Il Senato italiano ha approvato una nuova legge che rende la gestazione per altri (GPA), detta fino a qualche tempo fa (erroneamente) maternità surrogata o - peggio- utero in affitto, un reato universale. Il testo, proposto dalla deputata di Fratelli d’Italia Carolina Varchi, mira a punire chiunque ricorra a questa pratica, anche all’estero.
In Italia la GPA è vietata dal 2004, ma ora la nuova norma estende il divieto anche agli italiani che scelgono di praticarla in Paesi dove è legale, prevedendo pene fino a due anni di reclusione e multe fino a un milione di euro.
Con l’approvazione di questa legge, chi ricorre alla GPA all’estero potrebbe essere perseguito penalmente in Italia. Il principio del “reato universale” viene qui applicato per contrastare una pratica che, secondo la destra italiana, minerebbe i valori tradizionali della famiglia. Il testo ha incontrato forte sostegno dal partito Fratelli d’Italia, che si ispira a ideali di protezione della famiglia tradizionale e di difesa della genitorialità biologica.
Questa legge rappresenta uno degli interventi più restrittivi in Europa sulla GPA e va oltre il semplice divieto all’interno del territorio nazionale, introducendo una punibilità per i cittadini italiani che si recano all’estero per accedere a questa forma di genitorialità. Le sanzioni possono arrivare fino a due anni di reclusione e prevedono una multa di circa un milione di euro, con l’obiettivo di disincentivare completamente il ricorso a questa pratica.
La GPA, nota anche come maternità surrogata, è una pratica che permette a una coppia o a un singolo di avere un figlio attraverso una persona che porti avanti la gravidanza per loro conto. La pratica è legale in vari Paesi come Stati Uniti, Canada e Grecia, dove le cliniche offrono assistenza alle coppie che, per motivi biologici o personali, non possono portare a termine una gravidanza.
In Italia, tuttavia, la GPA è vietata dal 2004, e questo divieto è stato applicato rigorosamente per oltre due decenni. Le coppie italiane, che secondo stime sono circa 250 ogni anno, ricorrono per lo più a cliniche all’estero per diventare genitori tramite GPA e, una volta rientrate in Italia, chiedono la trascrizione dell’atto di nascita del bambino all’anagrafe.
Le coppie che intraprendono questo percorso sono per il 90% eterosessuali, secondo quanto riportato dai media italiani.
L’estensione della punibilità della GPA anche all’estero potrebbe avere ripercussioni legali per chi sceglie di intraprendere questa strada. Le famiglie che ricorrono alla maternità surrogata in Paesi esteri potrebbero dover affrontare procedimenti giudiziari al ritorno in Italia, con il rischio di sanzioni pesanti e l'impossibilità di vedersi riconosciuti come genitori legali del bambino.
La trascrizione dell’atto di nascita è già stata motivo di disputa giuridica in passato, con i tribunali italiani che si sono trovati a dover decidere caso per caso. Tuttavia, l’introduzione del reato universale potrebbe complicare ulteriormente la situazione, creando incertezza legale per i genitori e per i figli nati tramite GPA.
Critici della legge sollevano preoccupazioni anche sull’efficacia e sulla legittimità del provvedimento. Alcuni costituzionalisti sostengono che il reato universale per la GPA sia difficilmente applicabile e abbia possibili profili di incostituzionalità, specie considerando che la pratica è consentita in altri Stati. L’Italia potrebbe trovarsi in difficoltà a far rispettare una legge che si scontra con normative estere, aprendo possibili contenziosi diplomatici e giuridici.
Secondo i critici, la legge potrebbe essere considerata discriminatoria per diverse categorie di persone. Le coppie eterosessuali infertili, che rappresentano la maggioranza delle coppie italiane che ricorrono alla GPA, sono tra le più colpite, trovandosi private di una delle poche opzioni disponibili per diventare genitori biologici. Ma il divieto colpisce anche le coppie omosessuali (soprattutto composte da uomini), che spesso non hanno altre possibilità per formare una famiglia tramite legami biologici, esacerbando così le disuguaglianze nell’accesso alla genitorialità.
I gruppi che difendono i diritti civili e LGBTQ+ evidenziano che la legge potrebbe accentuare le discriminazioni, dato che limita ulteriormente le opzioni per le coppie dello stesso sesso. La GPA rappresenta, infatti, una via percorribile soprattutto per le coppie omosessuali maschili, impossibilitate biologicamente ad avere figli senza l’ausilio di una terza persona. Questa legge, sostenuta principalmente da forze politiche conservatrici, è vista come un tentativo di promuovere una visione di famiglia esclusivamente eterosessuale e biologica.
In un contesto globale dove molti Paesi stanno ampliando i diritti riproduttivi e famigliari, la scelta italiana di criminalizzare la GPA anche all’estero rischia di isolare l’Italia dal panorama europeo e internazionale, sollevando questioni etiche e giuridiche che continueranno a dividere l’opinione pubblica.
Durante la gravidanza, molti alimenti sono soggetti a una valutazione accurata, e spesso alcune raccomandazioni mediche differiscono da paese a paese. I funghi rientrano tra gli alimenti che destano dubbi: il Ministero della Salute italiano suggerisce di evitare il consumo di funghi durante la gestazione, così come per i bambini piccoli.
Tuttavia, questa raccomandazione non trova riscontro nelle linee guida di altri Paesi, dove i funghi sono comunemente consumati senza particolari restrizioni. È fondamentale approfondire le motivazioni alla base di questa raccomandazione e valutare i potenziali benefici e rischi del consumo di funghi durante la gravidanza.
I funghi sono alimenti ricchi di nutrienti essenziali come vitamine, minerali e antiossidanti. Ad esempio, contengono vitamine del gruppo B (come la B2 e la B3), vitamina D, selenio, rame e potassio. Questi nutrienti sono importanti per il benessere generale e per la salute del feto in crescita. La vitamina D, presente soprattutto nei funghi esposti alla luce solare, contribuisce alla salute delle ossa e del sistema immunitario. Inoltre, il potassio aiuta a regolare la pressione sanguigna, un fattore importante in gravidanza.
Tuttavia, per ottenere questi benefici senza rischi, è consigliato scegliere funghi coltivati e certificati, che sono soggetti a controlli di qualità e di sicurezza alimentare. I funghi selvatici, infatti, possono contenere tossine o essere contaminati da sostanze pericolose se non raccolti correttamente.
L’opuscolo informativo del Ministero della Salute italiano sconsiglia il consumo di funghi a determinate categorie, tra cui persone in gravidanza, bambini e persone con specifiche patologie. Questa raccomandazione sembra derivare dal rischio di intossicazione legato ai funghi selvatici. Alcune specie di funghi raccolti in natura contengono tossine pericolose che possono provocare sintomi quali vomito, diarrea e, nei casi più gravi, danni epatici. Questo rischio ha probabilmente portato a una precauzione estensiva che include anche i funghi coltivati, benché il rischio sia quasi nullo per questi ultimi, in quanto provenienti da ambienti controllati.
A differenza dell’Italia, in molti Paesi non ci sono limitazioni specifiche sul consumo di funghi durante la gravidanza, a patto che siano funghi coltivati. Questo indica una differenza culturale e normativa, più che una questione di sicurezza scientificamente provata.
Una delle motivazioni comunemente citate per l’evitare i funghi durante la gravidanza riguarda la loro difficoltà di digestione. I funghi contengono chitina, una fibra resistente che può risultare complessa da digerire, e zuccheri come il mannitolo e il trealosio, che potrebbero causare disagi intestinali. Durante la gravidanza, il sistema digestivo può essere più sensibile, e alimenti ricchi di fibre e zuccheri complessi, come i funghi, potrebbero contribuire a problemi digestivi come gonfiore e crampi.
Tuttavia, non ci sono prove che gli zuccheri specifici dei funghi siano particolarmente problematici per le persone in gravidanza rispetto ad altri tipi di fibra. Molti specialisti suggeriscono che moderare le porzioni e scegliere funghi ben cotti possa essere sufficiente per ridurre i possibili effetti collaterali.
Se si desidera includere i funghi nella dieta durante la gravidanza, è importante seguire alcune precauzioni fondamentali:
Seguendo questi accorgimenti, molte persone possono consumare funghi senza problemi durante la gravidanza, godendo dei loro benefici senza rischi.
Il divieto italiano di consumare funghi in gravidanza risulta singolare, soprattutto considerando che altri paesi non pongono questa restrizione. Ad esempio, le linee guida alimentari statunitensi e canadesi non fanno menzione di un rischio specifico legato ai funghi per le donne incinte. In Francia, i funghi sono ammessi anche nella dieta dei bambini, purché siano introdotti gradualmente e ben cotti. Lo fa presente anche il sito Uppa.
Questa differenza potrebbe derivare da un contesto culturale piuttosto che da una valutazione scientifica oggettiva. In Italia, il consumo di funghi selvatici è comune, e questo aumenta la possibilità di intossicazioni alimentari, spingendo le autorità sanitarie a raccomandare una maggiore prudenza. Nei paesi dove i funghi selvatici non sono diffusi, le istituzioni sanitarie non percepiscono il bisogno di una raccomandazione così restrittiva.
Mamma Pret a Porter non è una testata medica e le informazioni fornite hanno scopo puramente informativo e sono di natura generale, esse non possono sostituire in alcun modo le prescrizioni di un medico o di un pediatra (ovvero un soggetto abilitato legalmente alla professione), o, nei casi specifici, di altri operatori sanitari (odontoiatri, infermieri, psicologi, farmacisti, fisioterapisti, ecc.) abilitati a norma di legge. Le nozioni sulle posologie, le procedure mediche e le descrizione dei prodotti presenti in questo sito hanno un fine illustrativo e non devono essere considerate come consiglio medico o legale.
Quando arriva il momento di spiegare ai bambini da dove vengono i bambini o come nascono, molti genitori si sentono impreparati. Si tratta di una domanda naturale e sana che, affrontata con un linguaggio chiaro, sincero e rispettoso, può contribuire a sviluppare un dialogo di fiducia e apertura su un argomento importante.
Non esiste un’età specifica per questa domanda; alcuni bambini iniziano a mostrare curiosità già dai tre o quattro anni, mentre altri solo più tardi. Per questo è utile prepararsi a rispondere in modo adeguato, senza trasmettere ansia o imbarazzo. Di seguito alcuni consigli per aiutare i genitori a rispondere alla classica domanda: “Come si fanno i bambini?” in modo adatto a ogni età e livello di comprensione.
Prima di rispondere, è importante ascoltare attentamente cosa chiede realmente il bambino. Spesso i più piccoli non cercano dettagli scientifici completi, ma vogliono risposte semplici e rassicuranti. Un buon modo per iniziare è chiedere loro cosa sanno già o cosa vorrebbero sapere. Ad esempio, se un bambino chiede “Da dove vengono i bambini?”, si potrebbe iniziare con: “Cosa pensi tu?” o “Che idea ti sei fatto?”
Adeguare il linguaggio all’età e al livello di comprensione del bambino è essenziale. I bambini in età prescolare potrebbero accontentarsi di sapere che i bambini “crescono nella pancia della mamma”, mentre quelli più grandi, soprattutto in età scolare, potrebbero voler conoscere i dettagli su come nascono o come si sviluppano. In ogni caso, è importante non mentire e non usare parole che possano confondere. È meglio fornire una spiegazione semplice, onesta e rispettosa della loro capacità di comprensione.
Per spiegare come si fanno i bambini, le metafore possono essere uno strumento utile. Ad esempio, si può fare un paragone con i semi delle piante. “Come un seme piantato nella terra cresce fino a diventare una pianta, così un seme speciale del papà incontra un ovulo della mamma e insieme iniziano a crescere fino a diventare un bambino.” Questo tipo di paragone non è solo comprensibile, ma evita di entrare in dettagli che possono essere inappropriati per l’età del bambino.
Le metafore legate alla natura aiutano a rispondere senza imbarazzo, facendo vedere la nascita come un processo naturale. È importante sottolineare che “ci vuole tempo”, proprio come una pianta che cresce lentamente, per aiutare i bambini a capire che ogni cosa ha il suo corso naturale.
Nel rispondere alla domanda “Come si fanno i bambini?”, può essere utile procedere per gradi. Si può iniziare dicendo che ogni persona è nata e che ogni bambino inizia a crescere all’interno della pancia della mamma. Evitare dettagli troppo specifici fino a quando non ci sono domande più precise è di solito la scelta migliore per evitare confusione. Ecco alcuni passaggi che possono essere utili per spiegare il concetto ai bambini:
Quando i bambini hanno un po' più di età e fanno domande più specifiche, potrebbe essere opportuno rispondere con informazioni semplici ma corrette sui corpi maschili e femminili, mantenendo sempre un linguaggio rispettoso e appropriato.
Essere sinceri senza entrare in dettagli inappropriati è un equilibrio importante da mantenere. Anche se rispondere alla domanda “Come si fanno i bambini?” può far sentire a disagio molti adulti, ricordare che i bambini cercano una risposta naturale può aiutare a mantenere la conversazione rilassata.
Se il bambino chiede qualcosa di specifico e si sente che non è ancora il momento di entrare in certi argomenti, è possibile rispondere in modo generico e rassicurante, spiegando che potrà capire meglio quando sarà un po' più grande. Un esempio potrebbe essere: “È un po’ complicato, ma te lo spiegherò meglio quando sarai più grande. Per ora, sappi che quando due persone si vogliono bene, possono decidere di avere un bambino insieme.”
Favorire una comunicazione aperta e sicura permette al bambino di sentirsi a suo agio nel fare domande e nel cercare risposte. Mostrare disponibilità e accettazione per ogni domanda è importante per rafforzare la fiducia e costruire un dialogo sano.
Rispondere in modo sincero alla domanda “Come si fanno i bambini?” rappresenta un’occasione per educare i bambini all’importanza del rispetto per il proprio corpo e per la propria intimità. In questo modo, possono crescere consapevoli delle dinamiche che caratterizzano il ciclo della vita, senza paura o vergogna.
Incoraggiare una comunicazione aperta e rispettosa con i propri figli li aiuta anche a sviluppare una visione positiva e naturale della sessualità, a capire l'importanza delle relazioni basate sul rispetto reciproco e a sviluppare una sana percezione del proprio corpo. I bambini apprendono e interiorizzano ciò che vedono e sentono dai genitori, e iniziare da subito a parlare apertamente, senza stigmatizzare, può aiutarli a costruire relazioni future serene e positive.
Con il giusto approccio, questa domanda non diventa un argomento difficile, ma una meravigliosa opportunità di dialogo.
La ribollita è una delle zuppe più rappresentative della tradizione toscana e della cucina italiana, che molto spesso è naturalmente veg.
Nata come piatto povero, si prepara con ingredienti semplici e di stagione come cavolo nero, fagioli cannellini, verdure e pane raffermo. La ribollita, che significa esattamente bollita una seconda volta dopo la cottura, ha un sapore intenso e corposo, perfetta per i mesi invernali.
Scopri come prepararla seguendo questa ricetta originale. I consigli per una ribollita perfetta? Eccoli:
Gli occhi rossi nei bambini potrebbero essere stanchezza, ma a volte si tratta di congiuntivite.
La congiuntivite è un'infiammazione della congiuntiva, il tessuto che riveste la parte interna delle palpebre e la superficie del bulbo oculare. Colpisce frequentemente i bambini, specie quelli che frequentano asili e scuole, dove il contagio è più facile.
Conoscerne le cause e i sintomi, e sapere come trattarla, è essenziale per ridurre il rischio di complicazioni e favorire una rapida guarigione. Gli occhi dei bambini necessitano attenzione!
La congiuntivite può avere diverse cause e ognuna di queste ha modalità di trattamento specifiche. Tra le cause principali ci sono:
Riconoscere i sintomi della congiuntivite può aiutare a intervenire rapidamente e a prevenire il contagio ad altri bambini o familiari. I sintomi variano a seconda della causa dell’infiammazione, ma i seguenti sono i più comuni:
Consultare un pediatra o un oftalmologo è fondamentale per identificare la causa esatta della congiuntivite e seguire il trattamento più adatto. Le opzioni terapeutiche variano in base al tipo di congiuntivite:
Per prevenire il diffondersi della congiuntivite, specialmente in ambienti scolastici, è utile osservare alcune pratiche igieniche. Ecco alcuni consigli efficaci:
Alcuni sintomi richiedono un intervento medico immediato per escludere complicazioni o infezioni più gravi. Tra i segnali a cui prestare particolare attenzione ci sono:
Essere informati sulla congiuntivite e sui metodi di prevenzione consente ai genitori di agire tempestivamente e in sicurezza, riducendo così i disagi per il bambino e le probabilità di contagio agli altri.
Mamma Pret a Porter non è una testata medica e le informazioni fornite hanno scopo puramente informativo e sono di natura generale, esse non possono sostituire in alcun modo le prescrizioni di un medico o di un pediatra (ovvero un soggetto abilitato legalmente alla professione), o, nei casi specifici, di altri operatori sanitari (odontoiatri, infermieri, psicologi, farmacisti, fisioterapisti, ecc.) abilitati a norma di legge. Le nozioni sulle posologie, le procedure mediche e le descrizione dei prodotti presenti in questo sito hanno un fine illustrativo e non devono essere considerate come consiglio medico o legale.
La dipendenza da schermo tra gli adolescenti e i bambini è un fenomeno in crescita, complicato dalla facilità con cui giovani e giovanissimi possono accedere a smartphone, computer e tablet. Secondo uno studio condotto dalla Screens and Gaming Disorder Clinic e dall'Università Macquarie di Sydney, la gestione dell'uso dello schermo da parte dei genitori può influire positivamente nel ridurre questa dipendenza senza ricorrere a misure drastiche come la completa eliminazione dei dispositivi.
La dipendenza da schermo nei giovani presenta spesso effetti negativi su vari aspetti della loro vita. Problemi di concentrazione, difficoltà nel completamento dei compiti scolastici e scontri in famiglia sono alcuni dei sintomi tipici di questa dipendenza. Come osservato dai ricercatori australiani, il 32% dei genitori coinvolti ha segnalato una riduzione significativa dei sintomi di dipendenza nei figli grazie a misure di controllo consapevoli (come riporta Ansa). Inoltre, per i giovani con sintomi specifici di dipendenza dai videogiochi, il tasso di successo è salito fino al 60%.
La ricerca ha suggerito cinque strategie principali che i genitori possono adottare per ridurre la dipendenza da schermo nei loro figli, tutte volte a incentivare l'autocontrollo, piuttosto che una privazione totale:
Uno degli elementi più interessanti della ricerca è il suggerimento che ridurre e regolare l'uso degli schermi sia più efficace di un divieto totale. Gli smartphone e le app sono spesso progettati per trattenere l’utente il più a lungo possibile, stimolando continuamente l’attenzione. Questa caratteristica degli schermi digitali fa sì che anche gli adulti possano trovare difficoltà a mantenere un uso moderato. Per adolescenti e pre-adolescenti, ancora in fase di sviluppo neurologico, la regolamentazione diventa ancora più importante per la capacità di autoregolazione.
L’intervento e l’applicazione di regole razionali possono aiutare i ragazzi a sviluppare abitudini sane e a non dipendere interamente dalla gratificazione immediata offerta dagli schermi. La condivisione delle scelte con i giovani, il rispetto delle loro preferenze e la considerazione dei loro bisogni sono fondamentali per promuovere un rapporto equilibrato con i dispositivi.
Per prevenire e ridurre la dipendenza da schermo, è fondamentale che i genitori siano informati sulle dinamiche psicologiche che ne stanno alla base. Promuovere l'educazione sull'uso consapevole e responsabile della tecnologia può fornire agli adolescenti strumenti per gestire la propria relazione con i dispositivi, rendendoli meno suscettibili alle tentazioni e più autonomi.
Una nuova ricerca presentata al National Conference & Exhibition 2024 dell'American Academy of Pediatrics a Orlando solleva un allarme preoccupante: i social media stanno diventando uno strumento per adescare e abusare di adolescenti. Lo studio evidenzia come Instagram e Snapchat siano tra le piattaforme più utilizzate dai predatori, soprattutto nei casi in cui l'aggressore non ha legami di parentela con la vittima. Si stima che il 7% degli adolescenti vittime di abusi sessuali abbia subito aggressioni facilitate dai social, un dato che sale al 12% tra le vittime i cui aggressori erano estranei.
Negli ultimi anni, i social media sono diventati una componente fondamentale della vita degli adolescenti. Secondo Miguel Cano, pediatra specializzato in abusi e autore della ricerca (che ha parlato con Ansa), questi spazi digitali offrono notevoli vantaggi, come la possibilità di connettersi con amici e parenti. Tuttavia, Cano mette in guardia sui rischi: "Sebbene l'uso dei social media offra vantaggi come il collegamento con altre persone e il mantenimento dei contatti con familiari e amici in tutto il mondo, esistono anche molti pericoli ben documentati".
Tra i rischi associati all'uso dei social media ci sono cyberbullismo, molestie, esposizione a contenuti inappropriati e l'adescamento da parte di predatori sessuali. Il problema principale è che questi ultimi sfruttano la possibilità di comunicare con gli adolescenti in maniera anonima, creando un'apparenza di sicurezza e familiarità che porta spesso le giovani vittime a fidarsi e a instaurare un legame con chi sta dall'altra parte dello schermo.
Lo studio ha coinvolto adolescenti di età compresa tra i 10 e i 18 anni che si sono rivolti al Chadwick Center for Children and Families del Rady Children's Hospital tra il 2018 e il 2023 per denunciare abusi sessuali. I dati emersi sono allarmanti. L'età media delle vittime è di appena 13 anni, e ben l'89% delle vittime è composto da ragazze. In molti casi (60%), l'aggressore è un membro della famiglia, ma quando il responsabile è un estraneo, la percentuale di aggressioni facilitate dai social sale al 12%.
Gli aggressori, per lo più uomini adulti, riescono a sfruttare i social media per stabilire un contatto iniziale con le vittime, spesso portando questi incontri virtuali a incontri reali che possono sfociare in abusi sessuali. Instagram e Snapchatemergono come le piattaforme più frequentemente utilizzate dai predatori, anche a causa della mancanza di controlli e dell’accessibilità alle informazioni personali degli utenti. Secondo la ricerca, la facilità con cui questi social permettono di connettersi con estranei senza alcuna supervisione rappresenta un fattore di rischio importante.
Di fronte a questa situazione, Cano lancia un appello ai genitori, agli educatori e ai pediatri affinché comprendano il pericolo rappresentato dai social media e mettano in atto strategie preventive per proteggere i minori. I social medianecessitano di regole più rigide e controlli più accurati per limitare la possibilità di abuso, ma è altrettanto essenziale che anche le famiglie si impegnino a monitorare l'attività online dei propri figli.
Tra le raccomandazioni più importanti per i genitori e i tutori ci sono:
L’assenza di regole e la difficoltà di controllare in modo efficace l’attività online sui social media rappresentano un grosso limite per la tutela dei minori. Mentre le piattaforme come Instagram e Snapchat stanno sviluppando misure di sicurezza per prevenire abusi, il rischio resta elevato a causa della facilità con cui gli adolescenti possono essere contattati da sconosciuti.
Per risolvere questo problema, è essenziale l’introduzione di normative che impongano alle piattaforme social di attuare misure di verifica dell’età e di identificazione più rigorose. Cano conclude con un appello alle autorità e agli sviluppatori di social media affinché lavorino insieme per ridurre i rischi online, proteggendo gli adolescenti dai pericoli sempre più frequenti del mondo digitale.
Halloween è una festa che affascina i bambini di tutto il mondo. Con le sue decorazioni misteriose, i costumi stravaganti e il famoso gioco di dolcetto o scherzetto, Halloween è soprattutto un’occasione speciale per divertirsi, soprattutto nel caso in cui si amino il mistero, l'autunno e i travestimenti.
Ma perché il 31 ottobre festeggiamo Halloween? E quali sono le sue origini? Scopriamo insieme questa festa tanto amata e impariamo qualche curiosità interessante!
Halloween ha origini molto antiche e viene da una festa chiamata Samhain (pronunciato "Sawin") celebrata dagli antichi Celti, un popolo che viveva in Irlanda e nelle zone circostanti. Samhain segnava l'inizio dell'inverno e la fine dell'estate, un periodo che i Celti consideravano magico. Secondo le loro credenze, la notte del 31 ottobre il confine tra il mondo dei vivi e quello degli spiriti si assottigliava, permettendo agli spiriti di vagare sulla Terra. Per proteggersi da questi spiriti, i Celti indossavano maschere e costumi spaventosi, sperando di confondere e allontanare gli spiriti maligni.
Con il tempo, la festa di Samhain si è mescolata con altre tradizioni, come la celebrazione cristiana di Ognissanti del 1° novembre, dando origine alla festa che conosciamo oggi come Halloween. Questa fusione di tradizioni antiche e nuove ha reso Halloween una celebrazione unica e ricca di significati.
Uno dei momenti più attesi di Halloween per i bambini è sicuramente il gioco di dolcetto o scherzetto (in inglese, “trick or treat”). Durante questa tradizione, i bambini si travestono da fantasmi, streghe, vampiri o altri personaggi spaventosi e vanno di porta in porta chiedendo dolci. Quando qualcuno apre la porta, i bambini esclamano “Dolcetto o scherzetto!”, e, se non ricevono un dolcetto, sono pronti a fare qualche scherzetto innocente!
Ma da dove nasce questa tradizione? In passato, le persone credevano che, durante Halloween, fosse importante fare offerte ai buoni spiriti per proteggerli dai cattivi. Con il tempo, questa pratica si è trasformata in una tradizione più allegra, dove i bambini chiedono dolci e caramelle invece di fare offerte. In alcuni Paesi, come gli Stati Uniti, dolcetto o scherzetto è un’usanza molto popolare, mentre in Italia ha iniziato a prendere piede solo negli ultimi anni, ma è ormai molto amata.
Durante Halloween, i costumi hanno un ruolo fondamentale e permettono ai bambini di trasformarsi in chiunque desiderino. La tradizione di mascherarsi durante questa notte viene dalle credenze celtiche, in cui ci si travestiva per spaventare o confondere gli spiriti. Oggi, i costumi di Halloween permettono ai bambini di dar vita alla loro immaginazione e di entrare in un mondo fantastico per una notte.
I costumi di Halloween spaziano dai classici come vampiri, streghe e zombie fino ai personaggi dei film e dei cartoni animati. Ogni bambino può scegliere chi vuole essere e immergersi nell’atmosfera di Halloween, vivendo l'emozione di trasformarsi in qualcosa di spaventoso o magico. Anche molti adulti partecipano con costumi elaborati, rendendo Halloween una festa speciale per tutte le età. Il travestimento non è solo divertente, ma aiuta anche a esprimere la propria creatività e a sperimentare nuove identità in modo giocoso.
Uno dei simboli più famosi di Halloween è sicuramente la zucca intagliata, chiamata anche Jack-o’-lantern. Questa tradizione viene da un’antica leggenda irlandese che racconta la storia di Jack, un uomo astuto che, grazie alla sua furbizia, ingannò il diavolo. Dopo la sua morte, Jack non fu accettato né in Paradiso né all'Inferno e fu condannato a vagare come un’anima errante, con solo una zucca scavata e una candela all'interno per illuminare il suo cammino.
Inizialmente, gli irlandesi utilizzavano le rape per intagliare i loro Jack-o’-lantern, ma quando emigrarono in America, scoprirono che le zucche erano molto più facili da lavorare e iniziarono a usare quelle. Oggi, intagliare le zucche è diventato un simbolo importante di Halloween. I bambini si divertono a creare volti spaventosi o sorridenti, accendendo una candela all'interno per illuminare la zucca e decorare case e giardini in modo unico e spettrale.
Negli ultimi anni, Halloween è diventata una festa molto popolare anche al di fuori degli Stati Uniti, diffondendosi in Europa e in tanti altri paesi. Il suo fascino deriva probabilmente dalla combinazione di mistero, travestimenti e divertimento che offre. Per i bambini, Halloween rappresenta un’occasione unica di vivere un'avventura, esplorando la fantasia e la paura in un ambiente sicuro.
In Italia, sempre più persone decorano le loro case con zucche e fantasmi, e molte scuole e centri ricreativi organizzano feste in costume e attività legate ad Halloween. Anche il cinema e la televisione hanno contribuito alla fama di Halloween, con film e cartoni animati dedicati a questa festa che trasmettono l'atmosfera unica di una notte speciale, in cui tutto è possibile. Halloween è una festa che sa unire culture e tradizioni, creando un momento di festa e condivisione per tutta la famiglia.
L'alimentazione dei bambini è un tema che richiede molta attenzione, in particolare quando si parla di formaggi a latte crudo. Questo tipo di formaggio, prodotto senza sottoporre il latte a trattamenti termici come la pastorizzazione, può contenere batteri pericolosi per la salute, soprattutto dei più piccoli.
Le raccomandazioni della Fondazione Umberto Veronesi e del Ministero della Salute sono chiare: il consumo di latte crudo e dei prodotti derivati è fortemente sconsigliato nei bambini. Le infezioni alimentari che possono insorgere da questa tipologia di alimenti sono rischiose e possono portare a gravi conseguenze, come la sindrome emolitico-uremica.
Recenti casi di cronaca hanno riacceso l'attenzione su questo tema. In particolare, la contaminazione da parte del batterio Escherichia coli ha portato la piccola a sviluppare una sindrome pericolosa per i reni e altri organi. Vediamo quindi perché il consumo di formaggi a latte crudo nei bambini rappresenta un rischio e quali sono i formaggi che rientrano in questa categoria.
Il latte crudo è un alimento che non viene sottoposto ad alcun trattamento termico dopo la mungitura, rendendolo particolarmente suscettibile alla contaminazione da parte di batteri patogeni. Durante il processo di mungitura e lavorazione, infatti, il latte può venire a contatto con diverse superfici potenzialmente infette, come la pelle delle mucche o gli strumenti utilizzati per la mungitura. Questo rende il latte crudo, e quindi i formaggi che ne derivano, un possibile veicolo per batteri come Escherichia coli, Listeria e Salmonella.
In particolare, nei bambini, il sistema immunitario non è ancora completamente sviluppato: ecco perché sono più vulnerabili alle infezioni alimentari. I batteri presenti nel latte crudo possono causare gravi malattie, tra cui la sindrome emolitico-uremica, una condizione che colpisce prevalentemente i reni e può essere letale. Anche se i produttori di formaggi a latte crudo seguono rigorosi protocolli igienici, la contaminazione può comunque avvenire, specialmente se il latte non viene trattato termicamente.
Per questo motivo, bollire il latte crudo prima di consumarlo è una pratica fondamentale per eliminare qualsiasi potenziale agente patogeno. Anche se il gusto del formaggio può variare dopo il trattamento termico, la sicurezza alimentare deve essere una priorità, soprattutto quando si tratta di bambini.
La sindrome emolitico-uremica è una delle malattie più gravi che possono derivare dal consumo di prodotti a base di latte crudo contaminato. Questa condizione è causata da specifiche tossine prodotte da alcuni ceppi di Escherichia coli, in particolare quelli appartenenti ai sierotipi O157, 26, 111, 103 e 145. Quando queste tossine entrano nell'organismo, causano la formazione di micro-coaguli di sangue che bloccano la normale circolazione, danneggiando vari organi, in particolare i reni.
I sintomi iniziali della sindrome emolitico-uremica possono includere diarrea, vomito e febbre. Tuttavia, la malattia può evolversi rapidamente, portando a insufficienza renale e, in alcuni casi, alla necessità di dialisi. Nei casi più gravi, la sindrome può essere letale, soprattutto nei bambini sotto i quattro anni, che rappresentano il gruppo più a rischio.
Ogni anno in Italia si registrano circa cinquanta casi di sindrome emolitico-uremica, la maggior parte dei quali riguarda bambini piccoli. Questo dato evidenzia quanto sia importante seguire le raccomandazioni sanitarie e evitare il consumo di latte crudo e dei suoi derivati nei bambini.
I formaggi a latte crudo sono apprezzati per il loro gusto autentico e la ricchezza di sapori, ma è importante sapere quali rientrano in questa categoria per poter fare scelte consapevoli.
Tra i più noti formaggi a latte crudo troviamo questi (in alcune loro versioni, soprattutto di malga: quelli al supermercato tendenzialmente sono pastorizzati, anche se è sempre bene controllare l'etichetta):
Questi formaggi, sebbene molto apprezzati per le loro caratteristiche organolettiche, possono rappresentare un rischio per i bambini a causa della potenziale presenza di batteri patogeni. È dunque fondamentale verificare se il prodotto che si sta acquistando è stato sottoposto a pastorizzazione, soprattutto quando si tratta di bambini o persone con un sistema immunitario compromesso.
Nonostante i rischi, è possibile consumare in sicurezza alcuni formaggi a latte crudo, ma solo se si seguono alcune precauzioni. Prima di tutto, è importante bollire il latte crudo prima di utilizzarlo, in modo da eliminare i batteri patogeni. Inoltre, è consigliabile acquistare prodotti solo da fornitori certificati, che garantiscono il rispetto degli standard igienici più elevati.
Il Ministero della Salute impone l'obbligo di indicare chiaramente sugli erogatori di latte crudo la dicitura "Prodotto da consumarsi solo dopo bollitura". Questo è un messaggio importante, soprattutto per chi non è consapevole dei rischi legati al consumo di latte crudo.
Infine, quando si tratta di alimentare i bambini, la regola principale è la cautela: è sempre meglio scegliere formaggi a latte pastorizzato, soprattutto per i più piccoli, in modo da evitare il rischio di infezioni alimentari. Anche se il formaggio a latte crudo ha un sapore più ricco, la salute dei bambini deve essere la priorità assoluta.
Mamma Pret a Porter non è una testata medica e le informazioni fornite hanno scopo puramente informativo e sono di natura generale, esse non possono sostituire in alcun modo le prescrizioni di un medico o di un pediatra (ovvero un soggetto abilitato legalmente alla professione), o, nei casi specifici, di altri operatori sanitari (odontoiatri, infermieri, psicologi, farmacisti, fisioterapisti, ecc.) abilitati a norma di legge. Le nozioni sulle posologie, le procedure mediche e le descrizione dei prodotti presenti in questo sito hanno un fine illustrativo e non devono essere considerate come consiglio medico o legale.
La torta di mele è uno dei dolci più amati e versatili della cucina casalinga italiana. Ogni famiglia ha la sua versione, ma qui ti proponiamo una ricetta classica e soffice, che sostituisce il burro con l'olio di semi, rendendola leggera e adatta a tutti. Questa variante è perfetta per chi cerca una consistenza morbidissima e un gusto delicato, senza rinunciare al sapore genuino delle mele.
Puoi personalizzare questa ricetta in molti modi. Se ami la frutta secca, aggiungi delle noci o delle mandorle tritate grossolanamente all’impasto per dare croccantezza. Un’altra variante gustosa prevede l’aggiunta di cannella in polvere, che si abbina perfettamente con il sapore delle mele.
Questa torta si conserva benissimo per 2-3 giorni a temperatura ambiente, meglio se coperta con pellicola trasparente o conservata in un contenitore ermetico. Se vuoi mantenerla ancora più a lungo, puoi congelarla a fette, da scongelare all’occorrenza.