Sono diversi gli studi che dimostrano come ridere con i bambini sia fondamentale per la crescita. Fare battute, ridere e scherzare non solo fa bene all'umore, ma migliora le relazioni interpersonali e addirittura stimola i ragionamenti e l'intelligenza. Le barzellette, quindi, sono un pilastro della crescita!
Raccontare barzellette ai bambini è quindi molto raccomandato. Si tratta di uno dei primi modi con cui stimoliamo la comicità verbale dei nostri figli e figlie (che in realtà nei primi mesi e anni di vita ridono e sperimentano in moltissimi altri modi!), che potranno poi prendere spunto dalle nostre battute divertenti per inventarne di loro, o semplicemente le replicheranno per suscitare ilarità negli altri.
Ecco dunque le più belle barzellette per bambini (corte e lunghe!), appropriate, divertenti ed esilaranti.
Una leonessa sta chiacchierando con un leone nella savana. Nel mentre, arriva un gruppo di turisti su una jeep intenti in un safari. Così la leonessa dice al leone: "Mannaggia, anche oggi ci toccherà mangiare carne in scatola...".
Uno studente chiede al prof: "Si può punire qualcuno che non ha fatto nulla?". Il prof risponde: "Certo che no!". E lui: "Bene, allora non ho niente di cui preoccuparmi, visto che non ho fatto i compiti".
La mamma di Giovanni fa irruzione nella sua camera: "Alzati, pelandrone!". Lui, assonnato, si lamenta: "Ma mamma, non ho voglia di andare a scuola, preferisco stare nel letto, che pizza!". E la mamma risponde: "Vedi di alzarti al volo, che a scuola ci devi andare, visto che hai 40 anni e sei il preside!".
Pierino va in bicicletta e urla al nonno: "Guarda guarda! Senza mani!". "Guarda guarda! Senza piedi!". "Guarda guarda! Shensha denthi!".
Una notte Gaia sente una voce spaventosa. "Chi è?", chiede". "Buahahaa, sono il fantasma formaggiiiiinooo!". Impaurita, va dalla mamma, che le dice: "Sai una cosa? So io cosa devi dirgli la prossima volta che arriva!". La notte successiva Gaia sente di nuovo la voce spaventosa. "Chi è?", chiede. "Buahahaa, sono il Fantasma Formaggino!". "Vieni vieni, che ti spalmo sul panino!".
Un signore sta passeggiando con il suo serpente al guinzaglio. "Oddio, signore! Lo porti subito allo zoo!", esclama una poliziotta. Il signore le risponde: "D'accordo!". Il giorno dopo la poliziotta incontra di nuovo lo stesso signore, ancora con il serpente al guinzaglio. "Ma non le avevo detto di portarlo allo zoo?", gli chiede. "Certo", fa lui, "ieri l'ho portato allo zoo, oggi al cinema, domani in piscina!".
Una sera, un passante vede un ubriaco che cerca qualcosa a terra, ai piedi di un lampione. Gli chiede: "Cosa sta cercando, signore?". "Le chiavi di casa! Mi aiuta a trovarle?". "Certo", risponde questi, "dove le sono cadute, più o meno?". "Laggiù", risponde l'ubriaco, "dove ci sono gli alberi! Ma ora sto provando a cercarle qui, che è bello illuminato!".
Cosa fa un televisore nel mare? Va in onda!
Un daino dice a un altro daino: "Giochiamo a nascondino". E l'altro: "Dai, no...".
Perché il quaderno di matematica sta piangendo? Perché è pieno di problemi!
Il colmo per il prof di musica? Non dare mai note!
Qual è il ballo preferito dalle scimmie? L'Orangotango!
Sai perché il formaggio non riesce a dormire? Perché l'insalata russa!
Jason non diventa Jessica. Jason è sempre stata Jessica.
Parlare della transessualità è quantomai necessario ed è giusto rispondere alle domande dei bambini e delle bambine fin da quando sono piccoli. Con una doppia valenza: prima di tutto, in questo modo si rende meno pauroso un argomento ancora (senza buoni motivi) tabù, puntando sulla conoscenza; in secondo luogo, tutti i ragazzine e ragazzine transgender possono trovare nel mondo un alleato, con piccoli strumenti di comprensione che possono rendere l’accettazione di sé più armoniosa e meno difficoltosa.
Mio fratello si chiama Jessica è quindi un romanzo davvero molto importante. Forte — per alcune persone — ma necessario.
I libri e i romanzi sono sempre una fonte di conoscenza e di empatia e permettono di conoscere il mondo mettendosi nei panni di qualcun altro, insegnando così l’importanza del rispetto. Non solo: leggere molti libri porta ad avere la tendenza ad informarsi e ad ascoltare gli altri, senza mai dare per scontato il proprio punto di vista e considerando sempre che dall’altra parte c’è una persona con sentimenti e pensieri, e non un concetto. Mettersi in discussione è infatti la base di una società rispettosa, varia e serena.
John Boyde, autore de Il bambino con il pigiama a righe, ha scritto Mio fratello si chiama Jessica (Rizzoli) perché gli interessava raccontare le difficoltà di un ragazzo alle prese con questioni di genere e sessualità “vissute non in prima persona, ma attraverso l’esperienza di una persona amata”, come si legge in quarta di copertina. Un po’ ciò che intendevo, quindi: imparare ad ascoltare è un atto d’amore verso chi ci sta accanto e verso il mondo.
Il romanzo è la storia di Sam e della sua famiglia della borghesia inglese, che si trova a dover affrontare la transizione della sorella. Jessica, infatti, fino a poco tempo prima era Jason, il ragazzo più bravo a calcio della scuola, quello la cui fidanzatina era la più ambita dagli studenti. Il libro accompagna quindi il lettore e la lettrice nel percorso di consapevolezza di Jessica, osservata da Sam. Che fatica ad accettare la cosa. Così come i genitori.
La non accettazione è uno dei problemi attorno alla transessualità: sono molti i ragazze e le ragazze transgender non accettati dalle famiglie. È quindi normale e giusto portare il punto di vista della diffidenza, che si trasforma in conoscenza grazie all’ascolto e alla curiosità.
Nel libro sono presenti tanti piccoli dettagli inclusivi che fanno la differenza e che non riguardano solo l’argomento della transessualità, perché normalizzano situazioni ancora ritenute eccezionali. Il papà che ha in carico la cura della casa e dei figli, ad esempio; la madre con una carriera politica… Il tutto senza stereotipi. Anche la mamma e il papà non sono figure positive o negative al 100%, e a volte certe frasi fanno innervosire moltissimo chi legge (ma anche questo sanno fare i libri ben scritti!).
E se anche ci sono alcuni difetti per quanto riguarda il modo in cui viene affrontato il tema della transessualità, questi sono un po’ inevitabili. Sam parla spesso della sorella al maschile, in maniera naturale, quando dovrebbe parlarne al femminile (ma è normale: Sam è un ragazzino che sta scoprendo la transessualità della sorella piano piano, imparando di conseguenza le parole e i gesti adatti); si fa spesso riferimento al deadname, ovvero al “nome di prima”, ma anche in questo caso è la storia che porta a farlo.
In altre parole, gli errori che potrebbero esserci nel testo possono essere giustificati e accettati: si tratta di un approccio all’argomento delicato e pensato proprio per arrivare ai ragazzini e alle ragazzine senza rischiare di essere saccenti o pesanti.
Un libro necessario, potente e coinvolgente, che tutti dovremmo avere in libreria. Non solo in quella dei ragazzi.
È uscito il 12 ottobre e già si preannuncia un classico del Natale, portando un po' di modernità sugli scaffali su cui ora spicca il "Canto di Natale" di Dickens: parliamo del nuovo libro di J.K. Rowling, l'autrice dalla cui penna scaturirono le avventure di Harry Potter, che torna in libreria con una storia natalizia che parla dell'amore di un bambino per il suo giocattolo preferito.
Si intitola "Il maialino del Natale", è edito da Salani e qui c'è tutto quello che dovete sapere.
Il libro, disponibile in tutte le librerie e online (potete acquistarlo qui, ad esempio) parla di Jack e del suo maialino di pezza Mimalino, da cui non si separa mai e che teneramente chiama Lino. Un giorno, tuttavia, Lino si perde: è la vigilia di Natale. Un giorno magico: i giocattoli, infatti, prendono vita, e Jack insieme al novello sostituto Maialino di Natale decidono di intessere un piano coraggioso per recuperare Lino dalla Terra dei Perduti, con l'aiuto di una schiscetta parlante, di una bussola e si Speranza, un essere alato. Finché non si trovano di fronte il Perdente, un grosso mostro composto da rottami.
Ad aver inventato il mondo di Jack e di Mimalino è il genio letterario di J.K. Rowling (che ha sempre dichiarato che la sua attività preferita al mondo è stare da sola in una stanza ad inventare storie!), ma anche le illustrazioni sono importanti: le ha disegnate Jim Field, noto e pluripremiato artista che illustra libri e dirige film d'animazione, corredando la commovente storia di immagini e dettagli imperdibili.
Ciò che l'autrice, in questo secondo libro post-Harry Potter (prima c'è stato anche l'Ickabog, altro prodotto imperdibile!), vuole trasmettere è una storia sul mistero della perdita e sull'importanza del prendersi cura degli altri mettendoci empatia e compassione. E, come sempre, tra le sue pagine non mancano il valore dell'amicizia e il calore della famiglia.
Travestirsi è fondamentale per i bambini, e non solo durante i giochi di tutti i giorni. Le due feste principali dedicate alle maschere e ai costumi sono Halloween e Carnevale: approfittarne è d'obbligo, per far vivere dei momenti magici ai nostri figli e figlie!
E non serve acquistare costumi costosi e, diciamolo, poco sostenibili (li si indossa per qualche ora per poi dimenticarli in fondo all'armadio del garage!). Meglio puntare su ciò che abbiamo già in casa, inventando costumi di Halloween fai da te fai da te semplici, veloci ed ecologici.
Ecco dunque una selezione di travestimenti per Halloween a costo zero, da realizzare con ciò che già abbiamo in casa, riciclando poi i materiali o riutilizzando gli indumenti utilizzati (viva l'economia circolare e il riuso, futuro del pianeta!). Si tratta, peraltro, dei costumi più classici e paurosi, quelli che non possono mancare ad una festa di Halloween come si deve!
Non serve molto: solo degli abiti neri (maglietta e pantaloni, oppure un abito nero con i collant pesanti) e un cappello a punta (che di solito abbiamo già in casa: quello della strega è il travestimento più classico), che possiamo anche realizzare al momento con del cartoncino da riciclare.
Puntiamo poi eventualmente sul make up, facendo vivere ai nostri bimbi e alle nostre bimbe la magia dello smoky eyes o del rossetto scuro!
Basta vestire i bambini e le bambine con degli abiti bianchi e ricoprirli poi con stracci e garze (sempre bianchi) che abbiamo in casa. Avvolgiamo le braccia, le gambe e il busto grossolanamente e fissiamo qua e là con delle spille da balia.
Un classico di Halloween: il fantasma. Basta conservare un vecchio lenzuolo, da trasformare in un fantasma semplicemente appoggiandolo sulla testa e ritagliando due occhietti, eventualmente accorciandolo con le forbici per evitare che il bambino o la bambina inciampi nei lembi inferiori.
Una tuta nera, due orecchie in cartoncino nero incollate su un cerchietto e due ali di carta, sempre nera: realizzare il costume da pipistrello è semplice e possiamo farlo anche all'ultimo minuto!
Per realizzare una maschera da mostro all'ultimo minuto e a costo zero basta recuperare gli scatoloni che certamente si trovano sempre in ripostiglio (quelli delle spedizioni!), tagliare i lembi superiori, ricavare gli occhi e decorare con un pennarello indelebile a tema "mostro"!
Infine, ecco il teschio: non serve nulla, solo del make up. Attraverso il trucco (con ombretti, matite occhi e labbra e tutto ciò che abbiamo nel beauty) possiamo disegnare sul volto un teschio pauroso e tenebroso! Et voilà. I vestiti? Niente di troppo ricercato. Una tuta nera con cappuccio farà il suo dovere.
Piacciono moltissimo ai bambini e alle bambine (ma anche un po' a noi adulti!): i supereroi e le supereroine (un po' come i dinosauri!) sono diventati nel tempo idoli di intere generazioni. Appassionano bambini e bambine in tutto il mondo e non sembrano perdere il loro fascino: sapete perché? I motivi sono precisi e risiedono nella stessa natura umana. A rivelare perché i bambini amano i supereroi è uno studio condotto dall'Università di Kyoto, dal titolo emblematico: Born to love superheroes, Nati per amare i supereroi.
Ma facciamo prima un passo indietro: i supereroi sono un prodotto del secolo scorso che esprime benissimo la pop culture in tutte le sue sfaccettature. Si tratta di personaggi che possiedono alcuni superpoteri o abilità straordinarie, diverse da quelle dei "sempici" esseri umani, e che si contraddistinguono spesso per le loro virtù, su tutte il coraggio.
Se qualche cenno ai superpoteri c'era già nella letteratura vittoriana (pensiamo alle doti intellettive di Sherlock Holmes o alle avventure di Zorro), la nascita concreta del genere "superheroes" può essere a grandi linee ricondotta agli anni Trenta del Novecento, quando fece la sua prima apparizione Superman, nel primo numero della rivista Action Comics. Perché è considerato il primo supereroe? Perché possiede tutte le caratteristiche dei supereroi e delle supereroine: un'identità mascherata, un super potere, una debolezza (la kryptonite) e un costume che lo identifica.
Dopo Superman, sono nati innumerevoli personaggi, da quelli della DC Comics fino agli Incredibili di Disney, comparsi in tutte le forme della narrativa, dal fumetto al cinema. La caratteristica comune? Il fatto di diventare idoli dei bambini e delle bambine e di appassionare ragazzi, ragazze, donne e uomini di tutte le età.
Lo studio a cui ci riferiamo è stato condotto presso l'Università di Kyoto da un gruppo di ricercatori guidati da Masako Myowa. Secondo loro, i bambini mostrano sin dai primi mesi di vita (già a sei) un legame con le figure che proteggono i più deboli. Nella società, in generale, proteggere il più deboole attraverso un atto altruistico è ritenuto un atto di giustizia, virtuoso, e questa concezione potrebbe dunque essere innata negli esseri umani.
L'esperimento che ha portato a spiegare perché i bambini amino a livello inconscio e naturale i supereroi sin da piccoli si è svolto in questa maniera: gli studiosi hanno mostrato ai bambini piccolissimi delle animazioni in cui dei "personaggi" geometrici (molto stilizzati) inseguivano altre figure mentre un terzo personaggio guardava da lontano. In una versione del cartone, il terzo elemento interveniva, mentre in un altro scappava nella direzione opposta. Quando ai bambini veniva mostrata una seconda animazione con personaggi "reali", preferivano la prima situazione, ovvero quella che prevedeva l'intervento da parte del personaggio nel quale questo proteggeva la parte debole.
Pur non parlando, i bambini e le bambine hanno quindi dimostrato di capire le dinamiche del potere riconoscendo addirittura l'eroismo, e preferendolo.
Man mano che crescono, quindi, sviluppano meglio il concetto di gustizia, continuando comunque a comprendere il "giusto" e lo "sbagliato" e mostrando inclinazione per il primo.
Accanto a questo, naturalmente sta il fascino per i poteri soprannaturali.
Dopo aver spiegato perché i bambini li amano, è essenziale capire che i supereroi sono una passione educativa e non meramente divertente o frivola. I ricercatori, infatti, hanno voluto ricercare le radici di questo amore proprio perché si tratta di un passatempo virtuoso. I bambini, secondo gli studiosi, riconoscono l'eroismo sin dai primi anni di vita e nelle prime fasi di sviluppo cognitivo, indagando da quando sono piccolissimi il senso di giustizia. L'adorazione per i supereroi è una conseguenza del riconoscimento dell'eroismo e della giustizia.
Perseguire questa passione e nutrirla è quindi una scelta benefica: i bambini e le bambine continueranno a ritenere la giustizia e il coraggio come valori positivi, ricercandoli anche nei loro gesti.
Anche i vostri bambini e le vostre bambine amano i supereroi? Ecco qualche libro che potrebbe piacergli!
Marcel Jacobs e Gianmarco Timberi, ma anche la staffetta 4x100, e poi Monica Contrafatto, Ambra Sabatini, e Martina Cairon, che hanno conquistato le tre medaglie del podio nei 100 metri per persone amputate alle ultime paralimpiadi: il 2021 per l'atletica leggera italiana è stato un anno pazzesco.
Sulla scia delle vittorie e dell'entusiamo, sono molti i bambini e le bambine che hanno espresso il desiderio di provare uno degli sport che stanno sotto al cappello dell'atletica leggera: corsa, salto in lungo, salto in alto, lancio del peso... Ma si tratta di discipline adatte ai bambini? E c'è un'età in cui è meglio cominciare? Ecco tutto ciò che dovete sapere sull'atletica leggera per bambini.
L'atletica leggera è l'insieme di discipline che si giocano attorno alla pista. Si tratta della corsa su pista, dei lanci, dei salti in elevazione ed estensione, delle prove multiple, delle corse su strada, della marcia, della corsa campestre e della corsa in montagna.
Rappresentano in qualche modo l'emblema dello sport, e anche il nome stesso lo suggerisce: atletica, infatti, deriva dal termine latino athlēta e dal greco dal αθλητής (athletès), la cui radice è άθλος (àthlos), traducibile con "impresa".
Solitamente si identifica l'atletica leggera come uno sport per adulti: difficile immaginare un bambino che corre (se non per giocare!), no? Eppure questo insieme di discipline è adatto a tutte le età (anche gli anziani e le anziane ne beneficiano e ci sono moltissimi campioni master!). In realtà, se ci pensiamo un attimo l'atletica asseconda esattamente le tendenze dei bambini e delle bambine, che quando sono piccoli tendono a sfogare la propria energia proprio correndo e saltando.
Frequentare atletica leggera è possibile quindi sin dalla scuola elementare. Naturalmente, gli allenamenti saranno calibrati in base all'età e al livello dei bambini, che inizialmente sperimenteranno l'atletica leggera tramite un approccio ludico.
Man mano cresceranno, a prescindere dalla disciplina scelta sperimenteranno l'importanza dell'allenamento, del riscaldamento iniziale, l'autocontrollo, la pazienza... Tutte virtù dello sport che l'atletica leggera incarna benissimo. E anche se è uno sport individuale, la squadra è comunque presente e nessuno è mai in panchina, perché tutti, alla fine, gareggiano.
A livello fisico, l'atletica fa naturalmente molto bene, in quanto permette di sviluppare movimenti e coordinazione seguendo le naturali inclinazioni dei bambini, che ne trarranno diversi benefici.
Non c'è, come sempre, una disciplina più adatta di altre; l'importante è sempre seguire la tendenza dei bambini e delle bambine, che possono sia esprimere una preferenza, sia sentirsi più abili e portati ad una delle diverse discipline.
L'ideale è provare le diverse discipline per qualche tempo, dedicando focus e attenzione su ognuna e lasciando che siano i bimbi e le bimbe a individuare quella che fa più per loro.
Se lo conoscete, lo adorate. E se non lo conoscete, lo adorerete! Perché FAO Schwarz è IL negozio di giocattoli ed entro la fine dell'anno arriverà anche in Italia. Nel frattempo, l'azienda ha pensato ad un divertente concorso-gioco per tutti i bambini e bambine, che per spezzare l'attesa possono andare sul sito a sbirciare qualcosa.
Ma facciamo un passo indietro: in questo articolo vi racconterò tutto sull'arrivo di FAO Schwarz in Italia, il negozio di giocattoli per bambini e bambine più spettacolare e coinvolgente del mondo.
FAO Schwarz è, essenzialmente, il sogno di ogni bambino. Avete presente il mega negozio di giocattoli in cui Kevin entra in Mamma ho riperso l'aereo, mi sono smarrito a New York? Si tratta proprio di Fao Schwarz (anche se nel film ha un nome diverso). Fao Schwarz è infatti uno storico negozio di New York. Si trova al numero 30 di Rockefeller Plaza, aprì nel 1862 a Baltimora dall'idea di Frederick August Otto Schwarz (Fao!) ed è davvero spettacolare e magnifico: sembra uscito dalla mente di un bambino e ciò che vuole offrire è un'esperienza completa nel mondo dei giocattoli, con oggetti e prodotti particolarissimi e curati, peluche giganteschi e un personale che accompagna i bambini nel mondo della fantasia.
Nel mondo ci sono diversi negozi Fao: a Pechino, a Londra, a Boston... Il flagship di Milano sarà il primo ad essere inaugurato in tutta l'Europa continentale, e questo rende l'idea della straordinarietà della notizia.
Entro il 2021, quindi, FAO Schwarz aprirà a Milano, in piazza Cordusio, con uno store di 660 metri quardi. L'apertura è stata possibile grazie ad un accordo esclusivo tra Prénatal Retail Group e ThreeSixty Group (proprietari del marchio).
Per annunciare l'arrivo del negozio di giocattoli che più di tutti ricalca l'immaginario dei bambini, la città si animerà così nei prossimi giorni di performance artistiche e animazioni ludiche, coinvolgendo i bambini e stuzzicando la loro fantasia. Biciclette delle meraviglie, impronte d'orso che cammineranno con i passanti, i famosi soldatini FAO Schwarz in carne ed ossa...
Non solo: FAO Schwarz ha pensato di dare la possibilità ai bambini di vincere alcuni giocattoli! Prima dell'apertura, quindi, sarà possibile partecipare al concorso. Ecco come.
Basta visitare il sito www.faoschwarz.it: i bambini e le bambine troveranno qui il Gioco delle Meraviglie, una virtuale caccia al tesoro con indovinelli e giochi per scoprire Milano e i giocattoli FAO Schwarz (alcuni sono davvero iconici!). Alla fine si riceverà un codice da portare con sé nel negozio una volta aperto: tramite un QR Code si potrà scoprire se si è tra i 500 vincitori di uno dei giocattoli in palio! E c'è anche un super premio: una merenda FAO Schwarz con cinque amici, che si prospetta davvero MAGICA!
L'articolo è recente, si intitola Occurrence of Polyethylene Terephthalate and Polycarbonate Microplastics in Infant and Adult Feces ed è comparso sulla rivista Environmental Science & Technology Letters. L'ha condotto Kurunthachalam Kannan, professionist della New York University School of Medicine, e l'intento era cercare di capire le quantità di microplastica nelle feci degli adulti e dei bambini, per comprendere meglio il grado di inquinamento delle nostre acque.
Il risultato è abbastanza sconcertante: si parla di microplastiche presenti in quantità 10 volte maggiori nei bambini, rispetto agli adulti. Cosa significa, in parole povere? È pericoloso? E, soprattutto, possiamo fare qualcosa per limitare i danni?
Le microplastiche sono minuscole particelle di diversi tipi di plastica che arrivano dagli oggetti di tutti i giorni (cannucce, bottiglie, indumenti...) e dalle sostanze che utilizziamo abitualmente (come le creme o i saponi, le tinte e i detersivi). Attraverso diverse strade arrivano anche all'acqua e agli oceani, causando un problema di inquinamento davvero enorme. Oltre a questo, si annidano dappertutto, anche nella polvere domestica, nel cibo e soprattutto nell'acqua che beviamo. Attraverso la digestione, quindi, entrano nel microcircolo e possono causare diversi problemi di salute.
I ricercatori della New York University School of Medicine hanno recentemente testato dei campioni di feci di tre neonati (nel meconio, quindi), sei bambini e 10 adulti, alla ricerca di tracce di plastica, PET e policarbonato per determinare quantitativamente la concentrazione di questi, dal momento che, pur consapevoli di quanto il corpo umano sia esposto alle microplastiche, ancora non si conosce esattamente la portata del fenomeno.
I risultati hanno portato a individuare tracce di microplastica in due dei tre neonati, e in tutti i campioni dei bambini e degli adulti. Nei bambini la concentrazione è risultata essere molto più alta rispetto a quella riscontrata adulti.
Come si legge sulla rivista Parents.com, il dottor Kurunthachalam Kannan ha spiegato che i bambini sono esposti alla plastica ogni giorno, a partire dai giocattoli per arrivare ai cucchiai e ai biberon. Forse risiede quindi proprio in questo motivo, oltre che nel fatto che mettano tutto in bocca per esplorare il mondo attorno a loro, la ragione della più alta concentrazione di microplastiche nel loro organismo.
Spesso i detrattori delle politiche green parlano dei gesti singoli definendoli inutili. Di certo è la classe dirigente a dover prendere posizione e ad agire su larga scala, ma anche alla luce di questi risultati è evidente che le scelte di tutti i giorni possono avere un'influenza decisamente importante. Per due motivi: cominciando a transizionare verso una vita plastic-free si crea un circolo virtuoso di consumo che porterà le aziende a fare scelte sempre più green; in secondo luogo, eviteremo di aggiungere microplastiche alle microplastiche già presenti, provando a diminuire l'esposizione domestica a cui vanno incontro i nostri bambini.
Quali scelte fare, quindi? In generale, preferiamo sempre giocattoli in legno o senza plastica, soprattutto nel periodo della dentizione.
Per quanto riguarda l'alimentazione, al posto dei contenitori, dei piatti e delle posate in plastica scegilamo vetro e metallo.
Proviamo poi ad eliminare la pellicola in plastica per la conservazione dei cibi, preferendo quella in cera riutilizzabile, e acquistiamo contenitori per il pranzo e gli avanzi che siano plastic-free e mai usa e getta.
Per l'acqua, scegliamo una brocca depurante o il depuratore domestico e stiviamo l'acqua in bottiglie di vetro.
In generale, poi, facciamo attenzione a tutto ciò che compriamo, preferendo materiali naturali senza plastica, ma soprattutto puntiamo sull'economia circolare provando ad acquistare oggetti e mobili di seconda mano, per evitare lo spreco e i rifiuti inutli. E quando facciamo la lavatrice, infiliamo gli indumenti in apposite sacchette che catturano le microplastiche, gettandole poi nel cestino. Eviteremo, così, di buttarle nelle acque di scarico e quindi nei mari.
Mentire non è semplicemente dire qualcosa di buffo per fare ridere, quando entrambi si sa non essere vero. Dire le bugie è più articolato: si tratta di esprimere intenzionalmente qualcosa di falso, qualcosa che tu stesso sai essere falso ma che ti impegni a far credere a chi hai di fronte.
Ma quindi quand'è che i bambini cominciano a farlo? Quando capiscono davvero cosa significa mentire? Perché questo cambia le carte in tavola: quando possiamo, insomma, rimproverarli e fare capire loro - soprattutto - che mentire è sbagliato e che dialogo e verità sono sempre da preferire? Perché impartire una lezione quando questa non è recepibile, perché i bimbi non sanno ancora che stanno mentendo, è controproducente. Capire come funziona meccanismo quindi è molto utile.
Ecco tutto ciò che c'è da sapere sui bambini e le bugie e su quando, tendenzialmente, iniziano a mentire con coscienza.
Non c'è un'età specifica, ma i bambini e le bambine iniziano a dire le bugie tra i due anni e mezzo e i quattro. Inizialmente, però, non possiamo ragionare sulla moralità della cosa come ragioniamo quando parliamo di adulti: i bambini e bambine impiegano infatti anni a capire i significati nascosti e morali delle bugie e non possiamo quindi ipotizzare nulla riguardo al comportamento morale futuro.
Mentire, per i bambini, è come sperimentare. Proprio come quando, intorno ai due anni, testano i limiti dei genitori e provano a imporre la loro persona sugli altri, o come quando da piccoli lanciano gli oggetti per vedere se qualcuno li raccoglie e glieli riporta.
Inizialmente, tuttavia, per i bambini mentire non è semplice e soprattutto non ha lo stesso obiettivo che avrebbe la bugia di un adulto. I bambini piccoli, infatti, non capiscono il concetto dell'individualità del pensiero: credono, in altre parole, che tutti coloro che stanno intorno a loro abbiano la loro stessa percezione. Pensano che tutti la pensino come loro e che vedano come loro. Pensiamo a quando giocano a nascondino intorno ai due, tre anni: si nascondono sotto il lenzuolo e sono davvero convinti che non li vediamo, perché loro non vedono noi.
È solo quando capiscono che le convinzioni, le visioni e i pensieri degli altri non coincidono con i loro che cominciano a mentire coscientemente e sperando in un ritorno. Ed è lì che capiamo che stanno mentendo davvero: anche durante i giochi, capiscono quando possono bluffare per vincere.
In realtà, qualcosa di positvo in tutto questo c'è: mentire è una caratteristica degli esseri umani e quando un bambino o una bambina sono arrivati a farlo, è perché hanno messo in atto un processo mentale del tutto normale e soprattutto complicato, segno che il loro sviluppo cognitivo è sulla giusta strada. Come spiega uno studio, arrivare a mentire è l'ultimo stadio di un processo di ragionamento lungo e tortuoso che parte con l'osservazione della realtà e dei comportamenti degli adulti. Capire, insomma, come si mente e quando è conveniente sarà pure sbagliato, ma è sintomo di intelligenza.
Ad un certo punto, i bambini e le bambine abbandoneranno il pannolino (che sia usa e getta, ecologico o lavabile). Ma quando arriva il momento dello spannolinamento? Non c'è un'età precisa, perché come per tutto il resto lo sviluppo cognitivo, fisico e motorio dei bebè ha i propri tempi.
Più che concentrarci quindi su quando avviene lo spannolinamento, sarebbe bene imparare ad osservare il proprio figlio o la propria figlia, comprendendone il personalissimo sviluppo e capendo in base alle sue tendenze quando è arrivato il momento di togliere il pannolino. Perché ogni bambino ci arriva con i suoi tempi, ma ci sono alcuni segnali che tendenzialmente si ripetono.
Ecco quindi qualche dritta per capire se è arrivato davvero il momento del vasino o se è meglio aspettare, interpretando i piccoli gesti e comportamenti del proprio bebè. Seguendo i tempi del bambino e agendo quando si sente pronto, infatti, porta benefici: il tempo per imparare si riduce e lo spannolinamento avviene più armoniosamente!
Alcuni gesti quotidiani e comportamenti possono farci capire che i bambini e le bambine sono pronti a provare a stare senza pannolino. Innanzitutto, quando imitano le azioni dei grandi, direttamente o quando giocano da soli. Questo non è necessariamente un interesse verso lo spannolinamento, ma è un comportamento che indica ai genitori che i bambini sono pronti a fare un passo in più nella loro vita "adulta".
Altra tendenza che possiamo notare per capire che i tempi sono maturi è quella a rimettere a posto le cose, giocattoli o oggetti di casa che siano. I bambini e le bambine in questa fase tendono a rimettere "al proprio posto" ciò che trovano, mostrando quindi ordine e autorità, ma anche logica.
Infine, il periodo adatto allo spannolinamento è quello che segue i mesi in cui i bambini mostrano la propria indipendenza, sfidando spesso i genitori con i loro "no".
Attenzione anche ad alcuni gesti. Su tutti, l'abitidine a togliere e rimettere i pantaloni e la maglietta, o i vestiti in generale, mostrando impazienza o levandoli in momenti inopportuni, magari alzandoli e abbassandoli continuamente.
Altro segnale è la comunicazione sui loro bisognini: quando fanno la pipì o la cacca, in questo periodo i bambini e le bambine lo "annunciano". Ecco, anche questo è un segno di prontezza perché significa che stanno acquisendo sempre più consapevolezza su una funzione fisiologica che possono controllare.
Infine, da genitori dobbiamo fare attenzione a quando i bambini e le bambine mostrano interesse nel vasino o nel wc degli adulti, sia seguendoci spesso in bagno, sia facendo domande dirette e specifiche, oppure girandoci intorno.
Oltre all'attenzione a questi segni, il consiglio ai genitori è quello di valutare anche il momento dello spannolinamento. Anche se si notano le tendenze sopraelencate, infatti, è sempre meglio scegliere un momento che sia davvero buono.
Evitiamo, quindi, lo spannolinamento quando c'è in corso qualche disturbo gastrointestinale, come la dissenteria o la stipsi. Lo stesso vale per i momenti di stress: se in famiglia è in corso un cambiamento (come un trasloco, una nuova nascita, una separazione...) è meglio attendere un attimo. Infine, valutiamo l'attitudine dei bambini: siamo intorno ai terrible twos e se i bambini e le bambine appaiono particolarmente agitati e poco cooperanti, è meglio aspettare che la fase passi o si attenui.