Non smetteremo mai di ribadirlo: il gioco libero è quanto di più utile si possa dare ad un bambino per la sua crescita. Ma dobbiamo guardare in faccia la realtà: si sta invertendo la rotta, si sta andando verso un mondo (almeno quello occidentale) nel quale il tempo dedicato a questa attività si riduce drasticamente. Ma è pericolosissimo.

In particolare, c’è un libro capace di aprire gli occhi in maniera decisiva, semplice ma efficace: parliamo di “Lasciateli giocare” di Peter Gray (biologo e psicologo al Boston College), uno studio che a nostro parere dovrebbe diventare bestseller e che tutti i genitori dovrebbero avere in casa e leggere all’occorrenza.

“Lasciateli giocare” di Peter Gray: cosa serve davvero ai nostri figli per crescere equilibrati

 

Peter Gray, il cui libro “Lasciateli giocare” è edito da Einaudi, parte da un presupposto semplicissimo: tra tempo libero riempito con sport e attività (e soprattutto controllato dai genitori) e una scuola fatta di pre seduti al banco e competitività stressante, i bambini d’oggi non hanno più autonomia né spazio per il gioco. Tutto questo ha conseguenze irreversibili sui bambini, che diventano ansiosi e disinteressati.

Con un’analisi dettagliata e lunga ma semplicissima, Peter Gray ci guida così nel modello alternativo da lui proposto, quello che guarda un po’ ai tempi passati nei quali i bambini erano liberi di giocare e di sperimentare il mondo, quello che permette loro di socializzare liberamente, giocare liberamente, curiosare liberamente e, quindi, crescere liberamente. Senza per questo significare anarchia: significa semplicemente tornare a considerare i bambini come esseri pensanti che, quando lasciati liberi di esplorare, si educano (da soli) in maniera naturale.

Il discorso a noi pare naturale. Perché basta davvero guardare al secolo scorso (senza andare troppo lontano, ai nostri nonni. Anche noi eravamo meno pressati!) per capire che i bambini d’oggi non hanno più tempi e spazi liberi. La mentalità è questa: le attività extrascolastiche sono quasi un obbligo (anche se il bambino ci va malvolentieri), i compiti lunghi sono normali e le sere passate sui libri una abitudine, gli incontri con gli altri bambini sono sempre supervisionati dai genitori, i litigi tra i figli sono risolti dalle mamme… Soprattutto, nella mentalità odierna il gioco non può non essere controllato perché sia mai che il bambino si sbucci un ginocchio.

Tuttavia non sempre è stato così: gradualmente si è passati ad una visione educativa scuola-centrica, ma soprattutto adulto-centrica. Poiché è vero che gli sport e le attività extra-scolastiche sono una buona cosa, ma è anche vero che, come la scuola, sono diretti dagli adulti. E, soprattutto, non dimentichiamo che anche se li consideriamo gioco in realtà gioco non sono: il gioco è quello improvvisato, inventato dal bambino che si mette nelle situazioni più strambe o realistiche, e non quello con le regole dettate dagli adulti e soprattutto non quello controllato costantemente da loro.

Non viene da chiedersi quanto questo sia devastante? E non viene da fare 2+2 quando si pensa all’impennata dei disturbi psichici e mentali nei bambini negli ultimi anni? Quanti sono i bambini a cui sono stati diagnosticati disturbo dell’apprendimento, iperattività, depressione infantile e compagnia bella? Purtroppo tanti. E anche se le cause sono molteplici, sappiate che anche il non lasciarli liberi nel gioco, che è l’attività principale responsabile della loro crescita ed educazione, ha le sue responsabilità.

Peter Gray nei suoi lunghi anni di studi ha analizzato questo aumentare dei disturbi, e al contempo ha misurato i livelli di creatività dei bambini. Gradualmente, questi stanno sempre più diminuendo, cadendo nella banalità. Insomma: i bambini non sono più creativi, non usano più la fantasia. Dal 1985 al 2008 i test che ha condotto tra i ragazzi delle scuole americane hanno mostrato un calo dell’85% (sì, dell’85%!) della media: i ragazzi non sono più in grado di dare molte risposte alle domande, ma non sono nemmeno più capaci di inventare risposte non scontate o di prendere spunto da elementi differenti.

Non giocare liberamente è la causa di tutto questo, poiché solo giocando come vogliono loro, quando vogliono loro e con chi vogliono loro (e non supervisionati, come dicevamo, dai genitori) i bambini sviluppano la loro elaborazione creativa. Non pensate che questo avrà conseguenze sulla loro vita adulta? Sul loro lavoro? Sulle loro relazioni? Sì. Le avrà.

Il suggerimento di Peter Gray? Semplice. Iniziate a pensare fuori dai vostri schemi genitoriali imposti dalla società e iniziate a lasciare liberi i bambini a casa, in giardino, in spiaggia… E sì allo sport, ma non sempre: le regole vanno spinte da parte, nel gioco vero.

Solo così i bambini di oggi si costruiranno la solida base che gli servirà da adulti per stare in piedi a livello sociale, intellettivo, fisico ed emotivo.

 

Come per tutti gli animali, anche per noi umani vale la regola dell’odore. I nostri legami sono rafforzati anche dal profumo di chi ci sta accanto. E non vale solo per gli amanti. Vale soprattutto per il rapporto madre-figlio, che inizia nell’utero e continua dopo la nascita.

Il legame tra mamma e bambino passa anche dal profumo: come l’amore passa anche dagli odori e come rafforzare questo rapporto attraverso creme delicate che inebriano i sensi

L’emozione gioca moltissimo a favore del rapporto e qui non vi è alcun dubbio. Tuttavia dobbiamo ricordarci che anche noi siamo una specie animale, e i feromoni sono alla base della comunicazione verbale tra gli esseri viventi! Nel caso della maternità, questi feromoni vengono scambiati con il bambino già durante i mesi passati nell’utero, continuando poi a viaggiare durante l’allattamento e l’accudimento. Proprio nell’utero infatti inizia questo scambio che permette al bambino di lanciare segnali chimici alla mamma e di recepire quelli che lei lancia a lui, in modo da conoscersi già reciprocamente ed essere pronti per i mesi successivi alla nascita.

Questi feromoni fanno sì che la mamma e il bambino, in primis, si riconoscano quindi anche solo dall’odore, prima che attraverso la vista o il tatto. Questo riconoscimento attraverso l’odore viene poi rafforzato di molto durante l’allattamento: il bambino sente tutti gli odori provenienti dalle ghiandole del seno e del capezzolo e quelli derivanti dalle ghiandole delle ascelle, e riconosce quel seno come “suo”. Questo è un comportamento assolutamente naturale, che se nell’uomo è lieve negli animali è decisivo: i gattini, ad esempio, riconoscono addirittura uno dei vari capezzoli della mamma e lo fanno loro, scegliendo sempre lo stesso proprio per l’odore che secerne. I topini, addirittura, potrebbero morire se la madre non si leccasse il capezzolo prima di nutrirli: leccandolo, infatti, lo impregna dell’odore della sua saliva e i piccoli, che alla nascita sono ciechi, possono trovare la via verso il nutrimento.

I bambini umani, quindi, non morirebbero di fame (anche perché spessissimo non sono allattati ma nutriti con il biberon). Tuttavia certamente preferiscono il profumo familiare della mamma, e se questo cambia lo sentono. Le creme e i profumi utilizzati nelle prime settimane di vita, quindi, rimarranno impressi in loro per sempre e tenderanno a preferirli e a riconoscerli come “buoni” e rassicuranti.

Allo stesso modo, il profumo del bambino influenza la mamma. Quante volte le madri annusano teneramente i propri figli? E quanto spesso annusano la testa, i capelli? Questo perché il nostro corpo reagisce proprio all’odore delle zone che producono più ormoni, e la testa è una di queste. Annusando il bambino la madre (atavicamente) lo riconosce, crea un legame, lo sente suo. E il discorso, qui, vale anche per le mamme adottive, che sin dai primi momenti iniziano a scambiare con il bambino questi odori. Sarà un processo più lungo, dal momento che il piccolo ha vissuto in un altro utero e ha sentito odori diversissimi, ma piano piano sarà anche questo odore a rafforzare il rapporto e a fare di questi due “sconosciuti” una famiglia con legami non solo affettivi ma anche fisici!

Anche perché questo legame olfattivo non si fermerà ai primi mesi o al periodo in cui il figlio è un neonato o un infante, ma durerà per tutta la vita. Ci sono addirittura storie documentate e studiate di madri e figli dati in adozione che si sono riconosciuti, da sconosciuti, proprio per l’odore, per una sensazione unica che hanno provato passandosi accanto.

Insomma, anche se coscientemente non riusciamo a capirlo, gli odori scatenano emozioni fortissime. Si imprimono nella memoria della mamma, che li ricorderà per sempre, e in quella del bambino. Fateci caso: dopo il parto, le ostetriche prendono il bambino, lo lavano bene, lo vestono e ve lo rimettono tra le braccia. Quanto è buono quel profumo di cremina e di corpo appena lavato? Bene. Quel profumo, anche se non è quello specifico della pelle, vi rimarrà nella mente per sempre. E sentirlo vi farà stare bene, in pace.

I prodotti che si usano durante il momento del cambio, delicatamente profumati, contribuiranno dunque a costituire queste sensazioni di benessere. Soprattutto la sera. Insomma, il nostro consiglio è quello di non sottovalutare il potere delle creme e dei prodotti, che, se scelti con attenzione e ponderazione, avranno un ruolo decisivo nel legame e nel benessere del vostro rapporto: sceglietene di naturali, delicati, e prendetevi almeno cinque minuti a sera per fermarvi a coccolare con un lieve massaggio il vostro bimbo, assaporando con tutti e cinque i sensi quel momento unico di bonding con il piccolo!

È bene però soffermarsi sulla naturalezza di questi prodotti. In commercio ne esistono di forti, invadenti, con profumi impattanti che spesso, anche se non ce ne accorgiamo, ci stimolano un senso di repulsione. Magari non ce ne accorgiamo, ma l’intensità del profumo è pericolosa, e stravolge questo delicato rapporto!

Come sempre noi di mammapretaporter cerchiamo quindi i migliori prodotti naturali e studiati con attenzione e serietà. In questo senso, la gamma perfetta per rafforzare il legame olfattivo è certamente quella che si concentra su questo aspetto. Conoscete “Fiocchi di riso”?

“Fiocchi di riso” sta certamente nei primi posti in classifica quando si parla di prodotti per bambini che seguano le regole di rispetto e naturalezza. E in questo caso troviamo che i loro prodotti siano assolutamente perfetti: “Fiocchi di riso” ha infatti studiato profumazioni che non sono solo naturali, ma anche tollerate benissimo dalla pelle dei bambini. Insomma, non sono né fastidiose né impattanti e non intaccano l’equilibrio olfattivo che si crea tra mamma e bambino. Anzi, lo rafforzano!

Dall’Olio emudermico perfetto per il massaggio serale fino al detergente “Sa di me” (che addirittura ha una profumazione di vaniglia delicatissima studiata apposta per esaltare l’odore naturale della pelle!), la linea “Coccole Quotidiane” è assolutamente ciò che fa per noi, che non rinunciamo mai a quei dieci minuti di legame profondo che passa anche attraverso il nasino.

 

Mamma Pret a Porter non è una testata medica e le informazioni fornite hanno scopo puramente informativo e sono di natura generale, esse non possono sostituire in alcun modo le prescrizioni di un medico o di un pediatra (ovvero un soggetto abilitato legalmente alla professione), o, nei casi specifici, di altri operatori sanitari (odontoiatri, infermieri, psicologi, farmacisti, fisioterapisti, ecc.) abilitati a norma di legge. Le nozioni sulle posologie, le procedure mediche e le descrizione dei prodotti presenti in questo sito hanno un fine illustrativo e non devono essere considerate come consiglio medico o legale.

8 libri sull’educazione all’aperto

Giovedì, 23 Marzo 2017 14:48

Giocare all’aperto? Uno dei pilastri dell’infanzia. Non solo perché fa bene al fisico e allo spirito, ma anche perché fa bene alla mente e alla crescita. È un dato di fatto: i bambini che spendono più tempo nella natura e non al chiuso oltre ad avere un sistema immunitario più forte sviluppano migliori capacità motorie fini. E imparano direttamente dall’esperienza, ampliando il loro bagaglio intellettivo. Ma i motivi per scegliere l’oudoor non si fermano qua!

Ecco allora 8 libri sull’argomento per capire meglio cosa significa per un bambino stare all’aria aperta e cosa possiamo fare noi genitori per cambiare la nostra mentalità “chiuso-centrica” che ci fa preferire le aule scolastiche e le pareti di casa ad una bella passeggiata quotidiana.

8 libri sull’educazione all’aperto: le letture imprescindibili per capire quanto la natura e l’educazione outoor facciano bene ai nostri bambini

  • "A piedi nudi nel verde" di Albertina Oliviero e Anna Oliviero Ferraris mette in luce come la vita odierna non sia fatta per i bambini. Ritmi assurdi, chiusure in casa, città che hanno inghiottito il verde e quindi assenza di ambienti naturali adatti al contatto quotidiano con il verde... Un libro che è un suggerimento per cercare di cambiare le abitudini, uscendo più spesso e staccandosi dal televisore e dalla playstation.

  • Iniziamo da “La scuola nel bosco” di Michela Schenetti, Irene Salvaterra e Benedetta Rossini. Ne abbiamo parlato spesso, delle scuole all’aperto, come l’asilo nel bosco o la scuola al mare di Ostia: queste tipologie di scuole preferiscono sempre, quando possibile, le uscite all’esterno piuttosto che le lezioni frontali in classe, e questo libro spiega come ci sia urgenza di riportare i bambini a questo contatto con la natura, ormai perso. Un contatto che dovrebbe essere continuativo, e non sporadico come siamo ormai abituati a pensarlo! Ecco quindi la loro esperienza, utile per capire quanto siano innovative e valide le scuole nel bosco e per costruire nuovi percorsi di educazione attiva.

  • Alexandra Schwarzer ha scritto invece “Giocare tra gli alberi”. Il sottotitolo dice molto: “Attività nel bosco con le corde secondo la pedagogia della natura”. Insomma, questo libro, attraverso varie attività con le corde e con i nodi, suggerisce come passare più tempo nella natura sfruttando quei momenti per giocare e al contempo imparare.

“Outdoor education - L’educazione si-cura all’aperto” è il prossimo libro che vi proponiamo. Leggete bene il titolo: “Si-cura”. Già, perché spesso per i genitori uscire all’aperto significa entrare nella bocca del leone, gettando i bambini in pasto ai pericoli più temibili del mondo. Certo che il mondo esterno è pieno di pericoli. Ma è anche il luogo migliore per imparate. E anche il rischio è un valore da fare proprio, no? E il beneficio è sempre quello dell’educazione all’aperto, e cioè l’insegnamento diretto da parte della natura e l’esperienza concreta del bambino che può imparare attraverso la sua curiosità.

  • Forse dal titolo non vi sembrerà pertinente, ma questo libro è interessantissimo se letto in quest’ottica: “Pedagogia hip hop” è uno studio di Davide Fant che ha preso ad esempio i giovani ragazzi cresciuti nei ghetti newyorkesi, culla dell’hip hop, per capire come abbiano fatto a sviluppare capacità incredibili di resilienza, autonomia e serietà. Parla di hip hop, certo, ma parla anche di come questi ragazzi siano cresciuti in libertà, e di come questa libertà possa essere un valore inestimabile.

  • Infine ecco “Evviva il maltempo”, un libro che raccoglie più di settanta attività da svolgere con i bambini all’aperto anche quando piove, anche con la neve, quando c’è freddo e quando non ci sembra il caso di uscire. Perché è sempre il caso! Lo diciamo sempre: non esiste cattivo tempo, solo cattivo abbigliamento!

Viva i Mumin!

Giovedì, 23 Marzo 2017 10:07

(Foto credits: Moomin.com)

Conoscete i Mumin? Sapete quanto amiamo la Finlandia e la sua avanguardia in fatto di istruzione ed educazione pedagogica, quindi non possiamo negarvi che siamo innamorate anche del simbolo per eccellenza dell’infanzia finlandese: esatto, i Mumin!

In realtà si chiamerebbero Moomin, ma l’italianizzazione è passata anche da loro. Ecco quindi i piccoli troll in forma di ippopotamo che affascinano da più di mezzo secolo la Finlandia, ma che sono arrivati in tutto il mondo.

Viva i Mumin! Vi presentiamo i piccoli esserini finlandesi per bambini nati dalla matita di Tove Jansson

Guardandoli, sembrano ippopotami bianchi. Ma sono molto di più! Nella mente di Tove Jansson, l’illustratrice che li ha creati (nata a Helsinki nel 1914), questi esserini buffi che vivono a Muminland sono personaggi naïf, ingenui e bonaccioni che attraverso le loro avventure insegnano ai bambini ad apprezzare tutti gli aspetti della vita, anche quelli spaventosi e meno belli. Perché nella loro ingenuità Troll Mumin, Mamma Mumin, Papà Mumin e tutti i loro amici e parenti - Adipella, la fidanzata del figlio; la vicina di casa signora Sgarzolini, apprensiva e ossessionata dall’ordine; Sniff, Mietta, Pipetta, Puzzetta... - prendono la vita sempre con il sorriso, in maniera un po’ sprovveduta, simpatica e avvincente.

Tove Jansson li disegnò per la prima volta, da bambina, sul muro del suo bagno, dopo una lite con il fratello. Voleva creare un personaggio brutto, spaventoso, e nacque questo “troll” che in realtà si è trasformato in un tenerissimo ippopotamo antropomorfo. Le prime volte li utilizzò come corredo a libri per l’infanzia da lei stessa scritti, ma non ci volle molto perché le illustrazioni diventassero esse stesse protagoniste, in fumetti (inizialmente commissionati dal londinese The Evening News e poi pubblicati anche in Italia sulla storica rivista comic “Linus” e su “Alterlinus”), libri, cartoni animati, film e gadget.

(Foto Credits: Moomin.com)

Le illustrazioni, nella loro semplicità, sono davvero bellissime e riconoscibili, d’altri tempi, e le storie sempre avvincenti e divertenti: i piccoli lettori, infatti, una volta che entrano nel meccanismo della famiglia Mumin capiscono che tutto non è preso sul serio, nemmeno i casi “thriller”, nemmeno i poliziotti. Perché alla fine il senso è proprio quello di prendere la vita in prospettiva, trovando il divertente dappertutto, esaltando quell’ingenuità che non deve essere per forza un difetto.

Un’altra bellissima caratteristica di questi libri per bambini è l’amore per la natura che emerge da ogni pagina. Una caratteristica che deriva direttamente dalla vita dell’autrice: nel 1920, infatti, la sua famiglia si trasferì sull’isola di Pellinge. Qui Tove vedeva panorami bellissimi e scorci naturali unici, gli stessi che la sua matita ha poi trasposto nei libri, sia illustrati che non, dei Mumin. Anche la famiglia Mumin, infatti, è innamorata del mare, delle barche e della vita all’aria aperta. E anche la Seconda Guerra Mondiale ha influenzato questo amore: se prendiamo ad esempio il libro “Mumin e la cometa”, è palese la metafora della cometa che quasi distrugge la valle dei Mumin che rappresenta la bomba atomica che ha raso al suolo Hiroshima e Nagasaki.

In Italia si possono ancora trovare moltissimi libri delle serie dei Mumin. Molti sono inediti nella nostra lingua, altri non si trovano più in commercio (ma chiedete in biblioteca!). Molti altri, pur essendo cult, invece si trovano: “Le memorie di papà Mumin”, ad esempio, o “Magia di mezza estate”, “Magia d’inverno", “Racconti della valle dei Mumin”. E poi quelli illustrati, come “E adesso che succede?”, “Piccolo Knitt tutto solo”, “Mumin e i briganti”, "Mumin e i marziani”, “Le follie invernali di Mumin” e “Mumin e la cometa”. Questi ultimi sono una (relativa) novità: la casa editrice Black Velvet, prima di chiudere i battenti, ha infatti riproposto i libri di Tove Jansson in bellissimi cartonati che non potranno mancare sulle librerie dei nostri figli!

(Foto Credits: Moomin.com)

E poi sul sito ufficiale dei Mumin (anzi, dei Moomin!) si trovano anche dei bellissimi poster: non sono meravigliosi per le camerette dei bimbi?

Recentemente ci siamo imbattuti in un video su Vimeo, la piattaforma sulla quale i video-maker e i creativi caricano le loro realizzazioni.

L’autrice si chiama Kaukab Basheer, è californiana e per lavoro disegna personaggi animati e inventa storie. Insomma, è una creatrice di cartoni animati, una di quelle professioni che affascinano tantissimo i bambini.

Il video di cui stiamo parlando si intitola Dechen, dal nome del suo piccolo protagonista, un apprendista monaco tibetano impegnato nella vita di monastero. È bellissimo, e il messaggio che arriva dopo i cinque minuti di visione è davvero importantissimo.

Quando un piccolo cartone animato insegna una grande filosofia: “Dechen”, dell’artista Kaukab Basheer, è un piccolo gioiello d’animazione che ci insegna i limiti dell’attaccamento materiale e affettivo

Una favola è degna di tale nome solo quando alla fine insegna una morale. Lo è dai tempi dei miti dei nostri antenati, lo è da quando Andersen raccontava le avventure della Sirenetta e da quando i fratelli Grimm inventavano le loro storie tra il divertente e il macabro.

Anche questa è quindi una fiaba, una favola. Cortissima, ma pur sempre una fiaba. Potrebbe un po’ ricordare il piccolo principe, dal momento che il soggetto è un piccolo bambino che si prende cura della sua rosa. Ma non è così, perché, primo, questo bambino è un monaco tibetano in erba e, secondo, il messaggio dietro all’accadimento di questa rosa è assolutamente diverso.

Se infatti il Piccolo Principe insegnava l’importanza di prendersi cura delle altre persone, in questo caso Kaukab Basheer ci mette davanti ad un’altra questione, e cioè a quella dell’essere troppo possessivi. Con le cose ma anche con le persone.

L’attaccamento è infatti una buona cosa, se parliamo si affetto e di accudimento (proprio come nel caso del Piccolo Principe di Antoine Saint Exupery). Ma quando diventa estremamente legante e possessivo ecco che si trasforma in qualcosa di sbagliato e di negativo.

Quando ci prendiamo a cuore una persona, una situazione o un oggetto a noi particolarmente caro, non dobbiamo mai dimenticarci del suo essere. Perché noi siamo qualcuno, e lui è qualcosa. E non possiamo forzarlo ad essere qualcosa che non è, o a sopportare una situazione che non gli appartiene.

Non solo: le difficoltà fanno parte della vita, non esiste felicità senza tristezza. E come in questo video dobbiamo provare a fare come Dechen: lasciare andare, perdere il controllo per un attimo, andare nella giusta direzione e capire che anche se le cose non ci appartengono o non stanno sotto al nostro controllo non significa che sia sempre negativo. Ogni situazione può insegnare qualcosa, ogni situazione può essere guardata da un altro punto di vista, ma soprattutto ogni situazione, per quanto dolorosa o sfuggente al nostro controllo, ha sempre una soluzione, che anche se fatichiamo a vedere o ad accettare può rivelarsi davvero benefica.

Infine: amare non significa possedere. Non significa cercare di cambiare qualcuno, pur pensando di fare il suo bene. Non significa non lasciargli essere ciò che davvero è perché abbiamo paura che si faccia male! Prendiamo gli affetti con più tranquillità, accettiamo gli altri per quelli che sono e senza provare a cambiarli accompagniamoli semplicemente nel loro cammino. Accanto a noi, mano nella mano. Ma con una mano che non strattona, spinge o tira; una mano che semplicemente c’è.

Ne siamo certe: se i vostri bambini amano leggere, conosceranno sicuramente Greg Heffley. Chi è? Ma naturalmente il protagonista di “Diario di una schiappa”, la serie letteraria per ragazzi con protagonista un bambino alle prese con la vita (terribilmente difficile!) alle scuole medie.

L’idea del libro (che poi è diventata una serie) è dell’autore Jeff Kinney, scrittore statunitense che da dieci anni a questa parte regala ai ragazzi le avventure di Greg, tra amicizia, scuola, recite, avventure, disavventure e problemi quotidiani.

A fine mese Jeff sarà in Italia: perché non approfittarne per portare i vostri figli a conoscere la penna che sta dietro a uno dei loro idoli?

Arriva in Italia l’autore di Diario di una Schiappa: Jeff Kinney sarà a Milano, Amatrice, Norcia e Bologna, un’occasione imperdibile per conoscerlo

Noi di mammapretaporter seguiamo una filosofia ben precisa quando si tratta di libri: appassionare un bambino alla lettura non è impossibile, nemmeno se apparentemente la odia proprio. Il sistema è semplicissimo: abituarlo fin da piccolo a vedere (con il nostro esempio adulto) la lettura come un passatempo piacevole e normale, ma soprattutto lasciargli leggere ciò che vuole e quando vuole, senza storcere il naso, senza forzare letture troppo complicate ma senza nemmeno obbligare a non leggere qualcosa perché, beh, ha 6 anni e il libro dice “dagli 8 in su”.

E poi lo dicono anche dalla casa editrice (Il Castoro, quella del nostro amatissimo “Buonanotte”): Jeff Kinney con Diario di una Schiappa è riuscito a conquistare tantissimi “lettori riluttanti!

“Diario di una schiappa” (vincitore del premio Andersen della letteratura per ragazzi), come molte saghe per ragazzi, è davvero un bel prodotto. Questo perché è semplicissimo e parla ai ragazzi in maniera naturale, trattando tantissimi argomenti quotidiani e importanti, sempre con il sorriso ma anche con una buonissima morale.

Sono moltissimi i bambini che ne sono appassionati (o che, siamo sicuri, si appassioneranno in futuro) e quindi l’occasione è d’oro: a fine marzo, infatti, è previsto un piccolo tour che porterà Jeff Kinney in giro per l’Italia! Il 30 marzo alle 17.30 sarà a Milano e il 2 aprile alle 11.30 a Bologna (in entrambi i casi incontrerà i piccoli lettori presso le Librerie Feltrinelli), mentre il 31 marzo passerà addirittura a salutare, dandogli il suo sostegno, i ragazzi delle zone colpite dal terremoto, fermandosi nelle scuole di Amatrice e Norcia.

I bambini potranno incontrarlo, ascoltarlo, fargli tutte le domande che vogliono, scoprire la sua storia e guardare un video dedicato agli aneddoti e ai personaggi della serie. E poi via con i selfie con l’autore!

Jeff Kinney lo sa: la promozione della lettura per i ragazzi passa certamente attraverso il divertimento, e non l’imposizione (sostiene infatti da sempre le biblioteche e le scuole pubbliche per far sì che siano attente al tema lettura!). Per questo l’incontro con lui pò diventare un’occasione in più per mostrare ai bambini quanto sia bello questo mondo, quello dei libri, questi sconosciuti che ti portano in mondi differenti e ti fanno vivere milioni di vite diverse!

Nel mondo delle applicazioni per smartphone ora è pieno di sistemi per monitorare i bimbi, tenere segnati gli impegni e compagnia bella. Ma non tutti sono utili, e non tutti rendono davvero la vita dei genitori più semplice mettendo sempre al centro le esigenze dei bambini.

Noi abbiamo scoperto eMyBaby e ci piace proprio perché è completa, comoda e assolutamente concentrata su ciò che di importante c’è nella vita. E cioè la famiglia.

eMyBaby, l’applicazione perfetta per monitorare il tuo bambino: da Miniland Baby l’app per smartphone che facilita la quotidianità delle famiglie

Disponibile su iTunes e su Google Play per Android, eMyBaby è l’applicazione lanciata da Miniland Baby, azienda leader per quanto riguarda i giocattoli e gli accessori per i nostri figli.

Questa applicazione è davvero, davvero completa: permette di segnare in agenda tutti gli impegni con una vista comoda e intuitiva che raccoglie tutto ciò che dobbiamo ricordarci; possiamo segnare tutti i dettagli importanti che magari col tempo ci dimenticheremmo (come la crescita di nostro figlio, l’altezza e il peso alla nascita, la sua primissima fotografia...); ha una sezione dedicata all’albero genealogico della famiglia; una scheda medica completa e funzionale, nella quale segnare tutti gli esiti degli esami ma anche le vaccinazioni e gli appuntamenti con il pediatra e i dottori...

Soprattutto, eMyBaby può essere collegata ad altri device fisici comodissimi e imprescindibili per la cura del bambino, come ad esempio il termometro, BeMyBuddy, il tenerissimo elefantino per fare sentire i bambini sempre coccolati anche quando non siamo accanto a loro, o i vari sistemi di vigilanza remota (i baby monitor Miniland, per intenderci). Già, perché eMyBaby può essere collegata a distanza con questi strumenti e registrare tutto ciò che ci può essere utile e avvisarci quando la temperatura corporea sale troppo rispetto al solito o farci sentire che il bambino nell’altra stanza s’è svegliato.

 

Noi, ad esempio, non lo nascondiamo: siamo abbastanza sbadate, soprattutto perché siamo tutte mamme lavoratrici. Non vogliamo però mettere in secondo piano la famiglia! Ed è anche grazie ai nuovi sistemi tecnologici se riusciamo a coniugare serenamente tutto. Insomma: quando la tecnologia viene in aiuto senza invadere troppo o senza sostituire le cose importanti è sempre un bene.

No, le agende cartacee non bastano più: ci si sovrappone tutto, dimentichiamo di guardarle, non segniamo cose di cui davvero avremmo bisogno... Mettendo tutto su un calendario unico, eMyBaby ci permette quindi di monitorare con costanza e sicurezza tutto ciò di cui i nostri bambini hanno bisogno.

E la possibilità di segnare vaccinazioni, visite ed esami è per noi estremamente preziosa! Esatto: quante volte avete accumulato i fogli e gli esiti di qua e di là in casa, e quante volte non trovate più il libretto delle vaccinazioni che eravate sicuri di avere appoggiato su quella mensola? A noi moltissime.

Non diciamo quindi che la tecnologia sostituisca i documenti cartacei, ma state certi che semplifica di tantissimo la vita di noi mamme disordinate! E per quelle precise e ordinate, invece, questa App è davvero un tesoro: sarà tutto ordinato, al suo posto, e sappiamo anche noi (nel nostro caos!) quanto è bello avere tutto sotto controllo!

Tenendo sempre presenti le buoni abitudini dello svezzamento, e cioè la naturalezza dei cibi, la varietà e i nuovi sapori (essendo lo svezzamento il periodo di assoluta novità per il bambino, è bene abituarli subito all’apprezzamento delle nuove proposte alimentari, non fossilizzandosi su cibi sempre uguali!), c’è un’altra regola non detta, che tuttavia le mamme dovrebbero conoscere, per venire incontro alle esigenze di scoperta del mondo del bambino: il mangiare con le mani! Che, se ci pensiamo, è assolutamente in linea con i principi di Maria Montessori, generali e sullo svezzamento naturale: secondo la pedagogista, infatti, le mani sono il principale organo di conoscenza dei bambini!

Avevamo già accennato al fatto che giocare con il cibo è assolutamente salutare, ma vediamo insieme cosa significa davvero, in termini di benefici, lasciare che il bambino, durante lo svezzamento, mangi con le mani.

4 motivi per fare mangiare con le mani il bambino durante lo svezzamento: perché il galateo deve passare in secondo piano quando si tratta di mangiare durante lo svezzamento

Riprendendo ciò che diceva Maria Montessori, e cioè che “le mani sono il principale organo di conoscenza del bambino”, il mangiare con le mani diventa uno strumento imprescindibile per la scoperta e l’esplorazione del mondo. Il bambino tocca, pasticcia, spalma, assaggia, annusa... Tutto questo usando praticamente tutti i suoi sensi. Il cucchiaio, la forchetta o l’imboccarlo limitano tutto questo.

Il secondo motivo? È divertente. Ma non pensate che sia un motivo futile. Il gioco è il lavoro del bambino, come l’esplorazione è il suo strumento per scoprire il mondo, e rendere un’attività divertente significa stimolarlo.

Se inizialmente le pappe sono perlopiù liquide o fluide e il “mangiare con le mani” è un bel pasticcio (ma ogni tanto lasciateglielo fare!), pian piano si passa a pezzetti di cibo più solidi, piccoli e sicuri. Se il bambino inizia a maneggiarli, imboccandosi da solo, toccandoli, annusandoli e gustandoli, si abitua sin da subito a conoscerli personalmente. Insomma, acquisisce più familiarità con il cibo, che diventa “suo amico”, e in questo modo la sua alimentazione in futuro ne beneficerà.

Perché? Perché prendendo questi pezzetti di cibo in piccole dosi il bambino capisce pian piano il valore nutrizionale del singolo pezzetto, molto di più rispetto all’essere imboccato con pappe frullate che nascondono il cibo. Questa abitudine va però presa sin da subito, perché altrimenti il bimbo che vede sempre frullato tutto pretenderà, giustamente, che i cibi (soprattutto le verdure) vengano sempre “nascosti”, e, come dicevamo, non capirà il valore energetico di certi cibi ricchi di vitamine e minerali.

Un bambino sempre imboccato imparerà molto più tardi a mangiare da solo. Se invece inizia sin da subito a nutrirsi con le mani (il primo strumento di cui può usufruire, dal momento che le posate, ovviamente, potranno essere maneggiate solo in un secondo momento) comincia immediatamente a intraprendere la strada per l’autonomia.

Pensateci: lo svezzamento è il primo passo verso l’autonomia dalla mamma e dal papà, dal momento che è la prima attività che imparerà a fare da solo. Mangiare con le mani è quindi innanzitutto una scorciatoia verso l’autonomia e l’indipendenza, concetti che come ben saprete Maria Montessori ha sempre messo in primo piano nell’educazione del bambino! Insomma, se lasciate che vostro figlio mangi con le mani, imparerà più prontamente a servirsi da solo e la sua autostima ne trarrà un grande beneficio.

 

Mamma Pret a Porter non è una testata medica e le informazioni fornite hanno scopo puramente informativo e sono di natura generale, esse non possono sostituire in alcun modo le prescrizioni di un medico o di un pediatra (ovvero un soggetto abilitato legalmente alla professione), o, nei casi specifici, di altri operatori sanitari (odontoiatri, infermieri, psicologi, farmacisti, fisioterapisti, ecc.) abilitati a norma di legge. Le nozioni sulle posologie, le procedure mediche e le descrizione dei prodotti presenti in questo sito hanno un fine illustrativo e non devono essere considerate come consiglio medico o legale. 

Niente sbarre, ché non è una prigione. E poi il più basso possibile. Di cosa stiamo parlando? Naturalmente del lettino montessoriano, quello teorizzato da Maria Montessori nel secolo scorso, la pedagogista il cui studio si è (correttamente) incentrato sull’autonomia e sull’indipendenza del bambino.

Secondo Maria Montessori il lettino del bambino deve essere assolutamente basso, con l’altezza (comprensiva del materasso) che non supera i trenta centimetri. Perché? Perché il bambino deve essere libero di salirvi e scendere senza problemi, in tutta sicurezza, iniziando sin da subito ad eseguire movimenti indipendenti che lo aiuteranno nella sua crescita. Non abbiate paura: qui vi abbiamo spiegato tutti i benefici di questo letto basso e vi abbiamo rassicurato sull’assenza di pericoli (anzi, è molto più sicuro dei lettini con le sbarre!).

Ora è tempo di vederne uno realizzato da cima a fondo con questa filosofia, apposta e non per caso. Perché da quando abbiamo scoperto questa azienda italiana che li realizza in legno bio ed ecologico ci siamo davvero innamorati e non possiamo non parlarvene!

Il lettino Montessori bio, ecologico ed italiano: Argdesign, l’azienda italiana che realizza perfetti letti montessoriani sicuri, belli e trasformabili!

Scorrendo il sito di ArgDesign vi accorgerete che hanno addirittura una linea chiamata “Montessori”: questo perché i loro lettini non sono semplicemente “bassi” ma ispirati esattamente alla pedagogia montessoriana. Per favorire l’autonomia, quindi, questi lettini sono progettati perfettamente per lasciare che il bambino si corichi e si alzi da solo.

Non solo “indipendenti”, però. Questi lettini sono anche bellissimi da vedere (e seguono proprio le linee guida di Maria Montessori, secondo la quale i materiali dei mobili e dei giocattoli presenti nella cameretta montessoriana devono essere il più naturali possibile) ma soprattutto sono biologici ed ecologici, perché quest’azienda, prima di tutto, è una delle più affermate e sicure. Da più di 25 anni, infatti, ArgDesign lavora il legno, esegue ricerche e punta sulla lavorazione artigianale.

Ma sapete qual è il bello di questi lettini (oltre all’essere meravigliosamente montessoriani e quindi perfetti per la vostra cameretta)? ArgDesign non si limita a pensare al lettino, ma pensa a tutta la vita del bambino, che presto crescerà. Quando il lettino quindi non basterà più, questo si trasformerà in qualcos’altro di bellissimo e utilissimo!

Prendiamo Bibidì, il primo lettino che troviamo nello store. Una volta pensionato tenetelo in cameretta: si trasformerà in una bellissima libreria dalle linee dritte ed eleganti!

Bobidì, il secondo lettino montessori di ArgDesign che stavolta è anche un piccolo “dondolo” che culla il bambino, diventerà una libreria appesa dalla forma tondeggiante.

Infine ecco , un mix dei due lettini che alla fine si trasformerà in una curvilinea libreria da terra.

I giocattoli steineriani

Martedì, 21 Marzo 2017 15:19

Spegnete la TV: è tempo di giocare. I benefici sono innegabili, e non siamo noi a dirlo, bensì Rudolf Steiner, il pedagogista dello scorso secolo che ha ideato il metodo Waldorf, quello che vuole sviluppare l’individualità libera del bambino attraverso le sue peculiari propensioni.

Spegnere la TV è solo il primo passo: secondo il pedagogista, infatti, ciò che dev’essere fondamentale per il bambino è il gioco libero, attività che permette di sviluppare l’individualità, di raggiungere l’indipendenza, di inventare situazioni (e risolvere problemi, anche se immaginari) e di acquisire capacità che gli saranno utili per il resto della vita.

Il secondo passo? Eliminare i soliti giocattoli plasticosi, pensati per una sola attività e impostati in modo da limitare il bambino nel gioco. Abbandonateli, e optate invece per questi materiali e giochi steineriani, strumenti che aiuteranno il bambino a crescere in armonia.

I giocattoli steineriani, quali sono e qual è la loro funzione: perché è meglio abbandonare i soliti giochi strutturati per concentrarsi su quelli che stimolano una crescita sana ed equilibrata, come quelli proposti nella pedagogia Waldorf

Iniziamo dalla prima regola, e cioè che è sempre meglio “meno” che “più”. Meno giocattoli, quindi, ma che si prestano a diverse attività. Secondo accorgimento, è scegliere sempre giocattoli che siano costruiti con materiali il più naturali possibili. Perché? Perché solo i giocattoli naturali stimolano i sensi dei bambini (il tatto ma anche, ad esempio, l’udito: il ritmo è fondamentale per i bambini, che ascoltano i ticchettii dei materiali; cosa che con la gomma, beh, non accade). La plastica è dura, inamovibile, fredda... Il legno, la stoffa e compagnia bella sono invece molto più versatili, toccabili, modificabili e danno sensazioni più vive e vere (e poi, diciamolo, non sono molto più belli?).

Non serve spendere un patrimonio: per un bambino anche un legnetto è un giocattolo; anche un cucchiaio di legno diventa uno strumento divertente; anche un pezzo di stoffa stimola la fantasia! E proprio per stimolare al meglio la fantasia, i giochi steineriani sono spesso poveri in dettagli. Pochi colori, poche espressioni (nel caso dei pupazzi), pochi dettagli. Perché più un giocattolo è dettagliato meno lascia spazio alla creatività, non solo artistica ma anche “situazionistica”, e cioè una creatività nell’inventare situazioni e nel rendere un oggetto qualcos’altro (attività tipica dei bambini).

In questo stesso senso, lasciateli liberi di giocare senza immischiarvi troppo: solo così troveranno davvero la loro strada, arrangiandosi ed esprimendosi appieno. Soprattutto, impareranno a concentrarsi sul gioco, senza cercare sempre che la mamma o il papà gli dica cosa fare, e in questo modo il tempo speso a giocare sarà davvero fruttuoso, poiché non ci saranno inutili interruzioni.

Ecco quindi una semplice classificazione dei giocattoli steineriani, che vi farà capire quanto più efficaci e divertenti possono essere rispetto a tutti quei giochi che sembrano riempirci le case.

Innanzitutto, come abbiamo già citato, le bambole. Le bambole Waldorf o steineriane si riconoscono perché sono semplicissime: sono in stoffa, ma soprattutto hanno due occhietti e una boccuccia minuscoli. E c’è un perché: i bambini, in questo modo, possono proiettare le emozioni del gioco sul viso della bambola, che ai loro occhi cambia espressione (da triste a felice, da arrabbiata a concentrata e così via) a seconda del ruolo che le danno in quel momento. Cosa che assolutamente non accade con quelle bambole fatte e finite dalle espressioni statiche e irremovibili!

Accanto alle bambole troviamo poi le marionette, di nuovo semplicissime e realizzate in materiali naturali (legno e stoffa al massimo), da infilare sulle dita o sulle mani. Sono uno strumento imprescindibile per esercitare il gioco di ruolo e la narrazione, ma anche per lasciare che i bambini si proiettino in un mondo diverso, magico o simile a quello reale, nel quale possono comportarsi come vogliono, creando le situazioni e i problemi e risolvendoli come credono.

Un’altra tipologia di giocattoli sono i rami, i legnetti e i materiali in legno sfusi. Il bambino, quando in cameretta dispone di un bel cesto pieno di questi giochi, può costruire, inventare, giocare ed esprimersi con questi elementi apparentemente semplicissimi ma che nella sua mente diventano importantissimi, con ruoli infiniti.

Lo stesso vale per le stoffe: i ritagli di tessuto (giocattolo quindi super ecologico e di recupero) stimolano la creatività poiché possono essere impiegati in progetti artistici, ma come il legno possono diventare “altro”, rappresentando gli oggetti che in quel momento i bambini stanno utilizzando nella loro storia inventata.

Non solo ritagli e pezzetti sfusi: anche quando si tratta di costruzioni, i pezzi devono essere in materiali naturali, semplici, non troppo colorati. La costruzione per un bambino è un gioco fondamentale, che permette di sperimentare la progettualità e la fantasia, il rigore e il senso della realizzazione. Spesso le costruzioni steineriane includono pezzi destrutturati e colori arcobaleno da ricreare: anche l’armonia, infatti, è un elemento imprescindibile della didattica. Ottimi scarti di legno di falegnami, chiaramente per rifiniti per non essere pericolosi per i bambini.

Infine, ecco un giocattolo che non è un giocattolo, ma che per il bambino è un gioco inestimabile: e cioè l’imitazione della vita adulta. Lasciate che giochi con i materiali della vita vera, cucinando, costruendo insieme al papà, stendendo i panni, lavando le stoffe, pulendo il camino, azionando la lavatrice... Rendeteli partecipi, lasciate che vi aiutino sul serio e vedrete che il naturale passo successivo sarà il gioco a tema: i legnetti, le stoffe, le bambole, le costruzioni e i vostri giochi steineriani si trasformeranno magicamente nei ferri del mestiere e il gioco libero diventerà finalmente il centro del loro mondo.

 

Sara

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Cecilia

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