrazione e di motricità. Anche la vista ne risente e ora a dirlo è anche la scienza.

Miopia e bambini, lo studio

Qualche giorno fa è comparso sulla rivista The Lancet digital health un articolo scientifico dal titolo “Associazione tra l’uso di strumenti digitali smart e la miopia: una revisione sistematica e una meta-analisi”. I ricercatori, guidati dal dottor Joshua Foreman, hanno riassunto così lo studio: “Excessive use of digital smart devices, including smartphones and tablet computers, could be a risk factor for myopia. We aimed to review the literature on the association between digital smart device use and myopia”. Tradotto, dice questo: 

L’utilizzo eccessivo di device smart digitali, inclusi smartphone e tablet, potrebbe essere un fattore di rischio per la miopia. Il nostro obiettivo era studiare la letteratura che tratta l’associazione tra l’uso di questi device e la miopia.

I ricercatori hanno dunque preso in considerazione la letteratura scientifica, analizzando più di 3000 articoli riguardanti la salute optometrica dei ragazzi fra i 3 e i 16 anni, dai quali si evince che più ore passate davanti allo schermo aumentano il rischio di sviluppare miopia del 30%. Addirittura, si arriva all’80% se tra gli schermi viene utilizzato anche un personal computer.

Anche in Cina i risultati sono gli stessi

Un altro studio che dimostra la correlazione tra device digitali e miopia nei bambini è stato condotto recentemente in Cina. Alcuni studiosi dell’Università Yat-Sen di Guangzhou hanno analizzato i bambini provenienti da 12 scuole primarie cinesi e hanno notato come la miopia tra i bambini sia peggiorata durante la pandemia da Covid-19, periodo nel quale i piccoli si sono trovati chiusi in casa con un campo visivo ridotto e con la possibilità (e necessità, se pensiamo alla DAD) si utilizzare schermi digitali. I dati parlano chiaro: se, ad esempio, nelle classi terze nel 2019 c’era un’incidenza di miopia del 13%, nel 2020 si è passati al 20%.

Il ruolo della pandemia

Se i casi di miopia stanno aumentando uno dei motivi è di certo da ricercare nella pandemia. I vari lockdown e le quarantene preventive che in Italia hanno riguardato moltissime scuole hanno portato i bambini ad isolarsi in spazi ridotti e a tagliare la possibilità di passare tempo all’aperto (abitudine benefica per la vista). Soprattutto, tanto la DAD quanto le attività svolte in lockdown (guardare video, telefonare ad amici e parenti…) hanno contribuito all’abbassamento della vista dei bambini, a cui troppe ore davanti agli schermi fanno effettivamente molto male a livello ottico, come questi studi hanno dimostrato e come altri continuano a dimostrare.

L’ideale è quello di limitare sempre le ore passate davanti agli schermi digitali, soprattutto quelli più piccoli, favorendo il gioco all’aperto e la lettura di libri cartacei.

Sara

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Cecilia

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