L'allattamento porta con sé, un po' come la gravidanza, tante domande e tanti dubbi. È normale (soprattutto alla prima gravidanza) chiedersi se stia andando tutto per il meglio, il motivo per cui pare non si riesca ad allattare, i pro e i contro della doppia pesata... First of all, è opportuno rivolgersi a dei professionisti e a delle professioniste: le ostetriche e gli ostetrici, i medici esperti di allattamento, le doule, i consultori... Non c'è nulla di cui vergognarsi, ogni viaggio nella maternità è diverso, e queste figure sapranno valutare la situazione nella sua unicità, consigliando il percorso giusto e i giusti rimedi.
Tra le domande più frequenti che le mamme e i papà si pongono sta di certo quella relativa alla quantità di latte e alla crescita del bebè. Sia che si allatti al seno, sia che si nutra il bambino con latte artificiale, viene spontaneo chiedersi (tra una visita dal pediatra e l'altra) se il neonato stia crescendo a dovere. In altre parole: il latte è abbastanza? Oppure mangia poco? O, ancora, c'è poco latte nel seno?
Oltre a rivolgersi al pediatra o ai professionisti sanitari, è possibile affidarsi in un primo momento all'osservazione. Ci sono infatti 5 segni che possono dare la misura della situazione. Ecco quindi i cinque segnali che ti indicano se il tuo bebè sta ricevendo abbastanza latte e sta venendo nutrito nella maniera corretta.
Primo e inequivocabile sintomo di una giusta nutrizione è la crescita di peso del bebè. Se il neonato procede tranquillo nella curva di crescita pediatrica, si può tendenzialmente stare tranquilli. Anche quando pare che non riceva abbastanza latte, se cresce significa che ne sta bevendo abbastanza.
I primi giorni dopo il parto, però, questo aspetto non conta: c'è infatti un calo fisiologico del peso; ma nel giro di un paio di settimane si dovrebbe tornare a crescere.
Prova ad avvicinare l'orecchio alla bocca del bambino o della bambina: quando succhiano per bene, il latte che scende in gola fa un delizioso suono gutturale, che indica la deglutizione di un liquido. Se lo senti, è probabile che il bimbo stia mangiando, anche se a te non sembra.
Si parla di "milk coma" in termini spiritosi: si tratta di quello stato di estasi che molti neonati e neonate provano subito dopo la poppata. Potresti riconoscerlo perché si rilassano, si addormentano e il loro aspetto è soddisfatto. Altra tendenza dei bambini sazi è quella di staccarsi dal seno ed essere tranquilli ma ben svegli. Il nervosismo, invece, potrebbe essere un segnale di insoddisfazione.
Se allatti al seno, un altro segno che ti comunica che il tuo bambino o la tua bambina sta mangiando abbastanza è il seno stesso. Quando non allatti per molto tempo, il seno comincia a farsi duro e a dolere. Al contrario, quando allatti si svuota e si fa più morbido. Ecco: questo è un segno di svuotamento inequivocabile, che indica che il bebè sta succhiando davvero il tuo latte.
Infine: cambi molti pannolini? I pannolini sporchi sono un ottimo indicatore per capire lo stato della nutrizione dei bebè. Chiaramente, il numero dei pannolini varia con i mesi, ma solitamente se ne possono cambiare circa 4-6 durante una giornata. Osserva quindi il numero di pannolini e man mano che il bebè cresce prova a tenere a mente la frequenza con cui si svuota, in modo da capire quando sta mangiando abbastanza e quando invece sembra stitico.
Una domanda che riguarda tanto i VIP (pensiamo solo alle innumerevoli volte in cui le star sono state additate come "incinte" solo perché avevano un po' più di pancia rispetto al solito, o a quelle criticate perché la pancia non si vedeva quasi nemmeno negli ultimi mesi) quanto i comuni mortali: ma quand'è che comincia a comparire il pancione? C'è una regola precisa su quando la pancia comincia ad essere visibile, iniziando ad arrotondarsi e a crescere?
Naturalmente no, ogni gravidanza è diversa e a sé, ma è comunque interessante parlare della pancia e di quando questa comincia a spuntare.
Nel momento esatto in cui compaiono le due linee sul test di gravidanza, infatti, moltissime persone cominciano a farsi numerose domande. Su tutte, la "normalità" di certe sensazioni ("è normale avere o non avere le nausee mattutine? Perché sto avendo delle piccole perdite? Il seno deve fare così male oppure può essere meno dolente?"). Ma, accanto a questi dubbi, iniziano a farsi avanti anche quelli meno portatori di ansia. Per esempio: quando spunterà la pancia? Quando comincerà a vedersi? Quando sarà così tonda da essere innegabilmente un pancione, e non semplicemente la normalissima pancia di tutti i giorni?
Perché diciamolo: mica tutte hanno la pancia piatta. Anzi: sono molte di più le persone con rotoli e pance che si vedono, rispetto a quelle con gil addominali scolpiti.
In ogni caso, è normale chiederselo. Per diversi motivi: per curiosità; perché si è impazienti di vedere i cambimenti nel corpo; oppure perché si vuole essere certi che non si vedano prima di aver comunicato la notizia agli altri.
I cambiamenti del corpo variano da persona a persona durante una gravidanza, e così anche le modificazioni della pancia. Ci sono però alcune tendenze. Ad esempio, quella relativa al numero di gravidanze: chi ha già partorito uno o più figli, tenderà a mostrare la pancia prima rispetto a chi è alla prima gestazione. Di solito, la pancia comincia ad essere visibile - per la prima gravidanza - intorno ai cinque mesi (chi più chi meno); dalla seconda gravidanza in poi, invece, già dal quarto mese il pancione inizia a spuntare. Questo accade perché gli addominali e i legamenti sono già stati provati dalla prima gravidanza e potrebbero essere meno forti e resistenti. Inoltre, il corpo sa già come comportarsi per fare spazio al feto, e si "accomoda" più facilmente.
In ogni caso, tendenzialmente si parla del secondo trimestre. E ogni pancia si ingrandisce secondo le proprie esigenze: c'è chi la avrà minuta e poco ingombrante (magari anche a causa di un ridotto aumento di peso o per colpa dell nausee mattutine incessanti) e chi avrà un enorme pancione. A stabilire la "normalità" saranno le figure professionali a cui ci si affida, ginecologe e ginecologi, ma anche ostetriche e ostetrici.
A determinare la crescita della pancia sono diversi fattori. Prima di tutto, l'altezza e il peso della persona gravida, ma anche la profondità del pavimento pelvico gioca un ruolo importante (come spiega la dottoressa ostetrica e ginecologa Michele Hakakha a Parents.com. Secondo la medica, chi è più alto tende a mostrare la pancia un po' dopo rispetto a chi è più basso.
Naturalmente, anche il numero di feti influenza le tempistiche. I gemelli causano un ingrossamento più veloce del pancione, perché fisicamente richiedono più spazio.
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Un po' nella valigia del parto, un po' a casa: di mussole per neonato non ce n'è mai abbastanza. Questi panni in cotone apparentemente semplici e inutili hanno moltissime funzioni e tornano sempre molto utili ai neogenitori alle prese con un bebè.
Probabilmente chi è al primo figlio non le conosce ancora, ma si tratta di uno di quegli accessori insostituibili per la puericoltura, di cui avresti voluto sapere prima dell'esistenza. Ecco dunque un articolo esaustivo che spiega cos'è una mussola per bebè, come si utilizza e quali sono le migliori da acquistare.
La mussola è un nome meno usuale per indicare un rettangolo di stoffa particolarmente leggera, solitamente in cotone o in altro tessuto naturale, che ricorda una garza e ha una trama molto fine. Essendo morbida, sottile e molto assorbente, i genitori che si occupano di un neonato la trovano particolarmente versatile e comoda.
Essendo traspirante e naturale, poi, è indicata per avvolgere i bebè o tamponare la pelle, senza richiare reazioni allergiche e dermatiti.
Il primo utilizzo, quello più immediato, è come tessuto per asciugare le perdite: rigurgiti, sudore, acqua rovesciata sulla pelle... Essendo di fatto una garza, infatti, la mussola per neonato ha un'alta assorbenza.
La si può poi usare durante il cambio del pannolino, sia per pulire il bebè sia per coprire la superficie, oppure dopo il bagnetto, ma anche durante l'allattamento e il ruttino. In questo caso, il consiglio è quello di appoggiare la mussola sotto al seno in estate, per assorbire il sudore, oppure sulla testa del bambino quando non si vuole mostrare il seno e, ancora, al momento del rutto per raccogliere l'eventuale rigurgito.
Le mussole, infine, sono comode per fasciare il bebè attraverso la tecnica dello swaddling.
Questa mussola è 80x80cmQuesta mussola è 80x80cmQuesta mussola è 80x80cm, quindi molto comoda e versatile. È inoltre in 100% cotone e la confezione contiene 3 pezzi: davvero comoda.
Queste, addirittura, sono certificate Oeko-Tex, in 100% cotone e la confezione ne contiene 5.
Infine, si può scegliere al posto del cotone anche il bambù: le mussole in bambù per neonato sono altrettanto naturali equeste in particolare sono molto utili se cercate uno scampolo più grande. La dimensione, infatti, è 120x120cm.
Più di 1 adolescente su 7 tra i 10 e i 19 anni convive con un disturbo mentale diagnosticato. Di loro, 89 milioni sono ragazzi, mentre i restanti 77 milioni sono ragazze. Si pensa sempre allo stress, all'ansia, alla depressione e alle condizioni più serie come a qualcosa di esclusivamente adulto, eppure fanno parte anche dell'infanzia e dell’adolescenza. In particolare ansia e depressione: questi disturbi rappresentano, secondo i numeri diffusi da Unicef, il 40% dei disturbi mentali con diagnosi.
A questi dati più generali dobbiamo però affiancare, inevitabilmente, quelli più legati alla contingenza: la pandemia — con la paura, i lockdown, la didattica a distanza, il distanziamento e le incertezze — ha portato con sé un aumento dei disturbi mentali tra i bambini e gli adolescenti. Lo notano le scuole (con un incremento delle richieste agli sportelli d’aiuto), e lo mettono in luce soprattutto le ricerche scientifiche, come questa pubblicata su European Child & Adolescent Psychiatry che voleva misurare l’impatto del Covid19 sui servizi psichiatrici infantili, o questa condotta dalla dottoressa Chiara Davico e pubblicata in Frontiers in Psychiatry, Psychological Impact of the COVID-19 Pandemic on Adults and Their Children in Italy, per misurare le conseguenze italiane. Gli studi sono articolati e lunghi, ma se vogliamo sintetizzare i risultati possiamo affermare che gli effetti più evidenti sono l’aumento degli episodi di autolesionismo, di cyberbullismo e di ansia forte, le diagnosi di disturbo da stress post traumatico e i casi di disturbi del comportamento alimentare.
A pagarne le conseguenze non sono solo le famiglie, ma la società tutta a partire dalla scuola. Ci siamo ritrovati, in qualche modo, a raccogliere i pezzi in cui la pandemia ha lasciato i nostri figli e figlie.
Come fare quindi per non provocare ulteriori danni e per fare davvero del bene ai bambini e alle bambine, ai preadolescenti e agli adolescenti? Il primo passo è di certo il riconoscimento della situazione, e se qualcosa di buono la pandemia ha portato è proprio la consapevolezza attorno alla salute mentale. Ora, quantomeno, sappiamo quanto questa sia importante, tanto quella fisica.
Dopodiché, a dare qualche consiglio per supportare il benessere fisico e mentale dei bambini e delle bambine in questo post-pandemia sono diversi esperti. Ad esempio Pasquale Musso, docente di Psicologia dello sviluppo all’Università degli Studi di Bari, in un’intervista rilasciata a Uppa parla di come sia importante tornare ad una nuova condizione di ordinarietà routinaria, in cui si possano coltivare appieno le relazioni significative (non solo quelle familiari, ma quelle comunitarie) e sperimentare attività che diano soddisfazione. Anche concedere autonomia cognitiva ed emotiva agli adolescenti è consigliato.
Altri cinque suggerimenti li fornisce in un’intervista con la BBC Lyndsey Baxter, rappresentante di Place2Be e consulente presso la Seascape Primary School di Peterlee.
Secondo l’esperta, al primo posto sta l’ascolto delle speranze dei bambini, ai quali possiamo chiedere quali siano i loro sogni e i loro obiettivi, in modo da spronarli a guardare al post-pandemia con occhi speranzosi e propositivi, incoraggiandoli.
Insegnare la resilienza è il secondo consiglio. Le nostre bambine e i nostri bambini hanno accusato molto la pandemia, non potendo vedere i propri amici, saltando scuola, non facendo ciò che amano. Stargli accanto significa mostrare loro come possono uscire dallo stallo e dalle situazioni negative, non solo resistendo ma anche mostrando come fare di più.
Essere da esempio, poi, è essenziale: i bambini e gli adolescenti prima di tutto guardano agli adulti, imitandoli e imparando da ciò che vedono. Se i genitori si mostrano capaci di rispondere alla pandemia e alle situazioni con calma e sicurezza, se dimostrano per prima resilienza, i bambini avranno degli strumenti in più per affrontare tutto.
Quarto consiglio: aiutare i bambini nelle novità, accompagnandoli in questa nuova normalità. Anche provando qualcosa di davvero nuovo, mai fatto prima. Sembra insignificante, ma cucinare una nuova torta, imparare a sciare o provare a ricamare sono attività semplici che mostrano tuttavia potenzialità che non credevamo di avere.
Infine, importantissimo è trovare dello spazio per il dialogo. Parlare significa connettere con i bambini, ascoltando ciò che provano davvero e affrontando così, con i giusti mezzi, la situazione.
Accanto a tutto questo, essenziale è poi il supporto professionale. Il consiglio è quello di rivolgersi sempre a una o uno psicologo, psichiatra o psicoterapeuta, non solo nei casi di problemi conclamati: la terapia è sempre utile e spesso necessaria per stare davvero bene, arrivando anche a diagnosi inaspettate che possono fare paura, ma che è meglio mettere sul tavolo.
Non parliamo di "snack perfetto" perché fa dimagrire. Il dimagrimento di per sé non deve essere il fine ultimo della sana alimentazione. Mangiare bene deve essere una scelta fatta prima di tutto per la propria salute, e questo significa scegliere alimenti che facciano bene all'organismo e che non provochino troppi danni.
Alle merendine confezionate (zeppe di zuccheri, oltre che di conservanti) è meglio preferire degli snack naturali e non processati, ovvero quelli che la natura ci offre. Non si tratta di alternative insipide e noiose, tutt'altro! Prendiamo, ad esempio, la frutta secca: gustosa e nutriente, è uno snack veloce, facile ed energetico.
In particolare le mandorle: si tratta di frutta secca saporita, che piace a moltissime persone, e che per le sue proprietà rappresenta uno snack o una merenda ideale. Ecco perché.
Le chiamiamo "frutta secca" ma in realtà le mandorle sono semi oleosi del mandorlo. Non tutte le varietà sono commestibili, e quelle che consumiamo noi provengono dal Prunus Amygdalus Comunis. Si tratta delle classiche mandorle dolci, che vengono usate in cucina al naturale oppure per produrre latti vegetali e sciroppi.
Come prevedibile, questi semi sono abbastanza calorici: 100 grammi di mandorle apportano infatti circa 600 calorie. Non hanno pressoché acqua (ecco perché "frutta secca") né carboidrati, ma sono ricche di grassi vegetali (l'83% dell'apporto calorico), fibre e proteine ricche in arginina. Colesterolo? Zero. Per contro, mangiare mandorle permette di assumere vitamina E, vitamina B3 o niacina, riboflavina, tiamina, potassio, fosforo, magnesio, calcio, ferro e zinco, ossia micronutrienti essenziali per il benessere dell'organismo.
Essendo così caloriche, nutrienti ed energetiche le mandorle rappresentano quindi uno snack sano (senza eccedere nel consumo!), da scegliere in alternativa alle più classiche merendine.
Controindicazioni? Ce ne sono alcune. Prima di tutto, attenzione alle allergie: come tutta la frutta secca, le mandorle sono agenti allergeni potenti e pericolosi. Se si soffre di emorroidi, inoltre, è bene non mangiarne in quantità elevate, poiché provocano secchezza delle feci; e se si stanno assumendo elevate dosi di vitamina C è opportuno farne a meno, perché potrebbero comparire i sintomi dell'intossicazione da cianuro (come fanno sapere da Humanitas).
Ah, un'altra caratteristica che va a loro vantaggio: si tratta di frutti che vengono raccolti a fine estate, ma essendo essiccati sono ecosostenibili perché li si può mangiare tutto l'anno senza rischiare di violare la stagionalità.
La regola principale è una: meglio scegliere le mandorle al naturale, ovvero quelle non salate, rispetto a quelle tostate e salate, perché lo iodio è deleterio per la salute del corpo umano. Oltre a questo, non ci sono restrizioni: si possono scegliere sbucciate oppure al naturale (si presentano con la pellicina marrone), a seconda del proprio gusto.
Il bello delle mandorle, come di tutta la frutta secca, è che sono comodissime da sgranocchiare: le puoi tenere in un sacchetto e mangiare senza sporcarti e senza dover fare nient'altro. L'ideale è quindi mangiarle così, sgusciate e bell'e che pronte.
In alternativa, sono molto buone anche per farcire i panini (ad esempio una fetta di pane integrale tostato con ricotta, mandorle e miele).
La quantità di mandorle da sgranocchiare come snack non è predefinita e ci sono un sacco di variabili in gioco. Detto questo, possiamo dire che uno snack composto da 10-20 mandorle (a seconda del peso e dell'età) è ottimo. In termini di peso, sempre da Humanitas riportano che gli studi hanno stabilito che le giuste quantità di mandorle (e altri frutti secchi) giornaliere si aggirano tra i 28 e i 56 grammi.
Colorare dentro i bordi? Alcuni pedagogisti e genitori sostengono non sia educativo e che limiti soltanto la creatività, altri che sia essenziale per la crescita e per lo sviluppo della manualità fine. La verità sta nel centro? Lo diranno gli studiosi, ma intanto possiamo tranquillamente affermare che ai bambini e alle bambine PIACE colorare i disegni, anche quando non li hanno tracciati loro.
Tra i soggetti preferiti certamente troviamo l'unicorno, animale fantastico che negli ultimi anni sta vivendo un momento di enorme fama, mammifero star tra i mammiferi (ma sarà un mammifero?), creatura che sprizza dolcezza ed eleganza.
Se state quindi cercando dei disegni di unicorno da colorare, qui trovate una selezione dei più belli. Scaricateli e stampateli e lasciate che i bimbi e le bimbe li decorino e colorino come più gli piace (magari con una criniera arcobaleno e una coda glitterata, come ben si confà a questa creatura!).
Young Adult: una parola che dovrebbe riguardare i ragazzi e le ragazze. DOVREBBE. Perché in realtà è uno tra i generi letterari più amati dalle persone adulte. E per questo il termine si traduce con "Giovani adulti": non più bambini né ragazzi, non ancora del tutto adulti. Questi libri appassionano, risvegliano sensazioni, coinvolgono e immergono in mondi fantastici o realistici che non fanno più staccare gli occhi dalle pagine. Sono pensati per i giovani e le giovani, è vero, ma piacciono moltissimo anche a chi così giovane non lo è più.
Ricordate, ad esempio, Twilight? Bene: è uno dei casi più noti di genere Young Adult, ovvero di libro pensato per un pubblico adolescente e giovane che tuttavia ha superato i confini dell'età, arrivando ad essere un cult per tutti, senza distinzione di fascia e genere. Un po' come Harry Potter.
Non a caso, molti di questi libri sono best-seller, e alcuni di essi sono già stati trasformati in film.
Ecco qui una selezione dei migliori romanzi Young Adult, quelli davvero imperdibili, che fanno appassionare alla lettura anche i più restii.
La saga creata dalla scrittrice nigeriana Tomi Adeyemi è un fantasy avventuroso e magico per ragazzi dai 12 anni in su (e per adulti). Questa la trama: "Un tempo i maji, dalla pelle d'ebano e i capelli candidi, erano una stirpe venerata nelle lussureggianti terre di Orisha. Ma non appena il loro legame con gli dei si spezzò e la magia scomparve, lo spietato re Saran ne approfittò per trucidarli. Zélie, che non dimentica la notte in cui vide le guardie di palazzo impiccare sua madre a un albero del giardino, ora sente giunto il momento di rivendicare l'eredità degli antenati. Al suo fianco c'è il fratello Tzain, pronto a tutto pur di proteggerla, e quando la loro strada incrocia quella dei figli del re si produce una strana alchimia tra loro. Ha inizio così un viaggio epico per cercare di riconquistare la magia, traverso una terra stupefacente e pericolosa. (...) Nella speranza di ridare voce a un popolo che era stato messo a tacere".
Questo di Angie Thomas è un libro YA che parla di razzismo, classe, pregiudizi ed empatia. La trama è questa: "Starr si muove tra due mondi: abita in un quartiere di colore dove imperversano le gang ma frequenta una scuola prestigiosa, soprattutto per volere della madre, determinata a costruire un futuro migliore per i suoi figli. Vive quasi una doppia vita, a metà tra gli amici di infanzia e i nuovi compagni. Questo fragile equilibrio va in frantumi quando Starr assiste all'uccisione di Khalil, il suo migliore amico, per mano della polizia. Ed era disarmato. Il caso conquista le prime pagine dei giornali. C'è chi pensa che Khalil fosse un poco di buono, perfino uno spacciatore, il membro di una gang e che, in fin dei conti, se lo sia meritato. Quando appare chiaro che la polizia non ha alcun interesse a chiarire l'episodio, la protesta scende in strada e il quartiere di Starr si trasforma in teatro di guerriglia. C'è una cosa che tutti vogliono sapere: cos'è successo davvero quella notte? Ma l'unica che possa dare una risposta è Starr. Quello che dirà - o non dirà - può distruggere la sua comunità. Può mettere in pericolo la sua stessa vita".
Un YA imperdibile per i millennial: è ambientato negli anni Novanta e parla di liceo, traumi e amicizia vera (e originariamente, prima del film, si intitolava "Ragazzo da parete". Lo ha scritto Stephen Chboski e questa è la trama: "Fra un tema su Kerouac e uno sul "Giovane Holden", tra una citazione da "L'attimo fuggente" e una canzone degli Smiths, scorrono i giorni di un adolescente per niente ordinario. L'ingresso nelle scuole superiori lo lancia in un vortice di prime volte: la prima festa, la prima rissa, il primo amore - per la bellissima ragazza con gli occhi verdi che quando lo guarda fa tremare il mondo. Il primo bacio, e lei gli dice: per te sono troppo grande, però possiamo essere amici. Per compensare, Charlie trova una che non gli piace e parla troppo: a sedici anni fa il primo sesso, e non sa neanche perché. Allora lui, più portato alla riflessione che all'azione, affida emozioni, trasgressioni e turbamenti a una lunga serie di lettere indirizzate a un amico, al quale racconta ciò che vive, che sente, che ha intorno. Dotato di un'innata gentilezza d'animo e di un dono speciale per la poesia, il ragazzo è il confidente perfetto di tutti, quello che non dimentica mai un compleanno, quello che non tradisce mai e poi mai un segreto. Peccato che quello più grande, fosco e lontano, sia nascosto proprio dentro di lui".
La trilogia diventata film è uno degli Young Adult più appassionanti e coinvolgenti: "Vincere significa fama e ricchezza. Perdere significa morte certa. Ma per vincere bisogna scegliere. Tra sopravvivenza e amore. Tra egoismo e amicizia. La trilogia Hunger Games include i romanzi: "Hunger games", "La ragazza di fuoco", "Il canto della rivolta"".
Becki Albertalli, in questo romanzo che è stato anche trasposto in film, racconta di Simon e della sua cotta online per Blu, ma parla soprattutto di identità e di coming out. La trama è questa: "Simon ha diciassette anni e un amore segreto per Blu, un ragazzo conosciuto on line con cui intrattiene un'intensa, tenera corrispondenza. Il loro rapporto è al sicuro finchè un email finisce in mani sbagliate: quelle di Martin, il bullo della scuola, che oraminaccia di rivelare a tutti lo scoop dell'anno... a meno che Simon non l'aiuti a conquistare Abby, la ragazza di cui è innamorato ma che non lo degna di uno sguardo. Per proteggere il suo amore, Simon dovrà affrontare per la prima volta la paura di uscire dal guscio che ha costruito intorno a sé, trovando il coraggio di rinunciare alle proprie sicurezze per fare spazio alla bellezza e alla libertà di essere se stessi. Email dopo email, il sentimento per Blu cresce, e così la voglia di conoscersi e far conoscere agli altri chi è davvero".
Questo libro è diventato anche una serie tv su Netflix, e proprio come la serie è crudo ma necessario. Parla di bullismo, violenza sessuale, adolescenza e amicizia. "Quando Clay Jensen ascolta il primo dei nastri che qualcuno ha lasciato per lui davanti alla porta di casa non può credere alle sue orecchie. La voce che gli sta parlando appartiene ad Hannah, la ragazza di cui è innamorato dalla prima liceo, la stessa che si è suicidata soltanto un paio di settimane prima. Clay è sconvolto, da un lato non vorrebbe avere nulla a che fare con quei nastri. Hannah è morta, e i suoi segreti dovrebbero essere sepolti con lei. Ma dall'altro, il desiderio di scoprire quale ruolo ha avuto lui nella vicenda è troppo forte".
John Green è il re del genere Young Adult. Ha scritto "Colpa delle stelle", "Tartarughe all'infinito", ma soprattutto "Cercando Alaska, romanzo sui primi amori, sull'amicizia e sull'adolescenza. Un romanzo di formazione la cui trama recita così: "Miles Halter, solitario collezionista di Ultime Parole Famose, lascia la tranquilla vita di casa per cercare il suo Grande Forse a Culver Creek, una prestigiosa scuola in Alabama. È qui che conosce Alaska Young: brillante, spiritosa, svitata, imprevedibile e molto sexy trascinerà Miles nel labirinto della sua complicata esistenza, diventando per lui un enigma, un pensiero fisso, una magnifica ossessione. “Cercando Alaska” narra l'impatto che una vita può avere su un'altra".
I primi mesi del bambino sono senza ombra di dubbio i più intensi. Il piccolo inizia infatti ad avere le capacità sensoriali per conoscere e per interpretare gli elementi che lo circondano. Sente dunque lo stimolo che lo spinge all’avventura, portandolo a scoprire il mondo circostante. È un percorso fatto di tappe, che inevitabilmente porterà il bimbo ad ergersi su due piedi e a iniziare a camminare. Vediamo quindi di approfondire questo tema.
Generalmente i bimbi iniziano a camminare intorno ai 12 mesi, ma ci sono anche dei bambini che cominciano prima o dopo, dipendentemente da ogni singola situazione. La corsa arriva invece intorno ai 2 anni, mentre dopo 18 mesi sono già in grado di salire e scendere le scale. In realtà si tratta del completamento di un percorso fatto di piccoli step, che parte innanzitutto dal controllo della testa e dalla capacità di sedersi, e di mantenere un equilibrio sempre più elevato.
Si arriva così al cosiddetto gattonare, che in genere parte a nove o dieci mesi, e che rappresenta l’anticamera dei primi passi seguito poi dallo stare sulle punte. Poi, una volta che il bimbo si sarà alzato in piedi e avrà iniziato a camminare, potrà sviluppare sempre di più i muscoli e la sua struttura ossea, così da sostenerne il peso e i movimenti. È bene sottolineare ancora una volta che non esiste un manuale di istruzioni valido per tutti i genitori e per tutti i bimbi: alcuni bambini sono più precoci di altri, altri ancora richiedono più tempo per acquisire sicurezza e capacità motorie di un certo livello.
Sbagliando s’impara, e questa regola riguarda ovviamente anche e soprattutto i bimbi. Un po’ come avviene quando si impara ad andare in bici, anche il bimbo cadrà e ruzzolerà durante i primi tentativi in piedi. Per questo è importante usare gli appositi tappetini imbottiti quando è molto piccolo, e attrezzare la casa con i paraspigoli. Per far fronte a tutte le emergenze, inoltre, è bene avere in casa un kit di pronto soccorso sempre ben fornito, con garze, cerotti e cerotti per cicatrici come quelli di Hansaplast ad esempio, pensati per schiarire e ammorbidire queste lesioni.
Non bisogna mai farsi prendere dal panico se il bimbo cade e si fa male, ma agire con prontezza e con lucidità. Se l’infortunio è di piccola entità è importante rassicurare il piccolo, in caso contrario bisogna immediatamente portarlo al pronto soccorso, come per le fratture. Ci sono alcuni prodotti sconsigliati in tenera età, come le pomate lenitive, che di solito hanno un effetto molto scarso (se non del tutto assente) sui bimbi. Meglio il ghiaccio.
La prima puntata del podcast Genitori Prét-à-porter, prodotto da Mamma Prét-à-porter, è dedicata a una notizia che farà felici le mamme e i papà dei bambini e delle bambine con la passione per i dinosauri: a quanto pare chi ama la megafauna da piccolo, da grande sarà più intelligente.
Non è magia, è logica.
Ascoltate qua, oppure, se preferite, su Spotify, Apple Podcast e i principali lettori di podcast.
Il periodo di gestazione è un momento molto bello per una donna, perché non esiste cosa più gioiosa di ospitare nel proprio grembo una nuova vita. Di contro, si tratta comunque di 9 mesi particolarmente complessi, da affrontare consapevoli che il proprio corpo cambierà, così come la propria pelle. Spesso, infatti, la cute risente dei cambiamenti ormonali reagendo con la comparsa di una serie di inestetismi, come nel caso dell’acne. Vediamo dunque di approfondire questo argomento.
Molte donne sono convinte che, con la gravidanza, la pelle gioverà della situazione e inizierà a brillare di luce propria. Purtroppo, non sempre è così, dato che alle volte le reazioni del corpo alle variazioni ormonali fanno ottenere il risultato opposto. La cute diviene infatti soggetta ad alcune problematiche come l’acne, che sorge per via dell’innalzamento dei livelli di alcuni ormoni, come il testosterone e il progesterone. Le ghiandole sebacee della cute iniziano a produrre maggiori quantità di sebo, e questo si riflette sulla salute della pelle, rendendola più grassa del normale e favorendo quindi la comparsa dei brufoli.
Anche l’alimentazione può influire su questo fattore, dato che in gravidanza si tende a cedere più di frequente ai peccati di gola, per via delle ben note voglie. Ad ogni modo, la causa maggiormente responsabile della comparsa dell’acne in gravidanza resta la reazione dei follicoli piliferi: a causa dell’aumento del sebo, possono infatti chiudere i pori e in certi casi provocare anche delle evidenti lesioni sul tessuto cutaneo. Infine, di norma i brufoli si manifestano soprattutto nei primi 3 mesi della gestazione, ma possono ricomparire anche dopo il parto.
È importante prendersi cura della propria pelle, anche e soprattutto durante il periodo della dolce attesa. Questo vuol dire avere maggiori attenzioni nei confronti della skincare da adottare in gravidanza, scegliendo dei prodotti specifici per la salute della cute. Questi prodotti dovrebbero ad esempio contenere vitamine e oli essenziali, oltre ad alcuni must come l’acido ialuronico e l’acido salicilico. Anche il retinolo è uno dei fattori primari da considerare quando si approccia una skincare ad hoc per questi nove mesi.
In secondo luogo, il consiglio è di scegliere prodotti delicati per il proprio viso, come ad esempio quelli di Syster, vegan e privi di parabeni e di siliconi. La pelle, già stressata dai cambiamenti imposti dagli ormoni, tollererebbe a fatica l’utilizzo di prodotti beauty troppo aggressivi. Ritornando alla lista degli elementi utili per curare la pelle durante la gestazione, ecco l’arbutina e l’acido azelaico. È ugualmente importante non dimenticarsi di utilizzare delle creme dotate di filtro solare, soprattutto perché la cute – essendo più sensibile del normale – tende ad accusare maggiormente l’impatto dei raggi UV del sole.