I disturbi del sonno

Giovedì, 16 Marzo 2017 09:16

Oggi è il 17 marzo. E il 17 marzo è la giornata mondiale del sonno. Il World Sleep Day vuole essere un’occasione per soffermarsi un attimo su alcuni problemi che spesso non consideriamo ma che influenzano moltissimo la vita e la salute: quelli del sonno, che troppo spesso non è trattato con il giusto rispetto nonostante le difficoltà che adulti e bambini provano in questo senso.

I disturbi del sonno: tutto ciò che c’è da sapere sui problemi del sonno nella giornata mondiale dedicata a questo argomento

Non pensiamo che sia un problema marginale: a soffrire di insonnia solo in Italia è una persona su tre. Ma non è solo l’insonnia: sono vari i casi in cui il nostro corpo non riesce a riposare bene a causa di alterazioni del normale ritmo sonno-veglia. Il problema è che sballando questo ritmo le conseguenze sono pesanti, poiché il nostro organismo ha davvero, davvero bisogno di riposare.

Il sonno serve infatti tanto al corpo intero (che così si riposa e riacquista le energie spese nella giornata) quanto al cuore (che si prende una pausa dallo stress e dalle angosce) e al cervello (che sistema la memoria e organizza i ricordi in base all’importanza e all’utilità: ecco perché è verissimo il detto “dormici sopra”!).

I fattori che portano agli squilibri sono molti, e si va dal metabolismo all’età, da una dieta ricca di certi alimenti (come caffeina o spezie) alle necessità personali di ognuno (c’è chi ha bisogno di nove ore per sentirsi riposato e a chi bastano cinque ore, ad esempio...).

Detto questo, i problemi del sonno si dividono in:

  • insonnie: e cioè la difficoltà ad addormentarsi o a dormire in maniera continuativa. Può capitare con eventi transitori (e cioè come una forma di reazione del nostro cervello ad un evento - positivo o negativo - importante, come un esame, un lutto, un matrimonio...), a breve termine (che solitamente compare in seguito ad una brutta notizia e scompare dopo poche settimane) oppure può essere cronica (dovuta a moltissimi fattori: psicologici, drammatici, ambientali, fisiologici, ma anche a causa di stress o di dipendenze, come quelle da caffeina, da alcool o da droghe di vario genere).
  • parasonnie: ovvero i comportamenti disturbati durante il sonno. Capitano ad adulti e bambini e si caratterizzano per strani comportamenti durante la nottata di cui non si ricorda nulla durante il giorno. Parliamo quindi di sonnambulismo, per intenderci, ma anche di bruxismo (e cioè il “digrignare i denti”, che spesso ha cause psicologiche legate allo stress oppure ad una cattiva occlusione dentaria; in questo caso la persona interessata potrebbe soffrire, durante il giorno, di emicrania o mal di testa), di incubi frequenti (che sono normali, ma quando accadono troppo spesso possono essere indice di qualche squilibrio), di terrori notturni (vere e proprie crisi di paura che si manifestano con tachicardia, urla, angoscia e difficoltà di respirazione), di sonniloquio (e cioè il parlare durante il sonno - molto frequente sia negli adulti che nei bambini e che diventa preoccupante solo se abbinato a sonnambulismo e a terrori notturni) e di sindrome delle gambe senza riposo (una sensazione di formicolio o stanchezza nelle gambe che spinge a muoverle continuamente, e che spesso è causata da artrite reumatoide o da disturbi più gravi come Parkinson e patologie renali).
  • ipersonnie: quando il normale periodo di sonno non basta e aumenta fino al 25%. La forma più conosciuta (anche se rara) è probabilmente la narcolessia, ossia un attacco di sonno durante la giornata, così potente da non resistergli. Tuttavia più spesso si tratta di un disturbo del ritmo circadiano, e cioè del nostro orologio biologico. Ecco perché capita spesso in momenti di stress o dopo lunghi viaggi (jet lag), ma anche in periodi di forte stress o depressione.

Quelli che invece NON sono definibili come disturbi sono quelli dei bambini nei primi mesi di vita (i famosi risvegli notturni), anche in realtà fino ai 3 anni. Questo perché il loro organismo è fisiologicamente programmato per avere risvegli durante la notte come possiamo leggere nel libro I cuccioli non dormono da soli.

Dopo i 3 anni è comunque normale che il bambino abbia qualche risveglio, sopratutto in caso di problemi di digestione, intolleranze, mal di gola, raffreddore e influenza, tosse , ambiente (troppo chiuso e non ventilato). Da tenere sempre in considerazione fattori psicologici: da semplici momenti di difficoltà a scuola o in famiglia, avvenimenti importanti come l'arrivo di un fratellino o un trasloco, o veri e propri traumi. Tutti questi elementi possono inficiare la qualità della nannaLe coccole e la vicinanza fisica e psicologica con mamma e papà sono nella maggior parte di questi casi il miglior rimedio. Non ci stancheremo mai di dire che il mammifero è un animale biologicamente programmato per non dormire da solo in un determinato luogo.

 

Mamma Pret a Porter non è una testata medica e le informazioni fornite hanno scopo puramente informativo e sono di natura generale, esse non possono sostituire in alcun modo le prescrizioni di un medico o di un pediatra (ovvero un soggetto abilitato legalmente alla professione), o, nei casi specifici, di altri operatori sanitari (odontoiatri, infermieri, psicologi, farmacisti, fisioterapisti, ecc.) abilitati a norma di legge. Le nozioni sulle posologie, le procedure mediche e le descrizione dei prodotti presenti in questo sito hanno un fine illustrativo e non devono essere considerate come consiglio medico o legale.

(Foto credit: Johan Bävman)

Due giorni. Questo è il congedo parentale concesso ai nostri papà dal Jobs Act. Quando la mamma partorisce, i padri possono stare a casa dal lavoro due giorni (più altri due nel periodo successivo, che però vengono sottratti alla madre). E quei due giorni probabilmente sono quelli che la madre e il bambino passano in ospedale. Quindi, diciamocelo: non c’è nemmeno il tempo di godersi la nuova intimità a casa.

Non è così in tutto il mondo. E non è così soprattutto in Svezia, paese nordico nel quale il congedo parentale è dal 1974 uguale per mamma e papà (esempio di parità all’avanguardia) e nel quale i genitori hanno diritto a 480 giorni per stare con i bambini: 90 giorni spettano alla mamma, 90 al papà, mentre gli altri possono essere divisi a piacimento. Sono quindi sempre di più i papà che si prendono questo lusso di stare a casa con i figli, e possono insegnarci moltissimo!

Un bellissimo progetto sui papà svedesi che fa riflettere sul congedo parentale: il fotografo Johan Bävman attraverso le sue immagini ci racconta la paternità in Svezia

Come sono questi papà che decidono di stare a casa con i loro figli per permettere alle mamme svedesi di lavorare? A raccontarlo è Johan Bävman, fotografo svedese che ha deciso di immortalare la bellezza di questa usanza per promuovere l’uguaglianza di genere e spronare i genitori a dividersi il congedo parentale in maniera equa. Perché è vero che la Svezia lo permette, ma sono solo il 14% dei papà che decidono di usufruirne.

Secondo noi diffondere questo bellissimo progetto (che è anche un libro! Potete comprarlo qui) non avrebbe conseguenze positive solo in Svezia: anche nel nostro paese, uno dei peggiori a livello di equità parentale, c’è bisogno di aprire gli occhi!

Johan Bävman ha quindi fotografato in maniera divertente, tenera, esteticamente accattivante e riflessiva la vita di questi papà che scelgono di stare a casa con i propri bambini per almeno sei mesi (un periodo che a noi, poveri italiani, sembra incredibile e dell’altro mondo quando pensiamo ai padri, no?).

(Foto credit: Johan Bävman)

Il suo scopo, il suo obiettivo, è quello di scoprire sul campo cosa abbia spinto questi padri a scegliere di mettere in standby il lavoro a favore delle proprie compagne, rispetto alla tendenza della maggior parte dei loro colleghi. “Cosa ha fatto per loro, questa scelta? Com’è cambiata la loro relazione con la loro partner e con i bambini? E quali erano le loro aspettative prima di compiere questa scelta?”: sono queste le domande che si è posto l’artista.

“Questo progetto ha due obiettivi: il primo è descrivere il background di questo congedo parentale svedese, unico al mondo. Il secondo è ispirare gli altri padri - svedesi ma non solo - a considerare gli effetti positivi di tale sistema”: siamo d’accordo con lui, e guardando le immagini non si può non rimanere prima inteneriti e poi pensierosi. Perché vedere questi padri all’opera fa davvero riflettere.

Si vedono papà che giocano e che si divertono con i bambini, certo. Ma anche padri finalmente a proprio agio con i bimbi in braccio nella fascia. Padri che lavano e cambiano con nonchalance i figli. Padri che passano l’aspirapolvere con il bebè nello zaino, padri che fanno la spesa, padri che si barcamenano tra i pranzi di due bambini, padri che aspirano il muco dal nasino...

(Foto credit: Johan Bävman)

Se la tendenza sarà quella a scegliere sempre di più di sfruttare il congedo parentale paterno, non potremmo essere su una strada più giusta: quella dell’uguaglianza di genere, che non è solo rispetto astratto e supporto psicologico alle donne, ma anche aiuto fisico. Che poi, se ci pensiamo, non è solo un aiuto alle mamme. I papà che scelgono di prendersi la paternità ne beneficiano in maniera incredibile: stare con i bambini non è un peso. È un privilegio. E come tale va pensato.

Passando quei sei mesi con i figli, dividendoseli giustamente con la mamma, i papà avranno finalmente la possibilità di fare esperienza di una relazione profonda con i loro bambini, lontana anni luce da quella retrograda del papà che torna dal lavoro, si siede alla tavola apparecchiata, gioca un paio di minuti e poi scompare.

(Foto credit: Johan Bävman)

Il capofamiglia non esiste più. I capofamiglia sono tutti i suoi membri. Tutti devono avere le stesse possibilità, e non per mero femminismo o per difendere a spada tratta diritti astratti. No. Questi diritti, se finalmente applicati con serietà, vanno a beneficio di tutti. E noi saremo contente quando finalmente prendersi sei mesi dal lavoro per godersi davvero la famiglia e la quotidianità, vedere un papà che fa la spesa con due bambini e conoscere una mamma che torna a casa dal lavoro trovando la cena pronta non saranno più stranezze che fanno sgranare gli occhi.

(Foto credits: My Poppet)

La Mano di Fatima è uno dei simboli più affascinanti di sempre. Proviene dalla tradizione ebraica e musulmana, sta a significare femminilità, bellezza e fecondità ed è innegabilmente una delle raffigurazioni più belle che l’umanità ha saputo concepire.

Con questo lavoretto da fare insieme ai bambini allenerete quindi creatività, manualità e arte con l’insegnamento di un valore. E il risultato è qualcosa di davvero meraviglioso da vedere!

Come realizzare una mano di Fatima in ceramica: il lavoretto sul simbolo ebraico e musulmano di femminilità che da secoli insegna ad apprezzare bellezza e amore

Ne vediamo davvero dappertutto: parliamo di quelle manine decorate che si trovano in forma di ciondoli, tatuaggi, decorazioni per la casa, quadri o oggetti preziosi. Ma cosa significa davvero la mano di Fatima?

Detta anche Mano di Miriam, la Mano di Fatima (detta anche Hamsa, e cioè “cinque” in arabo) è per i musulmani un amuleto che rappresenta la mano della figlia del profeta Maometto: trovò il marito con una concubina, si ingelosì e per sbaglio tuffò la sua mano nell’acqua bollente, perdendola ma non provando dolore. Ecco quindi che il simbolo della mano rappresenta la femminilità, l’autocontrollo e la serietà.

Nella tradizione ebraica, invece, la mano è quella di Miriam, la sorella di Mosè e Aronne, ma è anche simbolo dei cinque libri della Torah e della quinta lettera dell’alfabeto, la He, che rappresenta Dio.

(foto credits: Tumblr)

Le suggestioni non sono dunque univoche, ma i messaggi sono tutti positivi e intrisi di molta spiritualità e speranza.

Per realizzare con i bambini una Mano di Fatima decorativa serve poco materiale ma molta creatività. Attrezzatevi con della pasta modellabile (quella che si asciuga all’aria, per intenderci), un matterello, dei coltellini stondati (quelli fatti apposta per la ceramica sono perfetti perché non hanno lame taglienti), dei bastoncini per disegnare, dei colori acrilici e dei pennelli. E con le vostre mani!

Iniziate stendendo un bel pezzetto di pasta modellabile su un piano, appiattendolo con un matterello. Fate posare poi ai bambini la mano sopra la pasta, e con un coltellino o uno stuzzicadenti segnate il contorno della mano, con le dita chiuse.

(foto credits: My Poppet)

Passate quindi al taglio e togliete da intorno la pasta modellabile in eccesso. Smussate poi gli angoli, per ottenere una forma perfetta. Se la pasta dovesse asciugarsi troppo, basterà passarci sopra con le mani leggermente umide.

Iniziate quindi con la decorazione: con degli stuzzicadenti e dei bastoncini disegnate pattern astratti e geometrici, a vostro piacimento. I bambini potranno sbizzarrirsi e sguinzagliare la loro creatività.

(foto credits: My Poppet)

Mettete poi da parte la vostra creazione: la pasta modellabile avrà bisogno almeno di 24 ore per asciugare completamente, quindi abbiate cura di non toccarla per quel lasso di tempo. Appoggiate le mani su un foglio di carta pacco, oppure su un vecchio strofinaccio, e lasciatele in un luogo fresco e asciutto.

Passato il tempo necessario all’asciugatura arriva quindi il tempo di dipingere le vostre mani decorative: scegliete i colori che preferite. Il meglio è utilizzare un unico colore, in tinta unita: le decorazioni creano già movimento e l’effetto meraviglia è comunque assicurato.

In alternativa, lasciate le mani senza decorazioni incise e coloratele una volta asciutte ricreando l’effetto ottico con i pennelli e i pennarelli.

(foto credits: Etsy, Pinterest, My Poppet)

Avete mai sentito parlare di “classe capovolta” o “flipped classroom”? Non pensate a qualcosa di rivoluzionario in senso negativo o a un metodo educativo che stravolge e butta via tutto ciò che sappiamo sull’insegnamento. O meglio: sì, di uno stravolgimento si tratta, ma come sempre quando vi parliamo di approcci nuovi è un metodo che mette al centro come sempre il bambino e le sue capacità, e quindi non ci sembra così insensato!

La classe capovolta, una rivoluzione d’insegnamento che ci piace: ad un convegno romano hanno presentato questo nuovo modo di fare scuola che mette al centro le capacità dei bambini di imparare con i loro ritmi

A fine febbraio a Roma c’è stato un convegno: “Imparare ad imparare: equipaggiati per il futuro”, era il titolo, e a parlare agli insegnanti di tutta Italia sono stati esperti e professionisti della comunicazione e della creatività, che hanno voluto divulgare il metodo definito della “flipped classroom”, ovvero della classe capovolta che vuole aiutare gli studenti a imparare in maniera più dinamica, motivante e arricchente.

Il senso della classe capovolta è quello di invertire il senso dell’insegnamento, lo schema a cui siamo abituati: non più quindi lezioni frontali durante le quali gli insegnanti, dalla cattedra, parlano e spiegano agli alunni le varie materie. Gli alunni, in tutto questo, imparano passivamente, copiando e scrivendo sui loro quaderni, ma soprattutto ricevendo le stesse informazioni a prescindere dalle difficoltà, dai ritmi, dalle capacità e dal livello.

Nella “flipped classroom” il ruolo dell’insegnante sarebbe quello di fornire agli alunni tutti i materiali per la scoperta autonoma degli argomenti (libri, video, siti, tutorial, presentazioni, documenti...). I bambini imparano così da soli o in gruppo, anche fuori dalla scuola, e l’aula diviene il luogo prediletto per lo scambio e il confronto con i compagni e con l’insegnante.

L’idea che sta sul fondo di questo appoggio didattico è l’apprendimento attivo, e cioè quello perseguito concretamente e direttamente dall’alunno, che fa esperienza dell’argomento con i suoi tempi e che viene poi guidato comunque dall’insegnante. Inoltre, diventando l’aula il luogo del confronto, i bambini imparano (sempre direttamente e concretamente) a dialogare, a esprimersi, a risolvere i problemi, a chiedere aiuto e a dare aiuto loro stessi.

Anche l’autostima ne guadagna: si saranno infatti materie nei quali i bambini non faranno fatica, altre in cui troveranno difficoltà, ma in ogni caso il momento di confronto diventa prezioso in questo senso, poiché tutti imparano fin da subito a esprimere le proprie difficoltà, le proprie idee, le proprie critiche, costruendo con gli altri un ambiente sicuro di espressione che tornerà davvero utile anche nella vita quotidiana “da grandi”.

Un video molto bello e semplice spiega cosa sia in concreto questo insegnamento capovolto: non più la lezione a scuola e poi i compiti a casa, ma al contrario la visualizzazione dei materiali a casa (con il proprio ritmo) e poi il confronto in classe.

Tutto questo si avvale poi, soprattutto, delle nuove tecnologie, che sono utilissime in questo senso: presentazioni fatte dagli insegnanti, video, tutorial, piattaforme di scambio... Ormai la tecnologia c’è e quando la si sfrutta in maniera intelligente ne siamo contenti.

Nella classe capovolta “gli alunni hanno diretto accesso alla conoscenza e l’insegnante diventa una guida”: non più quindi un tramite che si frappone tra i bambini e il sapere, ma un traghettatore che li porta con la mano verso dove devono davvero andare, chi tornando indietro perché magari non ha capito, chi più un po’ più avanti perché ha bisogno di essere stimolato con nuove sfide.

Tutto questo ha risvolti davvero positivi, se preso con il giusto senso: l’approccio della classe capovolta si rivolge infatti agli studenti avendo in mente loro. Non si vuole più ingozzare i ragazzi con il mare di informazioni non filtrate secondo i loro bisogni; non si vuole più mettere davanti al modo di insegnare le informazioni (perché il metodo è molto più utile della quantità di cose dette). Si vuole insegnare per davvero, con il sorriso che spunta sia sul viso degli insegnanti che su quello degli alunni, finalmente spronati e accompagnati come si deve.

5 idee di tisane mangia e bevi

Venerdì, 10 Marzo 2017 15:56

Siamo abituati a bere la nostra tisana in bustine o in mix già pronti. La prepariamo, ci versiamo sopra l’acqua bollente, la gustiamo. E poi? E poi buttiamo i rimasugli dell’infuso. Ma non deve per forza essere così! C’è infatti un altro metodo per gustare le nostre tisane, facendole in casa a partire dalla frutta disidrata e mangiando alla fine i resti della frutta!

5 idee di tisane mangia e bevi: un nuovo modo di gustare gli infusi mangiando la frutta disidratata dopo averne bevuta l’acqua aromatizzata

Innanzitutto, capiamo bene cosa significa tisana: la tisana è una preparazione acquosa attraverso la quale vengono estratti i principi attivi racchiusi nelle piante. Il calore li sprigiona e li diffonde nell’acqua che si andrà poi a bere. Questi principi attivi saranno quindi diluiti, ma non per questo inefficaci.

Se quindi invece di gettare nella spazzatura il residuo degli ingredienti che utilizziamo lo mangiassimo, andremmo ad assumere questi principi attivi nella loro totalità. Tuttavia questo metodo non è possibile con tutte le tisane, poiché quando si tratta di erbe e fiori non sempre questi sono commestibili o sicuri.

Tuttavia c’è una soluzione, e questa è optare per la frutta: essa infatti è perfetta per infusi e tisane (pensate alle bustine già pronte di “frutti misti”) ma è anche sicurissima da mangiare nella sua interezza. A noi quindi piace moltissimo preparare queste tisane in casa, in modo da utilizzare ingredienti sicuri e in una forma commestibile.

La preparazione ci permette così di ottenere una tisana deliziosa da assaporare, ma anche da masticare! Esatto: una volta finita l’acqua, sul fondo rimangono i buonissimi residui della frutta, da mangiare subito o da tenere come stuzzichino.

L’unica regola è quella di utilizzare della frutta disidratata, che potete trovare nei negozi bio oppure fare in casa con un essicatore (noi lo facciamo sempre con il nostro Essicco!). Ne bastano due cucchiaini. Mettetela sul fondo della tazza e versateci sopra l’acqua bollente. Attendete cinque o dieci minuti e gustatevi la tisana, dopodiché non buttate via il fondo, ma mangiatelo con il cucchiaino! Ecco il vostro infuso mangia e bevi. Ed ecco i nostri cinque mix di frutta preferiti.

  • La prima tisana mangia e bevi che vi proponiamo è quella ai frutti rossi, un must degli infusi. Mischiate qualche mirtillo, qualche mora, qualche ribes, delle fragole e dei lamponi e procedete con l’infusione. I frutti rossi hanno molteplici proprietà, tra le quali spicca certamente la capacità di combattere i radicali liberi e quindi l’invecchiamento cellulare.

  • Mela, banana , albicocca e ciliegia è un mix che ci piace moltissimo per il suo sapore semplice e tradizionale della frutta di casa nostra.

  • Per un gusto più tropicale ma altrettanto delizioso vi consigliamo di mischiare i sapori del kiwi e dell’ananas: il kiwi è ricchissimo di vitamina C e minerali, mentre l’ananas è un acceleratore di metabolismo davvero efficace.

  • Se amate le bacche di goji, vi farà piacere sapere che abbinandole a ananas, mele e ginseng (stavolta non disidratato ma in radice: tagliatelo a fettine) realizzerete una tisana davvero benefica, energetica e perfetta per mantenere la salute degli occhi.

  • Ultima ma non per gusto è la tisana mangia e bevi ottenuta mettendo in infusione un mix di uva: passa: l’uvetta sultanina (ricca di fibre, fenoli e in grado di controllare la glicemia nel sangue), l’uvetta rossa (fonte di polifenoli antiossidanti, calcio, ferro, manganese, magnesio, rame e zinco) e l’uvetta nera (piena di vitamine, minerali ed enzimi e in grado di abbassare l’acidità dell’organismo).

Eccolo lì, di nuovo, il sangue che sgorga dal naso. A fiotti oppure a piccole gocce. Ma c’è. E le cause possono essere molteplici, così come sono molteplici le soluzioni e i consigli che ci permettono di tenerlo sotto controllo e di risolvere la situazione.

Il sangue dal naso, tutto ciò che dobbiamo sapere sull’epistassi: cosa fare quando si presenta questo problema che affligge bambini e adulti

Partiamo con ordine: il sangue dal naso è scientificamente chiamato epistassi (o rinorragia). L’epistassi è quindi il fenomeno che si verifica quando è presente un’emorragia proveniente dalle cavità nasali. Questo fenomeno è molto diffuso, ed è diffuso a tutte le età. Questo perché il naso, setto e narici, è estremamente vascolarizzato ed essendo una zona di tessuto mucoso è molto, molto delicata.

Le cause? Sono davvero molteplici, più o meno importanti, e da caso a caso varia la situazione. Solitamente, soprattutto nei più piccoli, si tratta di conseguenze dello sfregamento e del grattamento notturno, dell’inserimento di piccoli oggetti o del colpo di elementi contundenti, o del tentativo di estrarre qualcosa. Anche le dita nel naso possono provocare questo problema: innanzitutto perché si graffiano le delicate pareti, in secondo luogo perché a lungo andare questa cattivissima abitudine (che non tutti perdono dopo l’infanzia...) comporta la modificazione del sistema di eliminazione del naso, portando a squilibri.

Altre cause possono essere un’infezione in corso (come la scarlattina, l’influenza o la rosolia), uno stato di alterazione del naso (il raffreddore, la rinite allergica...), un trauma cranico, oppure l’ipertensione (o pressione alta). O, addirittura, un indebolimento delle pareti vascolari. In questi ultimi due casi la causa alla radice potrebbe essere l’arterosclerosi, e dunque una visita dal medico è quanto di più indicato. Questo perché tutte le manovre che potete eseguire per tamponare il problema risolvono solo il sintomo e non la causa.

Ma cosa fare quando si manifesta il sangue dal naso, soprattutto con i bambini?

  • Innanzitutto, tranquillizzateli. Il sangue dal naso è una cosa che li spaventa, è normale, come ogni forma di ferita dalla quale esce del sangue.
  • Se questa vista del sangue è particolarmente destabilizzante, mettetelo sopra ad un lavandino e aprite l’acqua: il sangue si mescolerà ad essa e lo porterà via. State poi molto, molto attenti che non lo deglutisca: in quel caso vomiterebbe e la situazione andrebbe peggiorando (per quanto riguarda il panico).
  • In ogni caso, non fate alzare la testa all’indietro: spontaneamente verrebbe da farlo, per ricacciare indietro il sangue, ma è peggio, poiché si intaserebbe la gola. La testa va sempre tenuta verso il basso, in modo da farlo defluire. Quindi la posizione da seduti dritti è ottimale, così come lo è lo stare sopra al lavandino, come dicevamo prima.
  • Prendete poi il naso e stringetelo tra due dita, con una presa abbastanza forte: il gesto favorirà la coagulazione e in qualche minuto la fuoriuscita del sangue dovrebbe cessare.
  • Meglio sempre non inserire cotone, garze o fazzoletti di carta, soprattutto se non sono sterili.
  • Quando il sangue avrà cessato di scorrere, evitate di fare soffiare il naso e di toccarlo per almeno un’ora.

Se tuttavia questo sangue non smettesse di scendere (dopo 15-20 minuti dall’inizio dell’evento), in quel caso sarebbe bene recarsi dal medico per una medicazione fatta ad hoc o al pronto soccorso per capire meglio la causa. E se l’evento si ripetesse per troppo tempo, senza ragione apparente, sarebbe opportuno portare il bambino ad eseguire una cauterizzazione dei vasi, e cioè una bruciatura che avrà un effetto emostatico più duraturo (poiché la causa potrebbe essere semplicemente dei vai molto fragili che si rompono al minimo tocco).

 

Mamma Pret a Porter non è una testata medica e le informazioni fornite hanno scopo puramente informativo e sono di natura generale, esse non possono sostituire in alcun modo le prescrizioni di un medico o di un pediatra (ovvero un soggetto abilitato legalmente alla professione), o, nei casi specifici, di altri operatori sanitari (odontoiatri, infermieri, psicologi, farmacisti, fisioterapisti, ecc.) abilitati a norma di legge. Le nozioni sulle posologie, le procedure mediche e le descrizione dei prodotti presenti in questo sito hanno un fine illustrativo e non devono essere considerate come consiglio medico o legale.

Ricordate quando facevamo le barchette di carta o le bamboline con i vecchi giornali? Era estremamente educativo, oltre che divertente! Con la carta possiamo realizzare insieme ai nostri bambini un sacco di forme e personaggi. Perché quindi non imparare insieme a loro qualche realizzazione base partendo da questa antica arte orientale?

Gli origami per bambini, perché sono importanti e qualche idea: come gli origami aiutano manualità e pazienza dei bambini e alcuni esempi per realizzarli insieme a loro

Tutte quelle attività che implicano le mani, creative o meccaniche, sono importantissime per i nostri bimbi. Disegnare, avvitare, cucinare... E anche realizzare gli origami! Quando parliamo di origami intendiamo quella antica arte orientale (nata in Giappone ma conosciuta e sviluppata anche in Cina e in Arabia) che prevede la realizzazione di modelli e oggetti a partire dalla piegatura della carta.

Sì, creare forme complesse è estremamente complicato. Ma non esistono solo oggetti difficili che prevedono un numero esagerato di piegature per arrivare al risultato finale. Come per tutto, anche con gli origami si può partire da esempi base, semplici e (relativamente) veloci. Sono questi che sono perfetti per insegnare ai bambini l’antica arte.

Le implicazioni didattiche e pedagogiche che stanno dietro agli origami sono semplici ma importantissime: innanzitutto, protagonista qui è la manualità fine, elemento imprescindibile per la crescita dei bambini, che sviluppandola acquisiscono a poco a poco la loro indipendenza. Il disegno, le working station, le stazioni dei travasi, il finger knitting... Sono tutte attività che implicano precisione, proprio come l’origami: il bambino attraverso questi compiti divertenti allena sempre di più le sue dita alla precisione, implementando la coordinazione occhio-mano e supportando così anche il suo intelletto, che, proprio come dice Maria Montessori, passa prima di tutto dalle sue mani.

In secondo luogo gli origami, forse anche per la loro origine orientale (sappiamo bene che le culture dell’Est sono molto più quiete e riflessive), sono un ottimo esercizio per impiegare il bambino in un’attività che prevede la concentrazione. Gli origami sono molto precisi (ogni piega deve essere perfetta per far sì che il risultato sia ottimale), ma soprattutto abbastanza lunghi (anche se le tempistiche variano con l’aumentare della difficoltà), e il bambino è “obbligato” (anche se obbligato è una parola grossa quando si parla di creatività e divertimento) a concentrarsi, a focalizzarsi su una determinata attività. E questa degli origami è una concentrazione mirata e molto educativa, poiché insegna al bambino che la pazienza porta a risultati bellissimi e concreti.

Ma quali sono i migliori origami per iniziare?

La barchetta è certamente da provare: semplice e d’effetto, piace sempre ai bambini! Utilizzate una vecchia mappa geografica come carta-base e l’effetto sarà ancora più divertente.

(Foto credits: Pinterest)

Altra proposta è la volpe: da realizzare con del cartoncino marrone, prevede meno di dieci piegature e alla fine otterrete un animale con cui poter giocare liberamente.

(Foto credits: Craft your Home)

Creazione divertente e apprezzata può essere il fiore, un classico dell’arte dell’origami. I passaggi qui sono 11 e la precisione sarà sempre più importante.

(Foto credits: Origami Resource Center)

Perfetto come regalino oltre che come lavoretto è il cuore origami: ecco qui le istruzioni. Perché poi non ne create una ventina e realizzate un bouquet di cuori da regalare ad una persona amata?

(Foto credits: Parents)

E guardate che carini i cappotti di carta: utilizzate vari pattern e giocate poi a stendere i panni come i grandi (un’altra attività super montessoriana, che insegna a raggiungere l’indipendenza imitando i gesti adulti!)

(Foto credits: Juntines)

E dove trovare la carta adatta a questi lavori? La carta per origami solitamente (se è “ufficiale”) non è molto economica. Ci sono però molti siti (a partire da “1000 origami”) che vendono pacchetti con 100, 200 o più fogli. L’importante è che la carta non sia troppo sottile, altrimenti l’effetto è completamente diverso da quello dei veri origami! Interessanti sono poi i libri di Mayumi Jezewski: “1000 origami”, “1000 origami divertenti” e “1000 origami originali”: ogni libro contiene 1000 fogli 15x15 abbastanza spessi e coloratissimi (tutti con fronte e retro differente, in modo da ottenere origami deliziosi!), oltre a qualche breve spiegazione per eseguire le forme più disparate.

Il 13 marzo sapremo qualcosa di più: è fissata infatti per quel giorno l’udienza davanti al giudice. Il motivo? In poche parole, Sara è diventata mamma, la sua azienda l’ha trasferita a più di 250 km di distanza. E via con la denuncia, passo obbligato da un sistema che quando decide di licenziarti e non può farlo ricorre a tutte le strategie più basse.

La storia di Sara Guerriero, quando il mobbing è davvero troppo: se diventare mamma diventa un intralcio per il datore di lavoro, dobbiamo lottare per i nostri diritti

Ed ecco quindi la storia di Sara Guerriero spiegata passo passo: Sara lavora per un’azienda tricologica italiana, la Farmasuisse S.r.l. (o Istituto Helvetico Sander, per come la conosciamo). Poco tempo fa è diventata mamma, e guarda caso l’azienda ha deciso di trasferirla da Cosenza a Salerno. Via da casa, insomma. Mica facile decidere così su due piedi. Soprattutto con un bambino piccolo.

A molte verrebbe in mente di licenziarsi, è normale. Ma è proprio questo l’intento dell’azienda: spingere al licenziamento una persona che non potrebbero licenziare ma che in quel momento sta loro stretta. Perché la legge in effetti tutela le mamme: al datore di lavoro è vietato licenziare la madre lavoratrice dall’inizio del periodo della gravidanza sino al compimento di un anno d’età del suo bambino.

No, Sara non vuole licenziarsi. Quel lavoro è giustamente un suo diritto. Ed è così che ha deciso di lottare, portando anche alla luce la sua storia (grazie ad un articolo uscito sul “Manifesto”, scritto da Claudio Dionesalvi e Silvio Messinetti). Ha fatto quindi ricorso con il suo avvocato Giuseppe Lepera (in sede civile ai sensi dell'ex articolo 700 - provvedimento d'urgenza - del Codice Civile) e l’ha vinto.

Ma l’azienda farmaceutica non ha accettato la sentenza del giudice Silvana Ferrentino (la decisione era che il trasferimento non era accettato, dal momento che la scusa dell’azienda, e cioè un “calo di redditività della sede” era chiaramente solo una scusa - e pure falsa) e l’ha comunicato a Sara. Che l’ha comunicato al suo nuovo avvocato, Elena Montesano. Che ha quindi sporto immediatamente, insieme all’avvocato Lepera, un’altra denuncia-querela al procuratore della Repubblica di Cosenza contro l'azienda, per non aver rispettato la sentenza della Ferrentino. Ecco di cosa si tratterà il 13 marzo: della nuova udienza relativa al secondo ricorso di Lepera a seguito della seconda lettera di trasferimento che Sara ha ricevuto dall'azienda pochi giorni dopo la prima sentenza della Ferrentino che dichiarava il trasferimento illegittimo e discriminatorio e ordinava il reintegro immediato a Cosenza.

La storia di Sara fa riflettere moltissimo. Come può un’azienda potersi ancora nascondere dietro al dito del “il trasferimento è un nostro diritto poiché in questo momento c’è bisogno così” quando, palesemente, si tratta di vessazioni per spingere un elemento al licenziamento spontaneo? Come si può cedere a questo sistema? E come si può dire di “sì” quando ti peggiora la vita e dire di “no” peggiorandola ulteriormente?

L’altra considerazione allarmante sorge se guardiamo i numeri diffusi dall’Osservatorio Nazionale Mobbing, poiché i mobbing strettamente legati alla maternità sono davvero moltissimi. Dal 2011 al 2016 i casi in Italia sono aumentati addirittura del 30%. Negli ultimi due anni almeno 350.000 donne (sì, 350.000!) sono state discriminate a causa della maternità, per il semplice fatto di essere rimaste incinte o perché hanno chiesto, come loro di diritto, la possibilità di conciliare lavoro e famiglia.

Questi dati fanno orrore. Le aziende considerano le mamme lavoratrici un peso. E non sapendo come “sbarazzarsene” ricorrono a tristi trucchetti che purtroppo la maggior parte delle volte hanno successo.

Ma che ne è della maternità tutelata? Ma nessuno guarda ai paesi nordici, nei quali le mamme e i papà hanno molti più diritti e permessi e l’economia continua ad essere impeccabile?

Alla fine resistere diventa difficile e doloroso. Non tutte hanno la forza di Sara. Tuttavia, un aiuto esiste. Quando sentite di essere vittime di questo bullismo psicologico da parte della vostra azienda, rivolgetevi all’Osservatorio dedicato o alla Consigliera di Parità. Sapranno certamente consigliarvi come procedere, come difendervi. E soprattutto ricordatevi che non siete sole, che non siete solo voi in questa condizione, e che l’unico modo per evitare che il fenomeno continui a diffondersi è, almeno, alzare la voce e dire a tutti il trattamento che state ricevendo.

Cos’è Cristalfarma? Un’azienda farmaceutica davvero innovativa che tratta finalmente la fitoterapia con la serietà e la dignità che le spetta. Siamo andati a conoscerli e l’esperienza ci ha davvero aperto gli occhi: non solo è totalmente in linea con il nostro pensiero concentrato sulla salute naturale, ma i suoi prodotti sono efficienti, sicuri e adatti a tutti. E adatti a tutte le esigenze!

Ecco Cristalfarma, l’azienda fitoterapica di cui ci fidiamo: vi presentiamo la nostra giornata all’interno dell’azienda alla scoperta dei prodotti più innovativi che guardano alla tradizione

Lunedì ho avuto il piacere di conoscere una realtà farmaceutica non solo guidata dall’interesse, ma anche dal cuore: lo si legge negli occhi delle persone che lavorano a questo grande progetto. Ho infatti partecipato alla presentazione della linea Junior Cristalfarma all’interno della sede aziendale: è sempre bello conoscere realtà che uniscono progetti imprenditoriali alla volontà di diffondere un’autentica cultura della salute e del benessere naturale per la famiglia.  

Prima una deliziosa colazione veg in compagnia di amiche blogger come Veronica di Verobiologico e Raffaella di Baby Green; successivamente siamo entrati nella sala riunioni, dove appesi alla parete abbiamo trovato le scritte Sogno e Relax. Sono le linee guida che ogni giorno ispirano il lavoro di Cristalfarma:  “Naturale” è la parola d’ordine, e questo già ci piace. Perché la mission di Cristalfarma è quella di trattare in maniera rigorosamente scientifica ciò che la natura ci offre, le componenti attive delle piante, con la stessa serietà che contraddistingue il mondo farmaceutico.

 cristalfarma banner

Il concetto è quindi quello di riprendere le conoscenze tradizionali dell’uomo, che esistono da quasi 4000 anni, e renderle di nuovo efficaci e dignitose, attraverso seri studi che coinvolgono medici e farmacisti. Così tutti i loro prodotti li troveremo solo in farmacia: non hanno bisogno di prescrizione, ma questo la dice lunga sulla serietà. E come loro siamo certi che i farmacisti e i medici sapranno raccomandarvi i prodotti studiati su misura per voi e le vostre famiglie! Già, perché a Cristalfarma hanno anche una linea dedicata proprio al bambino, e noi ne siamo contenti: finalmente avremo dei prodotti fitoterapici studiati apposta per loro, in modo da contrastare fastidi e disturbi vari solo attraverso la natura e le sue risorse.

Ma quali sono questi prodotti?

Partiamo con Vagostabil Junior: spesso i bambini soffrono periodi in cui faticano ad addormentarsi, o addirittura si svegliano ripetutamente durante la notte. Questo accade per svariati motivi, dovuti soprattutto allo stress, al nervosismo e alla somatizzazione di problemi familiari o scolastici. Attraverso la Passiflora, e l’Escolizia Vagostabil aiuta il bambino gradualmente a ritrovare il suo naturale ritmo del sonno: bastano due somministrazioni, una al mattino e una alla sera, fino alla scomparsa del fastidio, e il bambino ritroverà le sue forze e la sua vitalità, oltre che al benessere fisico e mentale che probabilmente era scomparso in quei momenti in cui si hanno problemi di sonno 

 

Il secondo prodotto perfetto per i nostri figli è certamente Imoviral Junior, l’integratore a base di Echinacea, Acerola (ricchissima di vitamina C), Arabinogalattano e Beta Glucano che li aiuta a rafforzare le proprie difese immunitarie in quei periodi di abbassamento e pericolo, come i cambi di stagione o i momenti in cui l’alimentazione non è bilanciata. Le malattie stagionali o le infezioni sono sempre dietro l’angolo, quindi, quando riteniamo sia il momento adatto per una profilassi, Imoviral ci viene assolutamente in aiuto, con cicli preventivi o come coadiuvante durante la malattia.

Relaxcol Junior è pensato invece per un altro problema tipico dell’infanzia, e cioè il gonfiore addominale e la cattiva digestione. Le piante qui coinvolte sono il finocchio, la melissa e le carrube, che, attraverso il trattamento, riducono il gonfiore e la tensione addominale, eliminano le coliche gassose e frenano meteorismo e flatulenza. Allo stesso tempo, però, aiutano nella normalizzazione della flora intestinale, grazie all’apporto integrativo di fruttoligosaccaridi.

Infine utilissimo è anche Cutamir il prodotto pensato per la pelle della famiglia, soprattutto per quella più sensibile che risente dei cambiamenti climatici, della sudorazione o dello stress. Da utilizzare quando se ne sente la necessità, Cutamir va in aiuto quando sentiamo prurito, irritazioni o secchezza, a prescindere dalla causa, che può essere lo smog, un’allergia, il pannolino, una scottatura o la sudorazione…

Giulia Mandrino 

 

Mamma Pret a Porter non è una testata medica e le informazioni fornite hanno scopo puramente informativo e sono di natura generale, esse non possono sostituire in alcun modo le prescrizioni di un medico o di un pediatra (ovvero un soggetto abilitato legalmente alla professione), o, nei casi specifici, di altri operatori sanitari (odontoiatri, infermieri, psicologi, farmacisti, fisioterapisti, ecc.) abilitati a norma di legge. Le nozioni sulle posologie, le procedure mediche e le descrizione dei prodotti presenti in questo sito hanno un fine illustrativo e non devono essere considerate come consiglio medico o legale.

Recentemente vi abbiamo parlato di una interessantissima statistica che mostra come il tempo passato a casa sui compiti non significhi per i bambini un successo scolastico assicurato. O meglio: più ore di compiti non significa più apprendimento. E a dimostrarlo è anche la classifica dei migliori sistemi scolastici mondiali, che vede ai primi posti Corea e Finlandia, paesi nei quali le ore di compiti a casa sono davvero molto meno rispetto ad altri stati (come il nostro), stati che tuttavia scendono agli ultimi posti.

Troppi compiti a casa sono per noi onestamente deleteri. Ma cosa succederebbe se si decidesse davvero di eliminarli? Una scuola americana ci ha provato. Questo era il compito quotidiano assegnato agli alunni:

Politica del “niente compiti”: ecco le assegnazioni quotidiane per gli alunni.
- Leggete un libro alla vostra portata (e coinvolgete i vostri genitori)
- Uscite a giocare (e ciò non significa guardare più tivù)
- Cenate con la vostra famiglia (e aiutate ad apparecchiare e a sistemare)
- Fatevi una bella dormita

E questo è il risultato.

L’esempio concreto di una scuola che ha eliminato i compiti a casa: come cambia l’apprendimento quando i compiti vengono sostituiti da lettura e gioco libero

Innanzitutto, c’è da premettere che parliamo naturalmente di scuola elementare. Crescendo è giusto che i ragazzi si impegnino nello studio a casa, sia per apprendere meglio e raggiungere il successo scolastico che si prefiggono, sia per imparare a gestire il proprio tempo e ad affrontare le proprie responsabilità. Un bambino alle elementari, d’altro canto, è ancora piccolo, ha molte attività extrascolastiche, deve giocare (sì, deve!), deve leggere. Insomma, due ore al giorno di compiti dopo la scuola sono davvero troppe.

La pensava allo stesso modo Mark Trifilio, il dirigente scolastico di una scuola elementare, la Orchard School, nel Vermont (USA). Vedeva attorno a sé classi dello stesso anno con quantità differenti di compiti, classi di anni differenti con stesse quantità e altre stranezze dovute alle decisioni dei singoli insegnanti. Così ha iniziato a documentarsi e come noi si è imbattuto in differenti studi che provano che una maggiore quantità di compiti non è correlata con un migliore apprendimento o successo accademico (eccetto per la lettura: quella è l’unica attività davvero producente). Così all’inizio dello scorso anno scolastico durante la riunione di istituto ha fatto una proposta al suo corpo docente.

La proposta era un esperimento: nessuna classe avrebbe più avuto compiti a casa. Gli insegnanti avrebbero semplicemente chiesto agli alunni di leggere ciò che volevano, a casa, da soli o in compagnia di fratelli e genitori (anche in base all’età e al grado di capacità, naturalmente). Favorevoli? Tutti e quaranta gli insegnanti. Sì, tutti e quaranta!

Sul sito internet della scuola ora è quindi spuntata questa pagina, che attraverso le quattro semplici regole che vi abbiamo riportato sopra spiega la politica della scuola.

Dopo sei mesi, qual è il risultato? Per il dirigente, un successone. Gli alunni non sono peggiorati, ma anzi migliorati. E le famiglie, anche quelle che inizialmente storcevano il naso, sono contentissime, poiché i bambini ora hanno più tempo per giocare ed essere creativi, per seguire le loro passioni.

La lettura è uno dei migliori insegnanti: è questo ciò che si è capito. Attraverso essa, infatti, i bambini imparano ciò che sentono di volere imparare (anche perché i libri non sono imposti, ma solo consigliati, e piano piano sono gli alunni stessi a capire di cosa hanno bisogno e cosa davvero vogliono leggere).

Non solo: non essendoci compiti, le insegnanti in classe hanno molto più tempo (senza doverli correggere e senza dovere stare dietro all’ansia dei bambini e dei genitori - si sa, attorno ai compiti c’è sempre quest’ansia che aleggia, no?) e le lezioni sono molto più complete. Ad esempio, due ore di matematica adesso sono realmente due ore. I bambini alla fine della quinta sono quindi preparatissimi per le scuole medie, proprio come i loro colleghi che i compiti continuano normalmente a farli (se non di più).

Sara

sara.png

Cecilia

Untitled_design-3.jpg