L’impatto sulle nostre vite della pandemia di Covid-19 è stato pesante e ha cambiato il nostro modo di vivere e consumare. Nonostante tutto, la quarantena ha anche portato alcuni piccoli lati positivi, come una rinnovata attenzione alla cura del corpo e, nello specifico, alla skincare.
I dati mostrano, infatti, come gli italiani abbiano riscoperto il piacere della cura delle pelle anche attraverso l’utilizzo di prodotti cosmetici di alto livello, come quelli del marchio Rilastil. Proprio questo brand, facente parte dell’Istituto Ganassini, ha contribuito ad assistere gli italiani durante la dura esperienza pandemica.
L’utilizzo frequente di mascherine, ad esempio, ha arrecato diversi problemi alle persone con pelli sensibili, mentre la forzata sedentarietà ha certamente danneggiato i piccoli inestetismi portati dalla cellulite o dalle smagliature.
I prodotti Rilastil hanno quindi registrato un'impennata delle vendite proprio per aver fatto fronte a queste esigenze degli italiani, confermando l'Istituto Ganassini come una delle migliori industrie cosmetiche sul mercato.
Trattandosi di una gamma di prodotti presente principalmente in farmacia – un aspetto che, in un certo senso, ne certifica l’alta qualità – i cosmetici di Rilastil sono disponibili solo sui portali online dei migliori e-commerce di farmacia.
Un esempio è quello di www.farmaciamato.it, una delle farmacie online storiche d’Italia, che offre sul suo e-commerce una vasta scelta di oltre 200 prodotti Rilastil, in grado di soddisfare anche il cliente più esigente.
È di fondamentale importanza rivolgersi ad un portale autorizzato dal Ministero della Salute e dall’AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco), in modo da poter acquistare in tutta sicurezza. Su farmaciamato.it troverai i prodotti originali del brand Rilastil, potendo anche usufruire di ottime promozioni destinate in esclusiva ai clienti online.
Per soddisfare tutte le esigenze dei clienti e dei numerosi tipi di pelle, Rilastil ha creato diverse linee: antirughe, creme per pelli sensibili, creme idratanti o prodotti con effetto lifting.
Tra le linee più comuni, ad esempio, vi sono:
Rilastil ha poi creato alcune linee altamente specializzate per trattare problemi specifici come:
Insomma, l’esperienza decennale dell’Istituto Ganassini ha reso Rilastil un marchio in grado di intercettare un vasto orizzonte di esigenze e soddisfarle con prodotti all’avanguardia.
Rilastil ha prestato particolare attenzione, inoltre, alla ricerca in materia di cosmetici capaci di correggere gli inestetismi più odiati dalle donne. Smagliature e cellulite, infatti, sono stati i due ambiti su cui Rilastil ha più investito in questi anni, portando alla creazione di diverse linee.
Le linee anti cellulite, infatti, sono principalmente due:
Non passa inosservata, infine, la linea corpo dedicata alle smagliature, formulata per contrastare la rottura delle fibre di collagene ed elastina – la causa principale delle smagliature – e ristrutturare la matrice dermica della pelle. Insomma, con una linea dedicata ad ogni esigenza, Rilastil può essere definito uno dei brand di cosmetica più venduti dell’ultimo anno.
Con il passare degli anni la tecnologia diventa sempre più accessibile, e tra i fruitori ormai ci sono anche i bambini. Non è un mistero, infatti, che tablet, smartphone e pc siano ormai alla portata di tutti, anche dei più piccoli. Infatti, secondo recenti statistiche, ormai l’età media di utilizzo dei dispositivi tecnologici per la prima volta è di soli tre anni. Questo significa che i bambini a soli tre anni si approcciano con questi particolari strumenti i quali, fino a non molti anni fa, venivano utilizzati solo ed esclusivamente da una nicchia di adulti. Di conseguenza, negli store ufficiali esistono alcune applicazioni progettate proprio per i più piccoli. Naturalmente i bambini verranno comunque affiancati dai genitori e la scelta verrà fatto sotto la loro supervisione. Ma quali sono quindi le app consigliate, quelle più utili, educative e indicate per i più piccoli?
Come anticipato, esistono migliaia di app pensate appositamente per i bambini. Moltissime applicazioni hanno come scopo quello di far svagare i più piccoli, ad esempio per tutti gli amanti dei cartoni animati è possibile vedere video per bambini su Cartoonito App. Grazie a questa app è possibile far guardare i propri cartoni animati preferiti in comodità e in totale sicurezza in qualsiasi momento della giornata.
In genere quando si parla di tecnologia si pensa sempre ad un qualcosa che tende ad isolare. Tuttavia, non è proprio così. Esistono alcune applicazioni, infatti, che permettono di trascorrere del tempo insieme. Ad esempio si pensi a tutte quelle applicazioni che contengono le ricette per preparare ottimi dolci. Grazie ad esse, quindi, è possibile preparare un ottimo dolce insieme ai propri figli e trascorrere tempo insieme.
Le altre applicazioni che potrebbero migliorare il tempo trascorso insieme ai propri figli sono quelle che contengono storie e fiabe da leggere. La lettura della favola prima di andare a nanna, infatti, è un’attività classica che lega i genitori ai più piccoli da anni e anni. È ovvio che oggigiorno è possibile trovare storie e favole non solo sui libri, ma anche sulle applicazioni presenti negli store. Di conseguenza, tutto quello che occorre fare è scegliere la favola insieme e leggerla mentre si è comodamente seduti sul divano di casa.
Un’altra tipologia di applicazioni da prendere assolutamente in considerazione sono quelle che hanno come scopo quello di stimolare la creatività dei bambini. Si pensi a tutte quelle applicazioni che permettono di colorare le immagini, di ascoltare suoni, di associare lettere a determinate immagini. Ebbene, tutte queste attività, che agli occhi di un adulto possono sembrare semplici o addirittura scontate, possono in realtà essere utili ai più piccoli.
Ovviamente a questo punto potrebbe essere lecita la domanda: come faccio a capire se una determinata app possa essere stimolante per mio figlio? Ebbene la risposta è semplice. Prima di procedere al download delle applicazioni è consigliabile leggere attentamente la descrizione delle stesse e controllare che siano state progettate appositamente per i bambini. Inoltre, se si vuole rendere più agevole la ricerca, è consigliabile cercare direttamente per categorie di app ad esempio selezionando quelle per bambini.
Foto di Marta Wave da Pexels
Che l'inquinamento sia deleterio per la salute di adulti e bambini è ormai una risaputa certezza. Alcune correlazioni meno scontate, tuttavia, continuano a fare la loro comparsa, grazie a studi e ricerche che mostrano con una chiarezza sempre maggiore l'importanza della lotta allo smog.
Tra le ultime troviamo quella relativa agli effetti dell'inquinamento cittadino sui disturbi dell'attenzione: a quanto pare nelle città con maggiore smog ci sarebbero più diagnosi di disturbi dell'attenzione e di iperattività. Lo dimostra uno studio condotto a Vancouver che ha coinvolto bambini e ragazzi della generazione Z.
Lo studio a cui facciamo riferimento, diffuso da Ansa, è stato condotto in Canada e ha preso in considerazione ragazzi e ragazze nati tra il 2000 e il 2001, provenienti e residenti in diverse aree geografiche. Ciò che lo studio ha fatto emergere è l'incidenza di diagnosi di iperattività e disturbo dell'attenzione a seconda dei livelli di PM2.5 delle città di residenza.
In poche parole, quando le polveri sottili aumentano, lo fanno anche le diagnosi di ADHD, addirittura dell'11% con un aumento di 2,1 μg/m3 dei livelli di PM2.5. Allo stesso tempo, quando nelle città si investe sul verde urbano, aumentando del 12% le aree verdi, il rischio si riduce del 10%. I dati vanno anche oltre, e parlano molto chiaro: nelle aree con più verde urbano e meno smog, il rischio di ADHD si riduce del 50%; in quelle più inquinate e in cui è presente poco verde urbano, questo aumenta del 62%.
Questo si traduce in un'equazione piuttosto semplice: i ragazzi e le ragazze che vivono in aree inquinate hanno più possibilità di sviluppare disturbi dell'attenzione e iperattività, in misura molto maggiore rispetto ai loro coetanei residenti in zone più verdi e meno colpite dallo smog.
Certamente sono i governi e le istituzioni a dover adottare misure che riducano VERAMENTE l'inquinamento, che proviene soprattutto dagli allevamenti intensivi, dall'industria tessile e in generale dalle emissioni di CO2. Ciò tuttavia non significa che i nostri sforzi siano gocce nell'oceano: pensiamo al riciclo e quanti frutti la differenziata stia dando nelle aree in cui viene attuata.
Una dieta il più possibile vegetariana e vegana, quindi, può fare moltissimo (non solo a livello etico, ma anche ambientale); evitare di acquistare abiti sempre nuovi, gettando quelli che non usiamo più, è poi un'altra buona abitudine; cerchiamo poi di muoverci con i mezzi pubblici e quelli verdi (come le biciclette, i monopattini o le automobili elettriche), evitare lo spreco alimentare, puntare su altri materiali diversi dalla plastica riducendola nella vita quotidiana, non eccedere con riscaldamento e aria condizionata...
Negli ultimi anni le città (grandi e piccole) si sono riempite di bambini e bambine che sfrecciano su piccoli e compatti monopattini. Una bella notizia: i benefici di questo mezzo di trasporto (che per loro è un po' un gioco!) sono numerosissimi.
Il monopattino per bambini è quindi - decisamente - una buona idea, un po' come la bici senza pedali: può essere un regalo graditissimo da genitori e figli, e in generale è un acquisto che non vi pentirete di aver fatto. Perché? Qui trovate un piccolo elenco di vantaggi, che siamo certi vi convincerà.
Pensate solo ai movimenti necessari per guidare un monopattino: un piede va sulla pedana, l'altro spinge, le mani stanno sul manubrio, si frena con il piede premendo il parafango posteriore... Non è qualcosa di automatico e per questo motivo imparare a correre sul monopattino è uno stimolo potentissimo alla coordinazione e all'equilibrio. Aiuta lo sviluppo psicofisico nella sua totalità, rafforzando la muscolatura e favorendo anche la concentrazione.
I bimbi e le bimbe che amano il monopattino sono molto più inclini a uscire all'aria aperta: hanno voglia di saltare in sella (anzi, in pedana) e di sfrecciare sul loro monopattino, perché questo diventa di fatto uno stimolo in più, aggiungendo quel pizzico di divertimento e di attitudine ludica che non guasta. Non sottovalutate questo aspetto: trascorrere tempo outdoor è importantissimo, sia per fare incetta di vitamina D (detta proprio la vitamina del Sole, perché si ricava quasi esclusivamente dai soli raggi UV) sia per stare meglio fisicamente.
Lo sforzo fisico e aerobico necessario per far sì che il monopattino corra è notevole, anche se a un primo impatto non sembrerebbe così. I bimbi e le bimbe che li guidano hanno quindi la possibilità di fare attività fisica quasi senza accorgersi, muovendosi moltissimo e consumando tanta, tanta energia. Un po' come i pattini: divertono tantissimo, e allo stesso tempo fanno stare bene.
Al pari delle biciclette e degli skateboard (altro strumento sportivo consigliatissimo per le bambine e i bambini!), i monopattini sono un mezzo di trasporto a zero emissioni, un modo per muoversi in paese e in città in maniera sostenibile a livello ambientale (ed economico). Andare alla scuola materna in monopattino, quindi: perché no?
Uscire con il monopattino necessita prima di tutto attenzione: i bambini, attraverso le regole date dai genitori e seguendo le loro direttive, imparano sul campo l'importanza della sicurezza, capiscono dove stare, imparano a non cadere, a mettere il casco e le protezioni, a non sfrecciare senza guardare dappertutto... Soprattutto inizialmente c'è bisogno di una supervisione costante e meticolosa, e il fatto che il monopattino sia potenzialmente pericoloso può fare paura, è vero. Ma se i bambini e le bambine non acquisiscono il senso del pericolo e l'importanza della sicurezza è peggio.
Spesso il monopattino può essere una soluzione ai capricci e al nervosismo. I bimbi non amano venire a fare la spesa? Proponete di farla con il monopattino. C'è da andare in vacanza e il pensiero di camminare per tutto l'aeroporto vi fa già affaticare? Portare con voi il monopattino, al posto del passeggino. Siete in ritardo per la scuola? Invece di camminare, meglio sfrecciare sullo scooter.
Se i bimbi e le bimbe si rendono conto di essere bravi a guidare il monopattino, c'è l'alta possibilità che questo aumenti in loro l'autostima. Non si tratta infatti solo di un movimento standard: quando prendono confidenza, i bambini possono diventare bravissimi con il loro scooter (si chiama così in inglese! Un false friend da ricordare), sfruttandolo proprio come se fosse uno skateboard, inventando evoluzioni e allenandosi sempre di più raggiungendo un livello invidiabile. Il consiglio in questo caso è di recarsi il più possibile negli skate park, ambienti protetti e stimolanti che fanno benissimo al fisico.
Lo diciamo praticamente sempre: ogni bambino ha i suoi tempi. Un'affermazione quanto mai vera soprattutto quando si tratta di camminare o parlare. Fare i primi passi e dire le prime parole sono due momenti fondamentali della vita di un bambino e di una bambina, e i genitori spesso vivono con trepidazione l'arrivo del momento. A volte però sopraggiunge anche l'ansia: quando tutto attorno bimbi e bimbe iniziano a camminare e parlare mentre il proprio ancora fa fatica, è difficile non restare indifferenti, soprattutto in questa società così giudicante e così dedita alla ricerca su Google.
Prima di preoccuparsi, quindi, è meglio calmarsi e vivere questi momenti con tranquillità e pragmatismo. Cosa significa? Che se i pediatri e le pediatre dicono che per i bambini sia normale iniziare a camminare intorno ai 12 mesi, se a 13 mesi il proprio figlio ancora fa fatica ad alzarsi non c'è da allarmarsi.
Lo stesso vale per la parola: il periodo in cui si impara a parlare è per ogni bambino unico e diverso. E anche gli stimoli esterni giocano un ruolo fondamentale.
Essendoci tuttavia dei disturbi del linguaggio, è bene sapere anche riconoscere i sintomi. Senza spaventarsi, anche in questo caso: semplicemente, ci si potrà rivolgere a uno o una specialista del linguaggio, come i logopedisti, per identificare ed eventualmente risolvere il problema.
Se i bambini compiono i primi passi attorno all'anno d'età, la parola arriva più o meno nello stesso periodo. Pur con tantissime variabili, i bambini e le bambine imparano a parlare, pronunciando le prime parole, più o meno tra i 12 e i 20 mesi. Un periodo ampio, proprio perché possono esserci bimbi che parlano precocemente e altri che ci arrivano più in ritardo. Ciò significa che alcuni bambini dicono le prime paroline a 7 mesi; altri non spiccicano parola fino ai 17 mesi, emettendo solo sgraziati suoni.
Quando il ritardo sembra proseguire, è bene indagare a fondo. Parlare non è infatti fine a se stesso e soprattutto è correlato ad altre funzioni fisiologiche e allo sviluppo cognitivo, come la memoria, l'attenzione, le abilità sociali, la motricità del cavo orale...
Di nuovo: i segnali che qui elencheremo non sono uguali per tutti e non sono per forza indicatori di altri disturbi, ma se li cogliamo, è bene segnalarlo al pediatra.
Oltre a queste regole generali, è bene osservare se i bambini e le bambine fanno o non fanno certe cose a seconda dell'età (sempre suppergiù):
In ogni caso, essendo il linguaggio un fattore molto importante per la crescita e un fondamentale indicatore dello sviluppo, il suggerimento è sempre quello di rivolgersi al proprio o alla propria pediatra non appena sorge qualche dubbio. Potrebbe non essere nulla, potrebbe trattarsi di un semplice ritardo sulla tabella di marcia; potrebbe essere qualcosa di importante o, ancora, qualcosa di risolvibile con l'intervento di un o una logopedista. L'importante è coinvolgere il medico o la medica di riferimento.
Mamma Pret a Porter non è una testata medica e le informazioni fornite hanno scopo puramente informativo e sono di natura generale, esse non possono sostituire in alcun modo le prescrizioni di un medico o di un pediatra (ovvero un soggetto abilitato legalmente alla professione), o, nei casi specifici, di altri operatori sanitari (odontoiatri, infermieri, psicologi, farmacisti, fisioterapisti, ecc.) abilitati a norma di legge. Le nozioni sulle posologie, le procedure mediche e le descrizione dei prodotti presenti in questo sito hanno un fine illustrativo e non devono essere considerate come consiglio medico o legale.
Quando si parla di bambini piccolissimi, un luogo comune - ma veritiero - che emerge è la loro capacità di imparare una lingua nuova. Si dice che i bimbi imparino "come spugne", e in effetti è così: assimilano il linguaggio davvero facilmente.
Partendo da questo presupposto, circa cinquant'anni fa Shinichi Suzuki, violinista giapponese, si è chiesto se applicando lo stesso principio alla musica, i risultati fossero altrettanto promettenti e positivi.
Chi era Shinichi Suzuki? Shinichi Suzuchi, nato a fine Ottocento in Giappone, era il figlio di un fabbricante di violini. Crescendo con i suoi undici fratelli e sorelle era solito giocare vicino alla fabbrica di famiglia, osservando allo stesso tempo come gli strumenti musicali prendevano vita. Ciò che lo affascinava, era il processo che portava un pezzo di legno a diventare un oggetto che producesse suoni tanto armoniosi e ammalianti.
A diciassette anni circa, dopo aver ascoltato un pezzo di musica classica suonato da un violino ed esserne rimasto estasiato, portò a casa dalla fabbrica del padre uno di quei violini. Imparò a suonarlo da autodidatta, cercando di replicare, imitandoli, i suoni sentiti nei dischi e in radio. Fu a quel punto che si chiese se i bimbi piccoli, e non gil adulti, potessero imparare la musica appocciandosi ad essa come ad una nuova lingua. Sperimentò quindi quello che chiamò il "metodo madrelingua", che oggi prende il suo nome. Perché fu rivoluzionario? Perché all'epoca, verso metà del Novecento, la prassi era che i bambini e le bambine iniziassero a suonare uno strumento solo verso gli undici, dodici anni.
Secondo il violinista, conoscere la musica non è un'abilità innata, ma qualcosa che può essere imparato e sviluppato con metodo. Così come imparano la propria lingua madre, quindi, i bambini e le bambine possono imparare la musica, sfruttando il loro potenziale fino in fondo.
A confermarlo è proprio il metodo Suzuki: quando iniziò ad applicarlo, la gente che ascoltava i suoi piccoli studenti restava affascinata, ritenendo che si trattasse di piccoli geni della musica. In realtà non si trattava di bimbi e bimbe prodigio, ma semplicemente di bambini e bambine ai quali Suzuki iniziò a insegnare la musica fin da piccolissimi.
Da allora, il suo metodo e soprattutto l'approccio alla musica sin dai primi anni di vita sono sempre più diffusi. Anche a casa, e non solo a scuola si possono peraltro avvicinare i più piccoli alla musica: sono diverse le attività quotidiane per abituarli ad ascoltare. Avete mai provato, ad esempio, a giocare con la musica classica?
Suzuki, di base, era convinto di un fatto: imparare la musica non è importante solo per le persone - grandi o piccole - che vogliono farne una professione o diventare provetti musicisti o cantanti. Secondo il violinista, la musica e la sua lettura, la sua conoscenza, possono essere uno strumento imprescindibile e importantissimo per aiutare i bambini e le bambine a sviluppare il proprio carattere e le proprie capacità (non solo musicali).
Addirittura, Shinichi Suzuki sosteneva che i piccoli studenti e le piccole studentesse possano crescere e diventare bravissime persone, perché più inclini a cercare la pace e l'ordine nelle cose, proprio come trasmette la musica. In ogni caso, la musica è certamente uno strumento importante per la vita e per lo sviluppo cognitivo.
Noi italiani non riusciamo a rinunciarvi: la colazione dolce sembra ancora al primo posto, e la colazione salata ancora non la surclassa. Se anche nella vostra famiglia siete soliti optare per le cose zuccherate, ecco un'idea diversa dal solito: si tratta dei bagel dolci conditi con frutta fresca di stagione. Una sorta di "pane e marmellata", che accosta il salato del bagel alla dolcezza della frutta, e che siamo certe vi farà impazzire.
I bagel? Potete acquistarli, oppure prepararli in casa secondo la nostra ricetta collaudata. E se amate il cioccolato, potete optare per i bagel al cacao!
Su Mamma Pret a Porter ve li proponiamo spesso: i nomi vintage più belli, quelli più diffusi negli ultimi anni, i nomi ispirati alla primavera, alle moderne eroine, agli artisti... In questo articolo vorremmo invece indagare una tendenza che sembra essere sempre più diffusa, ovvero quella alla ricerca di nomi particolari e rari per bambine e bambini, in un tentativo di originalità e per lasciare ai propri figli qualcosa di davvero eccezionale.
Non si tratta però solo di uno sfizio o di vanità: scegliere il nome per il proprio figlio o la propria figlia è un processo spesso profondo, vissuto con trepidazione, ansia o eccitazione, e nella maggior parte dei casi molto emotivo. Si tratta pur sempre di scegliere qualcosa che durerà per sempre: chiaro che i genitori abbiano una grossa responsabilità!
Anche perché il nome influenza molto la personalità e la vita di una persona. E nell'articolo vi spieghiamo perché.
Come accennato, la scelta del nome da assegnare al proprio bambino o bambina è quanto mai importante. Non solo a livello sonoro ed estetico, ma anche per la vita in generale. Secondo alcuni studi, infatti, il nome forgia l'identità e soprattutto influenza la vita. Al di là degli stereotipi legati ai nomi, pare infatti che il suono del proprio nome abbia ripercussioni sulla carriera. Lo dice per esempio uno studio presentato in un'edizione di PBS Digital Studios' BrainCraft series: secondo i ricercatori, le persone ascoltano e scrivono continuamente durante l'infanzia il proprio nome, e questo porta a sviluppare un egoismo implicito. Il nostro nome, insomma, nella maggior parte dei casi ci piace, ci dà conforto, e su esso costruiamo un piacere narcisistico.
Allo stesso tempo, il suono del nostro nome e le lettere che lo compongono ci piacciono più delle altre. E questo ci porterà ad apprezzare di più certi luoghi, lavori o persone, inconsciamente, indirizzando la nostra vita e la nostra carriera in una certa direzione. Un esempio banale per dimostrarlo? A Saint Louis, negli USA, ci sono tanti, tantissimi Louis. A Philadelphia, invece, un numero elevatissimo di persone chiamate Philips.
La tendenza a scegliere nomi rari e unici per i bambini ha quindi un impatto importante su ciò che questi bambini saranno (non negativo o positivo: semplicemente un impatto, spesso inconscio).
Prima di tutto, c'è da dire che questa tendenza è un'evoluzione diretta di come vanno i tempi. Avete mai sfogliato un vecchio albero genealogico della vostra famiglia? Un tempo era normale usare sempre gli stessi nomi, facendoli ricorrere più volte nel giro di pochissime generazioni. Si trattava di omaggi agli antenati, o di una tradizione culturale legata alla propria religione, e questo comportava un ventaglio di scelta piuttosto limitato.
Oggi nel mondo la tendenza ancora rimane. Pensiamo a certe tradizioni, come quella musulmana di dare al primogenito maschio il nome Mohammed (scritto in diverse forme a seconda di dove ci troviamo, essendo una traslitterazione dall'arabo: significa "Maometto"). In Occidente, tuttavia, sempre più genitori scelgono nomi poco diffusi.
Prendiamo Will e Jada Pinkett Smith: i due attori hanno mischiato i propri nomi e li hanno dati ai figli Jaden, Willow e Willard. Più vicino a noi ci sono invece Francesco Totti e Hilary Blasi: alla loro figlia hanno dato addirittura il cognome di una stilista del secolo scorso, Chanel. Per non parlare di Apple, figlia di Gwyneth Paltrow e Chris Martin, o X Æ A-XII, figlio di Elon Musk e Grimes.
Un piccolo elenco che tuttavia dà bene la misura della tendenza: le star hanno aperto una strada ben precisa.
Oggi non sono però solo le celebrities ad assegnare nomi strani, rari e particolari ai propri figli. Le statistiche parlano di come i nomi unici siano sempre più diffusi nelle culture che mettono al centro l'individuo, e non la collettività. Il motivo alla base della scelta è infatti tendenzialmente uno: dare un nome particolare per aiutare il proprio figlio o figlia ad emergere, ad essere unico o unica, a spiccare tra gli altri.
I primi a farlo furono (a partire dagli Stati Uniti) i baby boomer, che si slegarono dalle convenzioni e puntarono alla distinzione. Ci furono poi i genitori che negli anni Novanta cominciarono a guardare alle classifiche dei nomi più diffusi, semplicemente per evitarli. Oggi, soprattutto nei paesi anglosassoni, la tendenza è ancora un'altra: googlare il nome che si ha in mente e controllare che non ci sia nessun'altra persona che lo porta. Sempre nelle culture anglosassoni, poi, è diffusa l'usanza moderna di cercare uno spelling diverso per un nome comune.
In Italia è diverso: a seconda della provenienza e dell'ambiente sociale, le famiglie cercano nomi stranieri per spiccare e suscitare sorpresa, oppure al contrario nomi molto antichi che non sono più così comuni ma che trasmettono nobiltà ed eleganza.
Stai cercando anche tu nomi particolari? Puoi affidarti al tuo albero genealogico (troverai nomi diffusi, ma anche nomi dai costrutti antichi, davvero unici), oppure ispirarti ai tuoi libri preferiti, alla natura e ai fiori, ai figli delle celebrities...
No, non vi suggeriremo di bere birra insieme ai vostri figli! San Patrizio non è infatti solo la festa dei fiumi di alcool, ma è una tradizione irlandese molto antica che possiamo festeggiare insieme ai bambini e alle bambine.
Verstirsi di verde, fare dei lavoretti con i trifogli, fare un po' di sana baldoria... Questa tradizione che arriva da Oltremanica può essere un'occasione per divertirsi in famiglia, addobbando casa a tema e scoprendo un pezzetto di storia irlandese.
San Patrizio (o meglio, Saint Patrick) è il santo patrono d'Irlanda, colui che portò il cristianesimo sull'isola verde. Il suo nome reale era Maewyn Succat, era scozzese e fu rapito dai pirati irlandesi quand'era solo un adolescente. Re Dalriada lo fece suo schiavo.
Il giovane imparò quindi il gaelico, la lingua celtica, e dopo sei anni di prigionia riuscì a scappare, tornando a casa. Qui si convertì al cristianesimo (dopo aver conosciuto anche la religione celtica durante gli anni in prigione) e divenne un predicatore del Vangelo. Divenne quindi diacono, prese il nome di Patrizio (in latino) e negli anni ottenne la carica di vescovo.
In qualità di rappresentante della Chiesa di Roma, il papa lo incaricò di tornare in Irlanda, la terra della sua progionia: qui avrebbe dovuto diffondere il cristianesimo. Fu lui, quindi, a fondare il cristianesimo irlandese, che di base è cattolico, ma con molti spunti pagani e celtici.
Ad oggi, Saint Patrick (che è appunto Santo) è uno dei simboli dell'Irlanda, una figura importante e leggendaria che ogni 17 marzo viene celebrata con festeggiamenti e tradizioni.
Ma quali sono le tradizioni del 17 marzo? Come dicevamo, gli irlandesi sono soliti uscire e recarsi nei pub per bere fiumi di alcool. Ma le celebrazioni non si limitano allo spirito!
Innanzitutto, tradizione di Saint Patrick's Day è vestirsi di verde, il colore dell'Irlanda, che prende spunto dalle distese e dai prati verdi che rendono quest'isola unica dal punto di vista paesaggistico. Il verde rappresenta anche la primavera alle porte, così come la spensieratezza.
Sempre verde è il trifoglio, simbolo di San Patrizio: si racconta, infatti, che il vescovo utilizzò questa pianta per illustrare il concetto di trinità agli irlandesi, evangelizzandoli in questa maniera.
Infine, non dimentichiamo i Lepricauni, piccoli folletti che inizialmente erano ritenuti i calzolai delle fate. I bambini lasciano così, durante la notte, un bicchiere di latte sul davanzale della finestra, per far sì che si rifocillino. E sì, si tratta degli stessi lepricauni che si dice si trovino alla base degli arcobaleni con pentole piene di monete d'oro!
Qualche idea per festeggiare San Patrizio?
Cucinare dei biscotti verdi;
Vestirsi da Lepricauno;
Decorare casa a tema;
Bere un intruglio super verde, sfruttando le verdure verdi di stagione.
E per cena, perché non preparare una delizia irlandese? Il colcannon è uno stufato di patate e verza sostanzioso e super saporito, che possiamo preparare seguendo questa ricetta (anche in versione vegana, scegliendo l'olio al posto del burro).
In alternativa, il 17 marzo è la serata ideale per provare una classica zuppa di verdure irlandese!
La nuova puntata del nostro podcast, Genitori Pret a Porter, vuole essere una piccola introduzione all'argomento della salute mentale dei bambini e degli adolescenti, che stanno uscendo particolarmente provati dalla pandemia come dimostrano diversi studi (e una palese osservazione della realtà).
Nell'episodio la giornalista Sara Polotti presenta i numeri riguardanti le diagnosi tra gli adolescenti e i risultati di alcuni recenti studi che hanno voluto indagare gli effetti psicologici e psichiatrici della pandemia sui ragazzi e le ragazze, offrendo allo stesso tempo qualche consiglio - tra quelli stilati dagli esperti e dalle esperte - per supportare i nostri bimbi e le nostre bimbe nel ritorno alla nuova normalità.
Ascoltate la puntata qui sotto, oppure su Spotify, Apple Podcast e i principali canali di ascolto.