Ormai, tutti sono sempre più interessati ad alternative naturali per accompagnare i farmaci tradizionali e per mitigare gli effetti di moltissime malattie. Questo, senza dover riempire il proprio corpo di sostanze chimiche artificiali.
Oggi, anche se non è considerato una cura vera e propria, sembrerebbe che il CBD offra un aiuto reale a chi, mentre si cura, desidera ridurre le conseguenze negative di malattie, anche serie. Ciò ha provocato un accrescimento della quantità di ricerche condotte sul CBD e sui suoi presumibili vantaggi per la salute. È universalmente accettato che il CBD sia positivo per il sistema immunitario. Tuttavia, c'è ancora molta titubanza quando si tratta di condizioni più serie.
Il CBD è conosciuto ed apprezzato, anche dalla comunità scientifica e accademica, per le sue proprietà antinfiammatorie e antiossidanti, per via dei suoi benefici indubitabili. Questi sono stati corroborati da numerosi studi, come quello realizzato da Nagarkatti per il Journal of Future Medicinal Chemistry.
Però, altri studi sono stati capaci di dimostrare che il CBD, somministrato a roditori affetti da Alzheimer, è in grado di frenare il declino della memoria e delle funzioni cognitive. Inoltre, si è rivelato utile come trattamento contro l'ansia e lo stress, due condizioni comunemente osservate nei malati di Alzheimer. Sebbene ciò non abbia un impatto diretto sul modo in cui la malattia chiamata Alzheimer evolve nel tempo, il venir meno di questi sintomi può rendere la vita un po' più facile per una persona che ne è affetta.
Può il CBD essere utile in caso di amnesia?
Parrebbe di sì. Le perdite di memoria possono avere molti moventi, ma quasi sempre sono legate ad un rilascio di ossigeno, che può causare un rilascio di O2 e, di conseguenza, dei connessi sintomi di deterioramento a livello cerebrale. Poiché il CBD è un antiossidante capace di far indietreggiare i problemi da mancanza di ossigeno, le mansioni cerebrali condizionate sfavorevolmente possono migliorare. Inoltre, è di giovamento ed efficace nel prevenire la amnesia, se questa è una conseguenza dello stress ossidativo come sintomatologia da infermità distinte.
Sai che l'olio di CBD può aiutare con la fibromialgia? Purtroppo è una bella gatta da pelare perché i sintomi più diffusi sono emicrania, disordini del sonno, cistite interstiziale, depressione e ansia, assopimento inguaribile e sofferenza incredibile, riconducibile alla colonna vertebrale e all'apparato articolatorio delle zone periferiche. Anche se non è una terapia, e va assunto sotto stretto controllo di uno specialista di medicina, il CBD aiuta a gestire i disagi associati alla malattia. Per esempio, la percezione di fitte e spasmi di dolore, i turbamenti nel dormire, l'affaticamento, il nervosismo e l'apprensione.
Un peggioramento nella sintomatologia psicotica potrebbe avere luogo in soggetti affetti da un quadro patologico schizofrenico quando si assume la cannabis, ma nonostante ciò è anche comprovato che il CBD abbia il potenziale sufficiente per poter rendere più sopportabili i sintomi peggiori.
Alcuni esperimenti, come quelli condotti da Osborne e Co. (2017) hanno acceso i riflettori sulla abilità appena citata del CBD oltre a far emergere il potenziale negli annessi stati cognitivamente significanti. Eppure in seguito non è stato sfortunatamente possibile rilevare alcun esito positivo nel tentativo di tenere sotto controllo i sintomi della patologia (tra cui le allucinazioni auditive e visive), che è nota con l'appellativo di schizofrenia.
Tuttavia, un team di luminari composto dal dottor McGuire e dai suoi compagni della prestigiosa Royal University di Londra, smentendo tale congettura ha stabilito che sia gli esperimenti realizzati e condotti sull'essere umano, ma anche su altri mammiferi, hanno riportato che il CBD gode di doti antipsicotiche.
Per poter portare a termine lo screening ,lo studio è proceduto così: divisione dei pazienti schizofrenici in due gruppi distinti, uno trattato con CBD e uno con un farmaco inerte (placebo), sempre in complemento (quindi senza dover rinunciare) a antipsicotici di uso corrente e previamente assunti. Sono stati poi sottoposti ad esami, adoperando dissimili scale di valore. Unendo i dati pre e post trattamento, in 42 giorni il gruppo a cui era stato somministrato CBD presentava una livello inferiore di sintomi, a differenza di quello che solo aveva assunto un placebo.
Insomma, non esiste una opinione ed una risposta univoca.
Riassumendo, il CBD si è rivelato un valido aiuto nel gestire e controllare i sintomi di molte malattie serie, pur non essendo un farmaco valido per curarle.
Si tratta di un composto non psicoattivo legale nella gran parte dei paesi, e che ha dimostrato di poter agire come antischizofrenico e anti-ansia. Nonostante questo, non si tratta di un medicamento!
Prima di assumerlo, chiedi consiglio al tuo medico curante. Inoltre, il CBD è un calmante, e può ridurre la consapevolezza o l'attenzione.
I libri per bambini non sono utili solo perché trasmettono ai bambini il piacere della lettura (passatempo che potranno mantenere una volta cresciuti), ma anche e soprattutto perché mostrano le differenze, le vite, i mondi... Sono quindi fondamentali per sviluppare empatia (la capacità di mettersi nei panni dell'altro) e ci vengono in aiuto quando vogliamo parlare di argomenti delicati ma importanti. Come ad esempio la disabilità.
Ecco dunque una selezione dei migliori libri per bambini sulla disabilità, per imparare l'inclusione, il linguaggio da utilizzare e la normalità dell'essere tutti diversi.
Prima arriva il coniglio, secondo cui la cosa più importante è avere orecchie lunghe per sentire. Poi arrivano tutti gli altri animali, che impongono la loro "cosa più importante". Ma ce n'è davvero una che supera le altre? Beh, ognuno ha la propria particolarità che lo rende unico, e le differenze sono la cosa più importante! A partire dai due anni.
A partire dai 3 anni è consigliato "Martino Piccolo Lupo", libro che racconta la storia del piccolo lupacchiotto tacciato di non essere un vero lupo.
Per i bambini dai cinque anni ecco un libro illustrato che parla di cinque strambi personaggi (uno tutto bucato; uno piegato in due; uno tutto molle; uno capovolto; e uno sbagliato dalla testa ai piedi) che un giorno si trovano ad avere a che fare con il Perfetto. Con ironia si parla delle qualità che ognuno ha! Lo trovate qui.
Sempre per i bambini dai cinque anni "Vi stupiremo con effetti speciali", un libro che parla di disabilità attraverso storie e illustrazioni speciali. Lo ha pensato Luca Trapanese, il papà single di Alba, presidente di una Onlus dedicata alla disabilità infantile e all'inclusione.
Questo libro è davvero bello e commuovente, e parla di autismo ai bambini a partire dai 6 anni, seguendo la magica storia di Tobias e della sua mamma.
Un romanzo per i ragazzi che cominciano a leggere storie più corpose e che si interessano delle vite diverse dalla propria: "Cento passi per volare" racconta la storia di Lucio, che ha quattordici anni e che da piccolo ha perso la vista. La sua vita è avvolta dal buio, ma la montagna è la sua passione. Sulle Dolomiti incontrerà Chiara e, durante una passeggiata sul Picco del Diavolo, incontreranno l'aquilotto Zefiro, rapito dai bracconieri. Lo potete acquistare qui.
Anche la depressione è una malattia e spesso, quando diventa invalidante, una disabilità. Conoscerla fin da piccoli è possibile, con le giuste parole. Come quelle di questo libro a partire dai 5 anni.
Un discorso delicato, intenso e pieno di sentimento, da cui non si può scappare: quando una coppia con figli si separa o divorzia, parlarne con i bambini (quando hanno già una certa età) è inevitabile. Come comunicare il divorzio ai propri figli, quindi?
Non c’è naturalmente un metodo uguale per tutti, o una modalità “giusta”; detto questo, ci sono piccole sfumature e piccoli metodi che possono davvero aiutare tanto i genitori nella comunicazione quanto i bambini nell’affrontare la situazione.
Prima regola: usare parole semplici. Sembra scontato ma non lo è. La chiarezza deve essere sempre la chiave di lettura con cui proporre il discorso ai bambini. Spieghiamo quindi ai nostri figli cosa accadrà, perché si è arrivati a questo, ma soprattutto che, anche se cambierà l’amore tra i genitori, mai cambierà l’amore che mamma o papà hanno nei loro confronti. Essere una coppia, infatti, può cessare di esistere, ma non si può smettere di essere genitori.
Anche per questo motivo, per mostrare ai bambini che genitori lo si sarà sempre (e soprattutto che la genitorialità sarà sempre condivisa) il consiglio è quello di dare la notizia insieme, e non uno alla volta, sia per non dare pesi diversi alle due persone, sia per mostrare questa unione quando si tratta dei figli. Altro motivo per dirlo insieme è fare capire subito ai figli che la decisione è condivisa, e non presa da uno dei due. I bambini, altrimenti, si farebbero l’idea che mamma o papà potrebbero ancora cambiare idea. Ma se la decisione è bilaterale, i figli capirebbero in maniera più realistica la situazione.
“Non siamo più una coppia e purtroppo non c’è niente che tu possa fare, ma è giusto così!” è una frase che possiamo utilizzare proprio per fare capire che la responsabilità non è loro e che è giusto che non stia a loro risolvere i problemi di mamma e papà.
Non dilunghiamoci poi sulle spiegazioni troppo dettagliate: soprattutto all’inizio i bambini non ascolteranno altro, ma si concentreranno sulla macro notizia. Ciò che devono elaborare è già grosso di per sé e li ha già scombussolati parecchio. I dettagli, quindi, arriveranno dopo, anche e soprattutto quando saranno loro a fare domande. Domande che starà a noi stimolare e incoraggiare. A queste domande, quindi, rispondiamo con sincerità, sottolineando sempre che la colpa non è loro.
Una tendenza dei bambini, infatti, è quella di colpevolizzarsi, perché magari ci hanno fatto arrabbiare scatenando il circolo di eventi che hanno portato ai litigi. È importantissimo quindi continuare a rassicurare i bambini: loro non c’entrano, anzi!
Per quanto riguarda la quotidianità, è utile fin dai primi giorni chiarire che le abitudini cambieranno, così come i momenti che si passeranno con l’uno o con l’altro genitore. Esponiamo bene ai bambini cosa accadrà, con le case che diventeranno due, i giorni di scuola che saranno affidati alla mamma o al papà e i weekend viceversa. E per far sì che la transizione non sia troppo dura e repentina, cerchiamo di coinvolgerli: il genitore che lascia la casa, ad esempio, può cercare casa insieme al bambino (se è già abbastanza grande) oppure chiedergli cosa gli piacerebbe ci fosse nella nuova casa.
Un oggetto di transizione è poi molto consigliato: che sia un peluche al quale il bambino è particolarmente legato, o il libro che apprezza di più gli venga letto la sera, oppure il tappeto della camera che tanto ama, possiamo portarlo nella nuova casa.
Infine, cerchiamo comunque di non stravolgere le abitudini: anche spostandosi da una casa all’altra, proviamo a mantenere dei punti e degli orari fermi, come l’ora della nanna, il momento dei giochi, la passeggiata… Sono baluardi in una situazione di incertezza e fanno benissimo ai bambini.
Infine, esistono libri davvero belli e utili che possono venirci incontro: ecco le letture per parlare ai bambini del divorzio.
A volte diamo ai nostri figli nomi che, semplicemente, ci piacciono. Altre volte, invece, perché amiamo il significato e l’etimologia. Altre ancora perché ci ricordano qualcuno che amiamo, o perché amiamo i personaggi della letteratura che portano quel nome. E se amiamo l’arte? Sono moltissimi i nomi di artiste e artisti a cui possiamo ispirarci. Ecco una carrellata dei più bei nomi per femmine e per maschi che prendono spunto dai più grandi artisti della storia.
Proprio come Frida Kahlo, la pittrice messicana nota al grande pubblico per i suoi autoritratti e per le sue opere dense di significato e di emozione.
Pittrice italiana caravaggesca, è tra le artiste non contemporanee più conosciute e amate.
Il nome si ispira a Tamara De Lempitcka, artista polacca Art Decò affascinante, misteriosa e bravissima.
L’arte non è solo figurativa, e l’esponente di spicco dell’arte performativa si chiama Marina, Marina Abramovic.
Un nome che prende spunto da quello di Georgia O’Keeffe: americana, è nota per i bellissimi dipinti di fiori e teschi.
Altra artista performativa ma stavolta italiana: si tratta di Vanessa Beecroft, famosa per i suoi tableau vivant.
Come Pablo Picasso, che quando diciamo “arte” viene subito in mente.
Un nome impegnativo ma bellissimo che ricorda subito l’oro dei dipinti di Gustav Klimt.
Classico e tradizionale, proprio come Leonardo.
Se tra i nomi femminili citiamo Frida Kahlo, non può mancare Diego tra quelli maschili: era il nome del suo amante, compagno e collega Diego Rivera.
Van Gogh rimarrà sempre tra gli artisti più amati e il nome “Vincenzo”, classico e intramontabile, anche.
Amedeo
L’Italia non annovera solo i grandi classici, tra gli artisti più amati e conosciuti. Anche i pittori contemporanei sono importantissimi, proprio come Amedeo Modigliani.
Consapevoli di tutte le difficoltà (da quelle del concepimento, che non è così immediato, a quelle lavorative, dal momento che le donne in Italia ancora oggi sono tutelate pochissimo — quando hanno un lavoro…), questo articolo vuole rendervi le cose un po’ più facili, cercando di capire quali siano gli aspetti lavorativi da analizzare quando stiamo cercando un bambino, per arrivare al momento del “sono incinta!” con più serenità e sicurezza.
La prima cosa da fare è parlare con le mamme e i papà presenti in azienda. A volte non lo sappiamo, ma sono presenti bonus maternità di cui non siamo a conoscenza, oppure opportunità di lavoro più flessibile che non conosceremmo se non ne parleremmo con gli altri. Addirittura, ci sono rami dell’azienda più flessibili, o più adatti alle mamme lavoratrici, e potrebbe quindi essere questo un buon momento per chiedere il trasferimento. Al contrario, parlando con i colleghi riguardo alle questioni legate alla maternità e alla paternità, potremmo anche scoprire che l’azienda non è così flessibile e aperta. A quel punto potremo fare le nostre valutazioni (tenendo comunque sempre presente che siamo tutelate dalla legge!).
Se prima di essere mamme e papà ci ritroviamo a fare orari assurdi al lavoro senza battere ciglio, una volta arrivati i pargoli sarà diverso, perché volenti o nolenti a casa ci sarà qualcuno che avrà bisogno di noi. Iniziamo, quindi, a fissare gli orari, a non dire “sì” a tutto, a dire “facciamo alle 15” invece di “dimmi tu l’orario!”, in modo da stabilire una routine e cominciare a proteggere quegli orari che sai già saranno preziosi una volta diventati mamma o papà.
Ci sono asili vicini a casa? Oppure è meglio cercarne uno accanto all’ufficio? C’è addirittura un nido aziendale ma non lo sapevi? Oppure i nonni sono già disponibili a tenere i bambini? Sono domande da farsi, prima di cercare un bambino! Perché la risposta influenzerà moltissimo la quotidianità.
Gli ultimi anni, e in particolare il 2020, sono stati caratterizzati dalla flessibilità e dallo smart working o work from home: una bella notizia per chi cerca un bambino perché si tratta di modalità di lavoro che spesso vanno incontro ai neogenitori. Non puntare per forza allo smartworking: quello può essere altrettanto difficile, con un bambino a casa! Ma cerca piuttosto di capire bene la tua modalità di lavoro, i giorni in cui puoi lavorare da casa, gli orari migliori per dedicarti alla famiglia… Grazie alle nuove modalità potrai trovarti più alleggerita.
Le notizie di cronaca degli ultimi giorni sono preoccupanti e, anche se la verità deve ancora venire a galla del tutto (non sappiamo insomma, se i casi siano davvero legati a presunte sfide di TikTok o meno), è indubbio che i social network siano pieni di insidie, soprattutto per i ragazzini, che stanno ancora formando una loro coscienza e un loro senso critico e che si trovano in un ambiente piuttosto pericoloso e difficilmente controllabile.
Ecco quindi qualche regola da seguire per evitare di farci prendere dall’ansia assicurando che i nostri figli utilizzino consapevolmente i social e navighino in acque un po’ più sicure.
L’educazione digitale e virtuale è oramai imprescindibile: i nostri figli, nativi digitali, si trovano fin da piccoli ad utilizzare la tecnologia (anche se sotto la nostra supervisione) e passerà poco tempo prima che si ritrovino con il loro primo cellulare in mano. È innegabile. Perché, diciamocelo, è difficilissimo che arrivino ai diciotto anni senza.
Evitando quindi di stigmatizzare del tutto gli smartphone e i tablet ma guardando in faccia la realtà, è bene che i genitori non si nascondano e non caccino la testa sotto la sabbia, prendendo in mano la situazione ed educando i propri figli sin da subito, proteggendoli quando possibile e spiegando loro in maniera chiara i pericoli di internet e dei social e le corrette modalità di utilizzo, così come i rischi di imbattersi in malintenzionati. Pensiamola un po’ come l’educazione civica e quella sessuale: un tempo non c’erano, ma sono fondamentali. Lo stesso vale per l’educazione digitale.
Qualche consiglio, quindi, lo dà la polizia postale, che, come riporta Ansa, ha stilato delle regole dalle quali attingere.
Prima di tutto, è bene parlare apertamente ai bambini e ai ragazzi delle sfide che girano sui social, in modo da togliere quel velo di fascino che il “tabù” porta con sé e in modo che non si lascino affascinare e trascinare. Se ne venissero al corrente navigando da soli o ascoltando i coetanei e gli amici, infatti, il pericolo sarebbe maggiore.
Illustrando le sfide, chiariamone quindi i pericoli reali, cercando di essere oggettivi ma non esasperanti: i bambini e i ragazzi non hanno il nostro senso del pericolo, non capiscono appieno i rischi mortali di certe cose, e chiarire le conseguenze è quindi doveroso. Così come capire le conseguenze della “memoria dell’internet”: con esempi e spiegazioni chiare, esponiamo ai ragazzi il pericolo dei video e delle foto (soprattutto intime), di come la loro diffusione sfugga al controllo e di come rimangano scolpiti per sempre in internet, anche quando cresceranno, anche quando cercheranno lavoro.
Dopodiché, un buon monitoraggio è sempre consigliato. I device che i nostri ragazzi utilizzano non dovrebbero mai avere la password, o comunque dovremmo conoscerla in maniera tale da poter accedere in qualunque momento, controllando ciò che fanno e dove navigano.
In generale, comunque, un buon metodo per educare i bambini ai pericoli della rete è navigare insieme a loro, spiegando come e perché è meglio non entrare in certe pagine o non cliccare su certi link. Piano piano capiranno, anche seguendo il nostro esempio, di come ci si comporti in rete.
Infine, non esitiamo: se ci imbattiamo in sfide pericolose o in video particolarmente preoccupanti (anche a livello di maliziosità e compagnia bella) segnaliamoli alla polizia postale e a quella di Stato, che ha anche una pagina Facebook (dal titolo Una Vita da Social) in cui tiene aggiornati i genitori e gli interessati sui nuovi pericoli della rete.
Le serie tv sono davvero per tutti e sono un po’ la nuova letteratura (non nascondiamoci: se siete lettori amerete anche la serialità tv, e se non siete lettori ma amate le serie, beh, ve lo dico, amerete anche i libri, perché il principio è proprio lo stesso!). Anyway. Esistono davvero tante serie tv per famiglie, da guardare con i bambini e da amare alla follia. Ecco le nostre preferite, da guardare con i bambini o con i ragazzi un po’ più grandicelli (dalle medie in poi, insomma).
E, ps!, guardare le serie tv con i bambini può essere un ottimo modo per imparare le lingue: basta guardarle in lingua originale con i sottotitoli.
Al primo posto sta certamente “Anne with an E”, o “Chiamatemi Anna” (che troviamo su Netflix), la trasposizione televisiva della serie di libri di Lucy Maud Montgomery “Anna dai capelli rossi”. Delicata, emozionante, profonda, questa serie tv è bellissima da vedere (ha paesaggi mozzafiato), parla di amicizia, crescita, amore, adozione… E no, non è solo per bambini, vedrete.
Sempre su Netflix, la serie tv tratta dai libri del Club delle Babysitter, che sono stati una serie tv negli anni Novanta e dei fumetti, tra le altre cose. In questo caso, l’ambientazione è quella dei giorni nostri!
Con i figli preadolescenti e adolescenti possiamo guardare Modern Family, una serie tv ormai conclusa ma già cult, che racconta le vicende della famiglia Pritchett-Dunphy-Tucker. Fa riderissimo, parla di temi attuali in maniera naturale e non è mai volgare!
Anche questa serie è cult, anche se ancor più datata. Ma anche se certe battute sono invecchiate male (meglio spiegarle e dire perché sono sbagliate!) e c’era poca rappresentanza di altre etnie oltre a quella bianca, resta sempre tra le serie più amate e ben riuscite. Da vedere con i figli un po’ più grandi.
Questa serie tv racconta le classiche fiabe in maniera nuova e diversa: una maledizione della Regina Cattiva ha costretto tutti i personaggi a vivere nel nostro mondo, in una cittadina chiamata Storybrooke. Ma loro non lo sanno e non ricordano chi sono.
Anche questa serie è tratta da un libro e parla di tre fratelli orfani che si ritrovano nella casa del tutore Olaf, che vuole accaparrarsi la loro eredità. Un po’ cupa e grottesca, ma anche divertente, piacerà ai ragazzi delle medie.
Fa (ad alcuni!) paura, ma è fantascientifico e pazzesco, e parla proprio di ragazzini di dodici anni: parliamo di Stranger Things, amatissima serie tv ambientata negli anni Ottanta. Su Netflix.
Un cult. Ha bisogno di altre presentazioni?
Per fare incetta di cultura anni Novanta, un Will Smith perfetto e divertentissimo.
Per i ragazzi dalle medie in poi c’è una serie tv che è un gioiellino: Atypical parla di un ragazzo nello spettro autistico che sogna di avere una ragazza. Come tutti i suoi coetanei. Di nuovo su Netflix.
Colorato, divertente, musicale, coinvolgente: Glee è stato la colonna sonora e visiva per molti ragazzi del decennio scorso. Possiamo rispolverarlo con i nostri figli!
Emmi Pikler, pediatra ungherese del secolo scorso, lo ideò negli anni Trenta: la sua idea era che i bambini avessero bisogno di autonomia per sviluppare la propria motricità. I genitori, insomma, secondo la dottoressa Pikler dovrebbero favorire l’indipendenza motoria dei bambini in modo da favorire un corretto e armonico sviluppo.
Per farlo, creò addirittura una struttura-gioco davvero unica, che fortunatamente sta tornando di moda: si tratta del triangolo di Pikler, che prende il nome proprio da lei e che asseconda la crescita in maniera naturale, autonoma e stimolante.
Il triangolo di Pikler è una struttura in legno di forma piramidale su cui il bambino si può arrampicare, grazie ai pioli sui lati. Non è molto alta e ricorda una scala per l’arrampicata, dal momento che il bambino può appunto arrampicarsi su di essa arrivando fino alla cima. Arrivato al culmine, può scendere dallo stesso o dall’altro lato.
Alcuni triangoli di Pikler presentano poi una sorta di “scivolo” da agganciare ai pioli, una rampa che permette ai bambini di sperimentare anche le scivolate, le strisciate e la discesa alternativa.
L’intento della struttura è proprio il movimento autonomo: i bambini (sotto la supervisione di un adulto, soprattutto le prime volte) non appena in grado di camminare e reggersi autonomamente possono sperimentare il loro moto sul triangolo di Pikler, agganciandosi, appoggiandosi, arrampicandosi e salendoci gradualmente.
Base pedagogica è la sperimentazione autonoma del movimento, fondamentale secondo tante scuole di pensiero, come ad esempio quella di Maria Montessori. Ed è per questo che il triangolo di Pikler è ritenuto dai più un accessorio montessoriano.
Il bambino o la bambina giocando con questa struttura scopriranno movimenti nuovi, alleneranno la presa delle dita, l’equilibrio, la creatività (inventando nuovi movimenti), ascolteranno il proprio corpo, il proprio peso, la propria coordinazione…
Il consiglio è quello di acquistare il triangolo di Pikler fin da subito, nei primi mesi di vita, posizionandolo nella zona gioco. Inizialmente potrà diventare anche una palestrina per neonati (appendendo degli elementi ai pioli), dopodiché, piano piano, i bambini prenderanno confidenza con esso gradualmente, utilizzandolo come meglio ritengono in base alla loro capacità del momento. In alternativa, può essere un regalo perfetto al compimento di un anno d’età, poiché è proprio quando i bambini cominciano a camminare e a muoversi autonomamente che diviene prezioso.
Di triangoli di Pikler molto carini se ne trovano su Etsy, ma certamente i prezzi migliori sono su Amazon.
Questo ad esempio è un triangolo di Pikler semplice e pulito, base, e costa 119 euro.
Questo invece è già dotato di rampa-scivolo, agganciabile in diverse posizioni e utilizzabile per attività differenti.
La pasta con le cime di rapa è tradizionalmente pugliese, ma in generale tutt'Italia la ama moltissimo. Si tratta della pasta (la ricetta originale prevede le orecchiette) con le erbette che spuntano dai broccoli, cimette amarognole e molto, molto saporite che si sposano bene con le acciughe (ma che, nel caso siate vegani o vegetariani, potete togliere). Ecco dunque una ricetta classica ma intramontabile, buonissima, che spesso (incredibilmente!) piace anche ai bambini (se li abituiamo ai diversi sapori fin da piccoli).
Aerosol, allergie, raffreddori, vie respiratorie… Un mondo che è bene conoscere per offrire ai nostri bambini - asmatici o allergici - le terapie migliori. Per farlo, FederAsma e Allergie Onlus con le società scientifiche IAR, SIAIP e SIMRI hanno deciso di impegnarsi nella campagna “Un respiro di salute - Aerosolterapia - I benefici per i pazienti”, per farci scoprire meglio l’aerosolterapia e i suoi benefici, il suo uso corretto e le malattie respiratorie più comuni, da quelle stagionali a quelle croniche.
Perché a volte basta davvero poco per combattere e gestire i disturbi tra i più diffusi al mondo, ovvero quelli respiratori come l’asma e le allergie croniche, i disturbi di stagione e le malattie di origine infettiva o infiammatoria (anche cronica) che colpiscono gola, bronchi, polmoni, orecchie, tonsille…
L’aerosolterapia bisogna conoscerla. Bisogna sapere quando è necessaria per combattere i problemi delle prime vie respiratorie e bisogna essere consapevoli di quando può essere uno strumento efficace e insostituibile. L’aiuto di FederAsma e Allegie Onlus, insieme alle società scientifiche IAR, SIAIP e SIMRI, è per questo molto prezioso.
FederAsma e Allergie Onlus - Federazione Italiana Pazienti è un’associazione nata nel 1994 per riunire le associazioni italiane che sostengono la lotta alle malattie atopiche e respiratorie. Queste ultime sono più frequenti di quanto pensiamo: basti sapere che solo in Europa sono 300 milioni le persone che soffrono di asma, una malattia cronaca che richiede denaro e impegno da parte del paziente per raggiungere un buon controllo e una buona gestione della sua patologia.
Essendo così tanti i pazienti, sono moltissimi anche i bambini asmatici o allergici.
“Un respiro di salute” è un progetto che da due anni a questa parte ha come obiettivo la divulgazione corretta sull’aerosolterapia, un metodo per gestire le malattie respiratorie in maniera semplice e sicura. E non si parla solo di nebulizzatori: l’aerosolterapia comprende tutte quelle modalità di somministrazione dei farmaci attraverso particelle di aerosol, per arrivare nel naso, nella gola o nei bronchi più velocemente e in maniera più mirata. Parliamo, quindi, di lavaggi e spray nasali, di inalatori a polvere secca o di nebulizzatori, strumenti che permettono di sciogliere nell’aria le particelle della terapia, rendendola più semplice e più efficace.
Il progetto “Un respiro di salute” lo si trova anche su Facebook e tutti coloro che vogliano approfondire il tema dell’aerosol troveranno contenuti davvero interessanti e completi, come la panoramica sulle malattie respiratorie in età pediatrica, ma anche gli approfondimenti sulle malattie e le cure relative, le interviste ai professionisti del settore e, non ultimo, un focus sul Coronavirus.