Dipendenza da tecnologia, come riconoscerla

Martedì, 19 Novembre 2019 14:30

Uno dei mali dei nostri tempi è certamente la dipendenza da tecnologia. Che non riguarda solo i genitori, ma purtroppo anche i bambini, e in particolare i preadolescenti e gli adolescenti.

Da nativi digitali, i nostri figli sono cresciuti vivendo la tecnologia come una parte integrante della vita reale. E questo non è necessariamente un male: ci sono app educative, si imparano molte cose, i nostri bambini imparano fin da subito ad utilizzare strumenti che serviranno loro da adulti… Ma allo stesso tempo il rischio che sviluppino una dipendenza dai device è reale.


Ma come riconoscere questa dipendenza? E che fare per guarire i nostri figli?

Dipendenza da tecnologia, come riconoscerla: tutto ciò che i genitori devono sapere riguardo la dipendenza dai device tecnologici

Ciò che dobbiamo mettere in conto è che la dipendenza da tecnologia e internet è molto seria. È difficile da identificare e da misurare, ma spesso è correlata (e spesso ne è causa) di disturbi del comportamento come l’ADHD.

Questo perché la tecnologia ci porta ad essere multitasking a livello di concentrazione, a saltare di pagina in pagina, di immagine in immagine e di argomento in argomento, e questo ci porta a non essere più capaci di focalizzarci.

Quando un bambino fatica a ricordare le cose e quando fatica a concentrarsi, può essere considerato un campanello di allarme.

Altri sintomi più o meno chiari sono il bisogno di utilizzare sempre più spesso i device; la riduzione di interesse per ogni altra attività, soprattutto “reale” e non “virtuale”; depressione, ansia e stress (anche nei bambini); la difficoltà a dormire bene e a lungo.

E poi, non ultimo, una riduzione delle relazioni interpersonali e degli amici, unita a cambi repentini di umore e alterazione della percezione del tempo. 

Anche a livello fisico possono esserci dei sintomi, come il mal di schiena, il mal di collo e il tunnel carpale, a causa delle posizioni errate che i ragazzi assumono al computer, al cellulare o al tablet.

Innanzitutto, per limitare il rischio che i nostri figli sviluppino questa dipendenza dobbiamo per prima cosa dare noi l’esempio. Ciò significa limitare il tempo di utilizzo dei device in casa, evitando di portali a tavola e, soprattutto, cercando di evitare di utilizzarli quando stiamo con i bambini. Facciamoci caso: a volte lo smartphone ci cattura, è normale, ma diventa pericoloso nel momento in cui ci ipnotizza e ci troviamo a rispondere in maniera automatica e sovrappensiero a chi ci sta attorno.

Seconda regola: insegnare fin da subito il modo corretto di utilizzare la tecnologia, sottolineando i pericoli e le potenzialità, navigando insieme ai nostri figli, controllandoli e lasciando che imparino, ma sotto la nostra supervisione.

Non dimentichiamo poi di passare più tempo possibile all’aria aperta e facendo attività diverse, giocando, camminando, correndo, facendo sport… In una società nella quale le attività indoor hanno preso il sopravvento, lo spendere il tempo nella natura, insieme e facendo diverse attività è assolutamente benefico.

Femminismo: non significa lottare semplicemente e meramente per i sacrosanti diritti delle donne. Significa, soprattutto, lottare per i diritti di tutti e per l’uguaglianza di genere.

A dare l’esempio di grande femminismo, allora, è Pink, la cantante statunitense che pochi giorni fa ha fatto un annuncio davvero interessante.

Pink, mamma lavoratrice, prende una pausa a favore del marito: perché Pink dicendo “stop” alla musica per lasciare spazio al marito ci dimostra un femminismo sano

La notizia è fresca e sta già facendo il giro dei mondo e dei social: la cantante Pink ha annunciato di prendersi una pausa dalla musica. Il motivo? Dare la possibilità al marito di poter fare carriera.

L’annuncio è arrivato durante un’intervista di Pink mentre era ospite del programma Entertainment Tonight, durante la quale Pink ha dichiarato: “Il 2020 è l’anno della famiglia. Mio marito, Carey, mi aiuta moltissimo, mi segue in giro per il mondo, quindi ora è il suo turno”. E ha aggiunto: “Siamo molto fortunati a stare insieme, combattiamo l’uno per l’altra”

La cantante Pink, al secolo Alecia Beth Moore, è sposata con Carey Hart, ex pilota motociclistico. I due hanno due figli, Willow, che ha otto anni, e Jameson, due. Da qualche anno Carey gestisce un’organizzazione di beneficenza che opera nel settore motori, la Good Ride.

Dopo un tour mondiale di due anni, la popstar ha dunque deciso di lasciare spazio al marito, per far sì che anche lui insegua i sogni di carriera e si possa dedicare al lavoro che tanto ama. Dopo quattordici anni di matrimonio. “Sono rimasta in piedi anche grazie a Carey”, ha spiegato durante l’intervista, “sono passata dal sentirmi una bambina perduta ad essere una donna, capendo chi sono e trovando la mia strada”.

Il marito l’ha sempre supportata, dimostrando come gli uomini siano fondamentali per l’uguaglianza di genere in una famiglia. Ma l’uguaglianza la si raggiunge soprattutto quando entrambi i partner possono sentirsi realizzati e in equilibrio. L’aiuto deve essere reciproco, i compromessi devono essere armoniosi, e in questo caso Pink sta mostrando come anche le donne più affermate possano essere il giusto tipo di femministe, quelle che non calpestano l’altro, ma cercano il supporto vicendevole.

Ciò significa che ora, dopo anni passati in testa alle classifiche e dopo la recente tournée mondiale, Pink resterà “a casa” ad occuparsi dei due figli, supportando Carey anche in questa maniera, per far sì che entrambi siano soddisfatti non solo a livello familiare (dal momento che sono già una famiglia affamatissima), ma anche professionale.

L’intenzione, certamente, sarà quella di mettere in stand-by la sua carriera, e non di abbandonarla del tutto. Ma, in ogni caso, questa decisione potrebbe risultare davvero benefica per la sua famiglia, che sarà così composta da persone senza rimpianti, che sappiano qual è il momento giusto per brillare individualmente e quando, invece, è tempo di rallentare.

“Comandini”. Così chiamano una volta i bambini autoritari, un po' prepotenti, quelli che decidono i giochi da fare, che scelgono i ruoli quando si gioca, che non accettano altri colori rispetto ai loro preferiti… I “capetti”, insomma. Che fa sorridere, ma solo fino ad un certo punto.

Lo sanno bene i genitori di bambini autoritari, che si trovano a non sapere più cosa dire per non arrabbiarsi quando i propri figli non vogliono saperne di piegarsi alle preferenze degli altri. Certo, è bello avere una propria idea, avere sicurezza in se stessi, ma a volte si sfocia nell’antipatia e, soprattutto, nella maleducazione.

“No, adesso giochiamo a fare i cuochi”. “Tu fai quello, io faccio questo”. “Quelli sono i tuoi mattoncini, questi i miei”. “Disegna un dinosauro, io coloro la casetta”. Sono frasi comuni, ma che indicano un bambino autoritario nel momento in cui lui le snocciola come fossero ordini. Ma come fare per ammorbidire questa tendenza e per fare capire che la condivisione, i compromessi e la mediazione sono fondamentali per avere rapporti sereni con gli altri?

Le frasi positive per educare i figli autoritari: le frasi da utilizzare quando vostro figlio è “un capetto” e non vuole ascoltare le idee degli altri

“Non è molto divertente quando mi ordini cosa fare”

A volte essere diretti è la soluzione migliore. Invece che arrabbiarci e dire: “No, adesso io disegno la casetta perché ho voglia di farlo”, possiamo spiegare al bambino come ci fa sentire quando ci ordina qualcosa. In primo luogo, si stimolano il dialogo e l’espressione delle emozioni, che sono importantissimi per crescere, e in secondo luogo diamo la possibilità al bambino di mettersi nei panni dell’altro, e, soprattutto, di capire. Perché se ci poniamo come lui, ordinando cosa fare e impuntandoci, lui non capisce perché ci rifiutiamo. E, piano piano, capendo che non è divertente sentirsi comandati, capirà che c’è un tempo per tutto, per decidere e per ascoltare gli altri.

“Tu scegli cosa disegnare, io scelgo da me”

A volte il problema è che cediamo. Quando nostro figlio ci dice: “Tu adesso disegni una farfalla, io una papera”, ci troviamo a disegnare farfalle per tutto il giorno. Ma quando questa diventa l’abitudine, e quando l’atteggiamento si fa “bossy”, da “capetto”, allora cedere è controproducente, perché il bambino giustamente intuisce che i suoi ordini attecchiscono.

Quando questo accade, non cediamo: spieghiamo che in quel momento non abbiamo voglia di farlo, che sentiamo di voler disegnare altro, o di giocare ad altro, e che possiamo scegliere da noi. Dopodiché possiamo anche proporre un’alternativa, se questa scelta fa scontento il bambino, mostrando che si può scendere a compromessi.

“È bello poter comandare solo se stessi, no?”

A volte un bambino si sente dare del “comandante”. “Non è giusto che comandi gli altri, lascia che facciano quello che vogliono”. A volte questa frase può essere accolta dal bambino negativamente, che sente di aver fatto qualcosa di sbagliato, di essere sbagliato. Per fare capire che l’atteggiamento non è positivo e che è meglio comportarsi in maniera diversa, possiamo quindi sottolineare le cose positive dell’atteggiamento giusto, invece di sottolineare gli aspetti negativi dell’atteggiamento “comandino”.

“A volte è estenuante dover decidere per tutti, non credi?”. Oppure: “Mi piace che tu abbia delle idee così decise, ed è bello che tu stia prendendo una decisione per te stesso”.

“Tu fai il genitore, io faccio il bambino”

Come sempre, il gioco di ruolo può insegnare moltissimo ai bambini, perché gli permette di mettersi nei panni di tutti, traendo poi le proprie conclusioni. In questo caso, per qualche ora possiamo giocare al gioco dei ruoli opposti: il bambino farà il genitore e il genitore farà il bambino, ordinando e imponendo cosa fare. Dopodiché ci si scambierà i ruoli, e si rifletterà su come ci si è sentiti.

“Come potresti chiedere questa cosa in maniera più gentile?”

A volte gli ordini impartiti dai bambini sono legittimi e possono anche essere letti come suggerimenti o come idee su cosa fare, ma l’atteggiamento li rende pesanti da accettare, proprio perché sembrano detti in maniera aggressiva e autoritaria. Nel momento in cui sentiamo i bambini impartire un ordine, anche ai loro fratelli o amichetti, chiediamo loro come potrebbero chiedere la stessa cosa con gentilezza. È un po’ come il “Di’ grazie”: l’abitudine porta educazione.

“Mi stai comandando”

Una volta affrontato il discorso e una volta che abbiamo applicato queste frasi, ogniqualvolta si ripeterà l’atteggiamento, prima di arrabbiarci concediamo ai bambini di rendersi conto che lo stanno facendo. In altre parole: diciamolo chiaramente. “Mi sta comandando”. Basta questo per fare capire al bambino che sta di nuovo cadendo in quel meccanismo da “capetto”. Starà a lui cercare la soluzione giusta al problema, la frase giusta da dire e l’atteggiamento gentile da adottare.

Da quando mio figlio legge i libri in inglese Usborne, devo dire che ho notato moltissimi benefici: innanzitutto, l’amore aumentato per i libri, dal momento che i libri di Usborne sono davvero bellissimi tanto a livello grafico quanto per quanto riguarda l’interesse che suscitano nei bambini! Sono davvero bellissimi, intuitivi, colorati ma classici, e non stimolano solo a sfogliarli, ma anche a leggerli a fondo, scoprendo un sacco di cose nuove. In secondo luogo, grazie agli argomenti proposti (che sono moltissimi!) e grazie alla maniera in cui vengono trattati, i bambini imparano davvero moltissimo, divertendosi e diventando pian piano autonomi nella lettura. E poi, non ultimo, l’inglese migliora di giorno in giorno, perché è anche attraverso la lettura quotidiana che possiamo allenarlo!

Oggi voglio dunque parlarvi di tre titoli che in casa mia sono ormai un cult: sono lì, sulla libreria in salotto, e spesso trovo mio figlio a leggerli concentratissimo. Sono tre libri diversi tra loro, ma che insegnano tantissime cose nuove e utilissime! E sono perfetti per i bambini dai 5-6 anni, da leggere da soli o insieme a noi genitori.

Prima di leggere le mie recensioni, vi spiego una cosa importante: per acquistare i libri Usborne possiamo consultare il loro sconfinato catalogo, comprandoli dagli indipendent organizer come “Carolina, My English bookworm”, mamma ed ex insegnante di inglese, per scegliere i libri Usborne migliori e quelli più adatti al gusto dei nostri bambini. La trovate anche su Facebook!

I libri in inglese che stimolano la curiosità e insegnano moltissimo: ecco tre libri Usborne davvero favolosi per imparare l’inglese divertendosi e affezionandosi alla lettura

All the words you need to know before you start school

Questo libro di Felicity Brooks illustrato da Jean Claude è davvero bellissimo da sfogliare, ed è consigliato ai bambini dell’ultimo anno di materna (quelli che si stanno iniziando ad entusiasmare per l’inizio della scuola elementare!) e per quelli che frequentano la prima elementare. Il titolo, tradotto, significa “Tutte le parole che devi sapere prima di cominciare la scuola” ed è una sorta di catalogo illustrato che spiega ai bambini tutto, ma proprio tutto, sulla scuola, con brevi descrizioni degli ambienti e della giornata tipo e, soprattutto, un bellissimo abbecedario illustrato, stanza per stanza, classe per classe, materia per materia, con gli oggetti, le materie, le persone e compagnia bella che i bambini troveranno una volta che arriveranno alle scuole elementari.

Le illustrazioni sono semplici e bellissime, e il tutto è organizzato in schemi intuitivi e graficamente utili, perché permettono ai bambini di memorizzare meglio tutto in maniera educativa, coinvolgente e divertente.

Troviamo gli oggetti di cancelleria, le forme geometriche, i cibi in mensa, le parole che si trovano più spesso nei libri per bambini in inglese… Non è scontato come un classico abbecedario: è molto, molto più completo e divertente!

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Big Picture Book - outdoors

Questo secondo libro fa parte della collana Big Picture Book di Usborne, che propone grandi libri illustrati su vari argomenti. Questo, in particolare, è dedicato agli “Outdoors”, ovvero agli spazi all’aperto e alla natura.

Ogni doppia pagina presenta una grande e bellissima illustrazione di un diverso spazio all’aperto, e, nel mezzo, tutti i dettagli sono nominati e spiegati. Troviamo quindi il fiume, con gli animali e le piante che lo circondano; le scogliere, con i loro uccelli e i fiori; i pesci che si trovano negli stagni; gli alberi (che possiamo riconoscere dalle foglie)…

Anche in questo caso il punto forte del libro è la capacità di coinvolgimento, grazie alle illustrazioni bellissime, alla semplicità e ai fatti curiosi che sottolinea.

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Living in space

Infine, un libro che ameranno i bambini amanti di astronauti, spazio e viaggi spaziali: “Living in space” è davvero super interessante. Diviso in capitoli, parte dalla scuola per astronauti arrivando alla discesa in Terra dopo i viaggi, passando per il decollo e la vita nella stazione spaziale. E, alla fine, dà un sacco di informazioni utili per tenersi aggiornati, con u glossario, una bibliografia e dei siti internet da tenere d’occhio.

È un libro che mio figlio adora proprio per la sua struttura per capitoli. Ogni sera ne leggiamo uno, imparando un sacco di cose nuove, e, grazie al fatto che la lettura proposta incontra un suo vero interesse, sta capendo la bellezza della lettura come passatempo e non come obbligo!

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No, le visite guidate non sono solo per gli adulti. Anzi! Visitare una città, un museo o una qualsiasi realtà guidati da personale qualificato è una buonissima idea, soprattutto quando viaggiamo in famiglia. E anche quando, semplicemente, vogliamo guardare la nostra stessa città con nuovi occhi, con una nuova prospettiva.

Conoscete Milanoguida? Si tratta di un’azienda che con passione propone visite guidate a Milano e in Lombardia anche per bambini, per una gita o una passeggiata diversa dal solito, per passare una giornata in famiglia davvero unica!

Le visite guidate per bambini per scoprire un’altra Milano: con Milanoguida ecco le visite guidate per bambini e famiglie per scoprire la città in maniera divertente e coinvolgente

Ci sono le visite alla Pinacoteca di Brera, al Museo del Novecento (che è bellissimo per scoprire l’arte del secolo scorso, quella contemporanea!), alla Pinacoteca Ambrosiana… E poi quelle al Duomo e a Sant’Ambrogio, alla Scala, alla Galleria d’Arte Moderna… Ma non solo! Milanoguida propone infatti passeggiate in città giocose e divertenti, a tema (come la guida speciale ad Halloween, “Piccoli brividi”, o quella al Parco di Monza per Piccoli Botanici).

Insomma: Milanoguida è davvero una realtà che ci piace, perché permette di organizzare delle gite in famiglia guidati da un personale qualificato che sa portarci nei meandri dei luoghi più conosciuti, facendoci scoprire cose nuove e facendo allo stesso tempo divertire i nostri bambini.

Le loro visite guidate sono infatti pensate apposta per i più piccoli, per parlargli nella lingua più consona a loro, con l’obiettivo di fargli scoprire la bellezza dell’arte fin dai primi anni.

La cultura, insomma, non dovrebbe essere vista dai bambini come qualcosa di lontano, noioso o adulto, ma come un aspetto della vita che parla a tutti. Tutti, infatti, possiamo trovare spunti, emozioni e curiosità che acchiappano il nostro interesse, soprattutto quando siamo bambini!

Le visite guidate di Milanoguida possono dunque diventare l’occasione perfetta per trasmettere ai bambini l’importanza della storia, la bellezza dei racconti antichi, il fascino dell’arte in tutte le sue forme. E, allo stesso tempo, le visite guidate stimolano i bambini, che trovano, ognuno a proprio modo, i propri interessi, stimolando la propria creatività, l’immaginazione e la curiosità, ma anche la memoria e la concentrazione, grazie a delle visite guidate davvero coinvolgenti, semplici e freschissime.

Il tutto diventa poi perfetto pretesto per passare una giornata in famiglia diversa dal solito!

Nei prossimi mesi, dunque, non lasciamoci sfuggire le visite guidate per bambini e famiglie proposte da Milanoguida. Ci sono, ad esempio, Brera per bambini, per scoprire le meraviglie dell’Accademia di Brera; la visita al Duomo, per scoprire insieme ai bambini un cantiere durato seicento anni, le curiosità architettoniche e i segreti delle sculture e i dipinti; il Giocotour per bambini, un gioco a premi per scovare i dettagli più curiosi che si nascondono nel centro di Milano, passeggiando per il Duomo, la Galleria, piazza Scala e piazza Mercanti.

E poi, bellissimo, è il “Giorno da antichi Romani”, una visita al Museo Archeologico di Milano che farà viaggiare i bambini indietro nel tempo per scoprire luoghi e tradizioni della Milano romana, svelando la cultura, la vita quotidiana e la religione degli antichi abitanti di Milano.

Un mio consiglio è anche la visita guidata per bambini al Museo del Novecento, un tour divertente e coinvolgente per introdurre i bambini all’arte contemporanea, più astratta e meno figurativa, attraverso una spiegazione delle opere del museo pensata proprio per i più piccoli.

Nei giorni scorsi abbiamo partecipato anche a "Grattacieli per bambini": è pensata per bambini tra i 7 e i 12 anni e ci ha portato a scoprire la fisionomia di Milano, che è cambiata moltissimo negli anni, diventando sempre più alta grazie ai grattacieli altissimi! E abbiamo anche imparato che in realtà questi giganteschi edifici sono realizzati con l'obiettivo di inquinare meno per respirare meglio. A mio figlio è piaciuto moltissimo questo excursus architettonico.

Siamo partiti da Corso Como, incontro tra il "vecchio" e il "nuovo": dai Caselli a Gae Aulenti, insomma. Passeggiando, abbiamo camminato (letteralmente!) sopra Melchiorre Gioia per arrivare alle nuove torri, bellissime e imponenti. Non solo: tornando indietro siamo arrivati al Bosco Verticale di Boeri e al parco adiacente (e qui abbiamo imparato anche un sacco di nomi di piante!). Alla fine, siamo giunti al Museo della Memoria, che racchiude tutti gli eventi storici milanesi significativi. Una visita bellissima, suggestiva ed educativa, davvero consigliata!

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“Corri come una femmina”. “Sei proprio una femminuccia”. Frasi che un tempo erano normali, e che anche adesso, purtroppo, continuiamo a sentire. Nonostante la ricerca della parità dei sessi, nonostante la lotta al sessismo, si sentono ancora bambini (e adulti) pronunciare queste parole. Perché? Perché le sentono a casa, in televisione, in giro…

E qual è la peggiore? “Piangi come una femminuccia”. Già. Come se piangere fosse un diritto solo del genere femminile. Come se solo le donne e le bambine fossero autorizzate a provare emozioni.

Per fortuna il mondo sta cambiando, ma il cambiamento deve partire da noi genitori. Che per colmare il gap tra maschi e femmine possiamo partire dall’esempio e dall’educazione, modificando la percezione culturale partendo dalle parole che offriamo ai nostri figli maschi.

Dobbiamo insegnare le emozioni ai nostri figli maschi: perché l’educazione emotiva deve essere di tutti, non solo delle femmine

L’educazione emotiva, fortunatamente, sta cominciando a prendere il posto che merita, sia a casa che a scuola. Ma ciò non significa che siamo arrivati al traguardo, anzi. Ancora oggi troppo spesso si ritiene l’emotività come una caratteristica prettamente femminile. Ma questo è deleterio, non tanto per le femmine, ma soprattutto per i maschi, che, per colpa del retaggio del machismo dei secoli precedenti, si ritrovano a dover nascondere le proprie emozioni per la paura di essere tacciati come “femminucce”.

Molti bambini maschi si vergognano ancora a piangere. Certo, in generale il pianto è ancora visto come qualcosa di privato, come se dovessimo nascondere le nostre emozioni. Ma, in generale, il vento sta cambiando. Solo che per i maschi questo è ancora un tabù. Alle femmine, quindi, il pianto viene “perdonato” (anche se non è nulla di cui vergognarsi!). I maschi, invece, vengono ancora indicati come deboli.

Ma le emozioni non sono debolezza. Sono forza. Perché i sentimenti fanno parte dell’essere umano, e riconoscerli è fondamentale per essere persone equilibrate, sicure di sé, capaci di stare al mondo. Lasciando che la società tacci i maschi di essere “femminucce” quando esprimono le proprie emozioni significa dunque precludere loro la possibilità di crescere in maniera sana e armoniosa, come uomini completi, forti e deboli allo stesso tempo, sicuri e insicuri a seconda della situazione (perché la vita è fatta di questo!). Perché nascondere le proprie emozioni ha conseguenze deleterie: aggressività, chiusura, paura…

Che fare per cambiare questa cosa? Semplice. Lasciare che anche i nostri figli maschi leggano i propri sentimenti, cerchino di interpretare le proprie emozioni e che, soprattutto, le esprimano nella maniera che ritengono più opportuna.

Il dialogo, come sempre, è la prima chiave per aprire questa porta importante. Ogni qualvolta i nostri figli maschi sembrano voler esprimere qualcosa o sembrano sul punto di piangere, lasciamo che lo facciano. Coccoliamoli. Evitiamo come la peste le frasi fatte del tipo “I maschi non piangono”, “Sii forte”, “Fai l’ometto”, “Non piangere, altrimenti sembri una femmina”. Lasciamo che parlino di ciò che sentono, e che, soprattutto, sfoghino le emozioni come vogliono.

E poi, non ultimo, cerchiamo di evitare gli stereotipi di contorno. Ovvero, non solo nel momento del pianto e dell’emozione, ma anche nella vita quotidiana. Prima di tutto, a partire dai giocattoli, non imponendo le armi e le jeep arroganti quando i bambini vorrebbero invece, che so, l’aspirapolvere giocattolo.

E tutto questo non è un qualcosa a favore delle donne e delle bambine. Non è femminismo inteso come “diritti alle donne”, ma come uguaglianza per tutti. Perché il diritto alle emozioni è di tutti, maschi e femmine, ed essere femministi significa volere una vera e sincera parità di diritti.

Prima di inoltrarci in questo discorso, c’è da chiarire una cosa (che confermano anche i pediatri di Uppa): in inverno è sempre e comunque meglio stare all’aria aperta, rispetto agli ambienti chiusi. Perché se la preoccupazione maggiore dei genitori durante la stagione fredda sono i malanni dei bambini, dobbiamo sapere che in realtà è molto più probabile buscare qualche influenza infettiva al chiuso, negli ambienti piccoli e poco areati, caldi a causa del riscaldamento (che secca le mucose).

“L’aria aperta è il posto migliore per proteggere i bambini”, dicono da Uppa. Anche perché all’aperto il rischio di incappare nelle goccioline degli starnuti della gente si riduce moltissimo! Basta, come diciamo sempre, vestirsi adeguatamente! “Non esiste cattivo tempo, solo cattivo abbigliamento”, come dicono nei paesi nordici.

Bene, detto questo, quando il freddo è davvero gelido, è giusto domandarsi se sia “troppo freddo” per i bambini. Parliamo di quando le temperature raggiungono lo zero, o addirittura scendono al di sotto dello zero. Quando nevica, quando c’è ghiaccio, quando anche noi adulti facciamo fatica a sopportare le temperature così basse.

Quando fa davvero troppo freddo per uscire con i bambini: come regolarsi quando le temperature scendono per non rinunciare alle passeggiate e alle attività outdoor

Come dicevamo, l’aria aperta, anche e soprattutto in inverno, è un toccasana, tanto per gli adulti quanto per i bambini, che stimolano il sistema immunitario e soprattutto allontanano i rischi dei contagi che si verificano quasi sempre negli ambienti chiusi, caldi e poco areati.

Ma quando fa super super super freddo, possiamo portare i bambini all’aria aperta? Dipende.

Ciò che dobbiamo tenere a mente è che i bambini hanno una capacità di auto-regolazione della temperatura corporea ridotta, rispetto a noi adulti. I neonati, soprattutto, hanno meno grasso sottocutaneo, e, non ultimo, non hanno ancora sviluppato la capacità di “tremare dal freddo”, un’azione involontaria del nostro corpo che permette di produrre un po’ di calore. Di conseguenza, i bambini, specialmente quelli più piccoli, soffrono le temperature basse più degli adulti. E il rischio, a livelli estremi, è l’ipotermia.

Ma stare all’aria aperta è un’attività meravigliosa, benefica e insostituibile, quindi basta sapere bene quando possiamo o non possiamo uscire, e come riconoscere i segnali del corpo dei nostri bambini.

In generale, il freddo può cominciare ad essere considerato “troppo” quando scende sotto allo zero. Non è vietato uscire, ma è bene non fermarsi fuori troppo a lungo. Mentre dovrebbe essere bene stare in casa quando i gradi cominciano a scendere sotto i -6.

Quando usciamo al freddo, in ogni caso, basta qualche accorgimento, partendo dall’abbigliamento.

Come per gli adulti e per i bambini più grandi, l’abbigliamento fa moltissimo. Vestirsi a strati per stare bene al caldo anche all’esterno è la chiave, ma allo stesso tempo non dobbiamo incorrere nella situazione opposta, ovvero surriscaldare troppo i nostri bambini (che è pericoloso quanto l’ipotermia). La regola-base è questa: possiamo vestire i nostri bambini con uno strato in più rispetto a quello che indossiamo noi. E, una volta fuori, se abbiamo freddo e aggiungiamo strati li aggiungiamo anche a loro, se abbiamo troppo caldo e sudiamo li togliamo anche a loro.

Se il bambino è nel passeggino, poi, possiamo aggiungere una coperta di lana sopra al sacco termico.


Importantissimi sono anche il cappellino e le manopole, ovvero i guanti senza dita: le estremità del corpo sono quelle più sensibili, e averle al caldo è fondamentale.

Infine, ecco una guida importantissima per riconoscere nei nostri bambini i segnali di ipotermia. In questo caso, ci troviamo in una situazione pericolosa, ed è necessario recarsi al pronto soccorso più vicino.

I segnali di ipotermia nei bambini sono il tremare dal freddo (dal momento che i neonati non tremano, normalmente!), un respiro lento, i suoni strascicati, le azioni goffe e maldestre, energia azzerata, sonno eccessivo, confusione, perdita dei sensi e pelle molto arrossata e fredda (soprattutto nei bambini più piccoli). Se la pelle diventa bluastra o giallastra, la situazione è ancora più grave, e parliamo di congelamento.

Questi segnali non vogliono essere assolutamente un deterrente alle uscite in inverno, anzi. Conoscerli serve per essere più consapevoli, e per essere preparati. Fino agli zero gradi usciamo tranquillamente, vestiti adeguatamente a strati, aggiustandoli in base alle sensazioni. Fino ai -6 facciamo attenzione, stando fuori il meno possibile ma godendoci l’aria fredda e frizzante. E oltre i -6, beh, godiamoci il calore degli ambienti interni!

Il lato positivo dei capricci

Mercoledì, 13 Novembre 2019 14:12

Se siamo genitori, i capricci fanno parte della vita. Ma non parliamo tanto dei “capricci” intesi come i piagnucolii per qualcosa. Intendiamo anche e soprattutto quelli che in lingua inglese vengono chiamati “tantrum”, ovvero le esplosioni di rabbia, pianto e urla dei nostri bambini, che spesso, ahinoi, accadono nei momenti meno opportuni, vero?

Al supermercato, la sera prima di dormire, a cena con i nonni, al parco giochi… La prima cosa da fare è non pensare a cosa potrebbe pensare chi ci sta attorno. Sappiamo che è un istinto naturale, pensare agli altri, ma spesso questo pensiero è sopraffacente, ci fa vergognare in un momento in cui non c’è nulla di vergognoso. I capricci dei bambini sono una cosa normale, e se uno è genitore lo sa benissimo. E sa anche benissimo che ogni genitore ha il suo modo di affrontarli per calmare il bambino.

Bene, detto questo sappiamo anche che a volte sono esasperanti… Ma come ogni cosa, dobbiamo fare un respiro profondo, guardare la situazione da una nuova angolatura e cercare di sfruttare il momento dei capricci in senso positivo. Come? Con questi accorgimenti potremo avvicinarci di più ai nostri bambini e, in qualche modo, trasformare una situazione negativa in qualcosa di positivo, una lezione per noi genitori e per i bambini.

Il lato positivo dei capricci: come svoltare la situazione quando i nostri bambini urlano, piangono e si arrabbiano scoppiando

Innanzitutto, come dicevamo, mettiamoci bene in testa che i “capricci” sono una cosa normale, che i nostri bambini si arrabbiano, urlano, piangono, scalciano, e lo fanno per qualche ragione più o meno apparente. Sì, a volte non capiamo perché, sembra che non ci sia proprio un motivo, ma in realtà c’è sempre. E tutti i bambini si comportano in questa maniera, più o meno degli altri.

Il consiglio, una volta capito che i “tantrum” sono normali, è non cercare di fermarli con la forza o con l’imposizione autoritaria. A volte funziona, ma se già avete fatto esperienza di un capriccio arrabbiato sapete che la maggior parte delle volte non succede nulla, se alziamo la voce, e, anzi, la situazione spesso peggiora (perché essere ragionevoli in quel momento, chiedendo una spiegazione o chiedendo di smetterla, aggiunge emozioni contrastanti in un bambino che già sta provando emozioni che non comprende, e questo lo manda ancora più in crisi). Ecco perché dobbiamo cercare un’altra soluzione.

Piuttosto, diciamo chiaro e tondo al bambino che abbiamo capito che c’è qualcosa che lo sta facendo stare male, che sta provando un’emozione che non capisce, e che possiamo cercare di capire insieme di cosa si tratta.

Allo stesso modo, però, non dobbiamo neanche cedere. Spesso i capricci e le arrabbiature pesanti, quelle che possiamo definire “crisi”, si verificano quando i bambini vogliono qualcosa che non possono avere (ecco perché capitano spesso al supermercato, con tutti quei cioccolatini che loro vorrebbero…). Cedere significa fare capire al bambino che in futuro basterà urlare per ottenere ciò che vuole, e questo è sbagliato. Soprattutto, cedere non vi avvicinerà al vostro bambino, ma nel lungo termine sarà negativo per il vostro rapporto. Prima di tutto per il motivo che dicevamo (urla=ottenere qualcosa), e in secondo luogo perché porterà, in noi genitori, del risentimento, anche in maniera inconscia, perché ci sentiremo “deboli” (anche se non lo siamo), quasi “ricattati” da un bambino piccolo che riesce a farla franca.

Altre volte, però, quel “qualcosa” che vogliono è davvero importante per loro. In quel caso, basterà chiedere scusa, parlando, dicendo che non avevamo capito che fosse così importante per loro.

In ogni caso, per arginare i capricci e per rendere il momento dell’arrabbiatura qualcosa di positivo, che fa crescere, dobbiamo portare pazienza e cercare di renderlo educativo. Innanzitutto, cercando di calmare gli spiriti, e per farlo dobbiamo cercare di mantenere la calma, parlare molto, offrire supporto per le emozioni del bambino e fare sentire che siamo lì per loro, ascoltandoli.

All’inizio sarà dura, il capriccio durerà sicuramente ancora un po’, ma piano piano i bambini si calmeranno. Importante è anche esserci nel momento della quiete, quando, avendo capito l’accaduto, i bambini si sentiranno sopraffatti dalla tristezza, o dall’inquietudine, o dall’emozione che stanno provando. Una coccola, una parola, semplicemente stargli vicino: è importante esserci. Ed è anche così che possiamo trasformare un capriccio in qualcosa di positivo. Perché stiamo gettando le basi del loro futuro. E se sentiranno che noi genitori ci siamo, che siamo lì per loro, che possono parlarci e contare su di noi quando l’emozione li confonde, allora molto probabilmente torneranno da noi anche crescendo, in adolescenza e in età adulta.

Si dice che una mamma diventa mamma nel momento in cui vede il risultato del test di gravidanza, mentre un papà lo diventa al momento del parto. Un motivo c’è: dal momento in cui scopriamo di essere incinte sentiamo più o meno fortemente la presenza del nostro bambino insieme a noi.

A volte, però, ci sono momenti in cui ci sentiamo lontane da lui o da lei, nonostante il pancione, i calci e le fotografie dell’ecografia. Ma come fa ad essere lì, nella nostra pancia?

Ecco dunque 5 modi per connettere ancora di più con il nostro bambino ancora prima del parto, per sentirlo, percepirlo, coccolarlo con la mente e con i gesti quotidiani.

5 modi per connettere con il proprio bambino prima del parto: i gesti quotidiani da compiere per sentire ancora più vicino nostro figlio prima che nasca

Tenere un diario


Sembra scontato, banale o infantile, ma scrivere i propri pensieri è davvero terapeutico. E anche durante la gravidanza torna utile (per non parlare del fatto che alla fine avremo un documento preziosissimo da rileggere ogni volta che vogliamo, per emozionarci e ricordare!): tenere un diario scrivendo le sensazioni, le giornate, i pensieri e le dediche al nostro bambino non ancora nato è davvero un toccasana.

Leggere a lui/lei un libro

Non è mai troppo presto per leggere ad alta voce i libri ai nostri bambini. Perché non cominciare quando sono in pancia, dunque? Prima di tutto, rende il bambino più presente nella nostra testa, perché ci stiamo indirizzando direttamente a lui. E poi lui sente la nostra voce costante, che lo coccola e lo rilassa. Possono farlo, quindi, anche i futuri papà!

Ascoltare la musica

Un gesto che probabilmente facciamo quotidianamente, ma che se fatto più consapevolmente può diventare molto profondo. Basta farlo in maniera pensata, rilassandoci, prendendoci un momento per noi e per il nostro bambino, ascoltando canzoni che ci fanno stare bene, che ci emozionano, e che una volta nato ci faranno tornare in mente i momenti più belli della gravidanza.

Meditare sul proprio corpo

A volte è difficile concentrarsi su di noi quando la persona più importante sta crescendo nel nostro corpo. Ma proprio per questo il nostro corpo dovrebbe avere bisogno di più attenzioni! E non solo a livello fisico, ma anche mentale. Prendiamoci dunque qualche minuto per apprezzarlo, per riconoscere il miracolo che sta compiendo e per coccolarlo a livello profondo, pensandolo come una culla perfetta che sta portando nostro figlio in questo mondo!

Liberare la creatività

I mesi di gravidanza, soprattutto gli ultimi, quando siamo a casa un po’ più tranquille, possono diventare un’occasione per liberare la nostra creatività pensando a nostro figlio e dedicandogli le nostre realizzazioni. Su Pinterest ci sono migliaia di idee di creatività a tema maternità: i calchi del pancione, i body per neonato decorati a mano, i portafoto… Ce ne sono per tutti i livelli e per tutti i gusti!

Le buone maniere a tavola con i bambini

Martedì, 12 Novembre 2019 09:38


Si avvicinano le feste, e oltre alla bellezza dell’atmosfera natalizia sappiamo che anche voi vi state un po’ stressando per i cenoni, i pranzi e le giornate con il parentado! Innanzitutto, la regola è una sola: keep calm. Le feste in famiglia dovrebbero sempre essere qualcosa di piacevole e sta a noi entrare nel giusto mood!

Ma c’è un altro aspetto delle feste che alcuni genitori temono: le buone maniere a tavola dei nostri bambini. Perché, diciamolo, nelle giornate normali, per quanto ci siano le regole e l’educazione, spesso ci troviamo con la tavola che è un campo di battaglia, vero? Be’, sono bambini.

Ma le buone maniere a tavola sono importanti, al di là dell’aspetto prettamente esteriore ed estetico. Insegnano ai bambini l’ordine, le responsabilità, l’educazione e il rispetto. Perché quindi non approfittarne per insegnare un po’ di bon ton (non troppo!) ai bambini in vista dei pranzi di Natale? Sarà un’abilità che poi resterà con loro!

Le buone maniere a tavola con i bambini: quali piccole regole possiamo insegnare ai bambini per rendere i pasti delle feste più educati e ordinati

Aspettare a mangiare

Quando c’è un pranzo con molte persone, a casa o al ristorante, spesso i commensali ricevono i propri piatti in maniera sfalsata. C’è a chi arriva prima e chi dopo. L’importante è attendere che tutti abbiano il proprio piatto prima di cominciare!

Includiamo i bambini a tavola e nella conversazione

Una volta c’era il tavolino per i bambini, esclusi a priori dal pasto con gli adulti. Una bella cosa, tuttavia, è inserirli al tavolo dei grandi, mescolandoci tutti, e facendo conversazione durante il pasto includendo così tutte le persone a tavola. I bambini interagiranno con tutti, osserveranno noi adulti, e non preoccupatevi: ad un certo punto, verso il caffè, si alzeranno comunque per andare a giocare tra di loro!

Mangiare tutto

I bambini sanno essere schizzinosi, hanno i loro gusti, e spesso durante i pasti quotidiani ci sono certi alimenti che proprio non mangiano o non vogliono assaggiare. Chiediamo loro, durante i pasti importanti, di provare a “fare i grandi”, assaggiando tutto. Può essere una sfida, un gioco, ma insegnerà comunque loro il rispetto verso chi ha preparato questo buonissimo pranzo o questa deliziosa cena!

Aiutare

Ognuno secondo le proprie possibilità può aiutare, e anche i bambini dovrebbero farlo: includiamoli quindi nella preparazione (se ospitiamo il pranzo a casa nostra), apparecchiando o sparecchiando, e insegniamo loro a chiedere di poter aiutare anche in casa altrui, offrendosi volontari. Sarà un gesto molto apprezzato da chi ospita, e soprattutto i bambini sentiranno di essere in qualche modo un po’ responsabili, un po’ “adulti”.

Un po’ di bon ton

Tutti sappiamo le regole classiche e semplici del bon ton, quindi perché non passarle anche ai bambini? Possiamo semplicemente stare su quelle più conosciute: attendere che tutti abbiano il proprio piatto prima di mangiare, non appoggiare i gomiti sulla tavola, partire dalle posate più esterne, chiedere il permesso prima di alzarsi, non parlare con la bocca piena…

Fare i complimenti a chi ci ospita

Ringraziare chi ci ha ospitato è d’obbligo, non dovrebbe essere nemmeno sottolineato. Ma anche fare i complimenti per il cibo è apprezzato, e dovremmo lasciare che siano i bambini a farlo, dicendo loro di dire a chi ha preparato la cena o il pranzo ciò che più hanno apprezzato! Perché la gratitudine è sempre importantissima.

Sara

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Cecilia

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